I Quaderni della Comunità n° 1/2008

 

Comunità  S. Volto  di Gesù

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Il carisma dell’animazione

Ministero del canto e della musica

(pro - manoscritto ad uso interno della comunità)

 

Come dice l’apostolo Paolo, ognuno dei partecipanti dei nostri gruppi di preghiera è portatore di un dono, di un carisma particolare, forse già confermato o ancora da sviluppare!

      I nostri gruppi riflettono dunque una grande diversità, eppure, ad ogni riunione, è lo stesso Spirito, lo stesso unico Dio che si manifesterà per parlare, agire in noi.

 

L’animazione del gruppo di preghiera sarà dunque il servizio privilegiato di questa unità dello Spirito, di questo vincolo della pace (Ef. 4,3) che favorisce e unifica l’esercizio dei differenti carismi.

Come il direttore d’orchestra in mezzo ai musicisti, l’animatore sarà attento che gli strumenti si accordino e siano in sintonia per suonare in modo armonioso, in modo da trasmettere il messaggio del compositore, e cioè la Parola di Dio, attuale e particolare per ognuno dei nostri gruppi di preghiera. E all’inizio il compito non è facile!

 

Tuttavia non si tratta di porre sul piedistallo questo servizio o di considerarlo come il più difficile o il più gratificante nel gruppo di preghiera. Come in ogni servizio, quando si tratta del Signore e dei fratelli che Egli ci dà, è donata una grazia per permetterci di compierlo senza glorificare noi stessi ( 2Cor. 10,17).

Precisiamo che anche nei gruppi di preghiera poco numerosi l’animazione della preghiera resta un servizio di équipe, di alcuni fratelli riuniti attorno all’animatore, che formano il cuore del gruppo, un cuore ardente incaricato di infiammare tutto il gruppo dell’amore e la gioia di Dio.

 

Necessità e ruolo dell’animatore

L’animatore deve avere una chiara visione della finalità di un gruppo di preghiera. Quando ci raduniamo, non è più una seduta di indottrinamento, di rilassamento o di terapia di gruppo, né per ascoltare l’insegnamento magistrale di un guru…..No, si tratta invece di fare insieme un’esperienza personale di Gesù: “dove due o tre sono riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro..” (Matteo 18.20) e quando Gesù è presente in mezzo a noi, parla, opera, guarisce, stabilisce una relazione personale con ciascuno di noi. È la realizzazione di questa parola che noi viviamo in ciascuno dei nostri gruppi.

 

Benché condotta insieme, la preghiera diventa personalizzata, un po’ come l’immagine degli apostoli riuniti con Maria nel cenacolo che ricevono ciascuno personalmente una lingua di fuoco, segno dello Spirito Santo; così allo stesso modo si intende l’ascolto della Parola nei nostri gruppi. Questo ascolto si fa ricco grazie all’esercizio di numerosi carismi di lettura della Bibbia, di profezia, di esortazione, per cui ognuno riceverà una parola molto precisa che lo incontra nella sua situazione personale.

 

 L’animatore deve essere consapevole di questa duplice dimensione collettiva e personale del gruppo di preghiera; egli è presente per garantire sia l’unità, sia la diversità del gruppo.

Esempio: gli potrà succedere nel corso della preghiera di avvertire un senso generale di pesantezza, di sopore del gruppo che si addormenta invece di raccogliersi…..Potrà allora, appoggiandosi su di un passo della Bibbia che è stato letto, o attraverso una semplice esortazione, invitare il gruppo a ridestarsi, riprendendo ad esempio la lode.

 

Altro caso: l’animatore può rilevare che l’una o l’altre delle persone presenti ha una difficoltà particolare a lodare ed aprirsi al Signore……Questo potrà orientare un’esortazione oppure un invito a pregare insieme lo Spirito Santo o a pregare semplicemente gli uni gli altri.

 

Favorire la manifestazione dei carismi

L’animazione deve avere un duplice aspetto: un’attenzione allo svolgimento della preghiera nel suo complesso, e, nello stesso tempo, al procedere personale di ciascuno, al fine di permettere al Signore di essere presente e operare. È molto importante che l’animatore favorisca anche il manifestarsi dei carismi nei fratelli già confermati, ma  anche in quelli giunti più di recente, quelli meno conosciuti nel gruppo.

Per questo non si risparmieranno gli incoraggiamenti, gli inviti ad esercitare i carismi; anzi bisognerà aiutare concretamente gli uni e gli altri, proponendo loro una formazione sull’esercizio dei carismi o parlandone con loro in momenti successivi. Tuttavia questa manifestazione di carismi deve essere “ordinata al bene comune”, cioè allo svolgimento armonioso dell’incontro.

 

E qui si svolge il secondo ruolo dell’animatore: discernere il momento e il tipo degli interventi nel corso della preghiera. Questo ruolo, o meglio questo servizio, lungi dal soffocare i carismi, può dare fiducia a quei fratelli che non osano esprimersi e permette loro di crescere in questo esercizio.

 

L’animatore, a servizio di Dio e dei fratelli

“Chi animerà la preghiera questa sera?”: La domanda viene posta nell’équipe di animazione che si riunisce tre quarti d’ora prima della preghiera per prepararsi, nella lode e nell’abbandono allo Spirito Santo.

 

-        Carlo? – propone il responsabile, - d’accordo, ma pregate per me! –

Ed ecco che tutti invocano lo Spirito Santo sul fratello, poiché il servizio dell’animazione della preghiera è un carisma che si riceve come tutti gli altri, nella nostra povertà, nella fede, nella speranza e carità.

 

Spesso ci si sente molto poveri alla sera di una giornata di lavoro che è stata agitata, faticosa, dopo aver percorso chilometri per arrivare al gruppo, e ci viene richiesto di animare la preghiera. È un segno molto positivo quello di sentirsi poveri, anzi è un atteggiamento che favorisce una ricettività maggiore. È nella misura in cui siamo “vuoti” che possiamo essere riempiti dallo Spirito Santo.

 

Questa povertà si farà abbandono alla volontà di Dio e non alle idee proprie senza dubbio buone e sante, ma che forse non risultano opportune stasera al gruppo! Si farà ascolto più attento alla Parola di Dio. Come ogni carisma, ci è richiesto un atteggiamento interiore di disponibilità: da ciò l’importanza di ricevere la preghiera di fratelli alcuni minuti prima dell’assemblea, attraverso anche un semplice canto in lingue mettendoci alla presenza del Signore, e affidando a Lui la stanchezza e le preoccupazioni del mondo.

 

Il carisma dell’animazione è fondato sulla fede: Gesù è vivente, risorto, è presente in mezzo a noi ed ha qualcosa da dirci, anche se prima ancora non lo so. Egli conosce le situazioni delle persone presenti questa sera, sa che cosa hanno vissuto dopo l’ultimo incontro, che cosa hanno bisogno di ascoltare e di gustare attraverso la preghiera.

 

L’animatore non conosce tutto questo, ma nella fede deve solo chiedere al Signore di condurre Lui stesso la preghiera e di ispirargli le parole e le decisioni opportune, nel corso del suo  svolgimento. Tutto ciò si accompagna con un atteggiamento di speranza profonda per il gruppo e per ogni persona particolare. Se l’animatore non ha speranza nei “progetti di pace” del Signore (Ger. 29,11), nella crescita e trasformazione spirituale di ciascuno dei membri chiamati a diventare testimoni raggianti della presenza e dell’amore di Dio, la preghiera rischia di essere molto triste!

 

Speranza, fede e carità da ricevere sempre, saranno i motori dell’assemblea. L’atteggiamento di carità per l’animatore, consiste nell’offrire il proprio servizio, prima al Signore per la Sua Gloria, ma anche nello sforzarsi, nella preghiera, di avere per i fratelli che gli sono affidati gli stessi sentimenti di Cristo, dolce e umile di cuore, che ama e chiama appassionatamente ciascuno. Solo con questi atteggiamenti di disponibilità a Dio e di accoglienza ai fratelli scaturiranno le parole e giusti orientamenti per condurre la preghiera come piace al Signore (Rom. 12;2).

 

Donare ciò che si ha

Questo atteggiamento del cuore è il prolungamento di una vita di preghiera regolare, di una relazione vivente con Dio e con la Sua Parola, di una comunione sempre crescente con il desiderio di Dio che ogni uomo sia salvato.

 

La persona che riceve questo carisma avrà a cuore di pregare, ma anche di nutrirsi spiritualmente nella sua vita personale e di incontrare Gesù nei Sacramenti. Le nostre esortazioni non devono diventare insegnamenti sapienti, ma devono essere teologicamente esatte.

 

Lo Spirito Santo e di Verità darà la precisione del tono e delle parole (semplici), servendosi delle nostre capacità umane, di tutto ciò che è stato già costruito, purificato, illuminato in noi. Ci si chiede se esistano delle capacità particolari per diventare animatori, ma sarà il responsabile del gruppo a indicare questo o quell’altro fratello per l’animazione, deve saper riconoscere a chi è stato dato il carisma! Non c’è un ritratto standard dell’animatore: lo Spirito Santo conosce le nostre capacità.

 

Certo saranno utili: semplicità, chiarezza di espressione, facilità ad adattarsi a diverse situazioni, uno spirito di buon senso e capacità di sintesi. Ma in tutto ciò è l’azione dello Spirito Santo che è più importante e che viene in aiuto alle nostre imperfezioni. Il responsabile può anche essere l’animatore, ma non è necessario. Anche se riceve questo carisma, è buona cosa non identificare  i due servizi e riconoscere per l’animazione uno o più altri fratelli…

 

Le forme di preghiera, nell’assemblea di preghiera carismatica sono molteplici: lode, ascolto della Parola, invocazione e accoglienza dello Spirito Santo, intercessione, raccoglimento, adorazione, preghiera gli uni per gli altri, insegnamenti, testimonianza, ecc…, altrettanti modi per il Signore di venire in mezzo a noi e per noi di accogliere la Sua Presenza….

Il carisma di discernimento dell’animatore verrà esercitato per tutta la durata dell’incontro, per vegliare sul collegamento dei diversi tempi della preghiera, nell’ascolto e nella disponibilità allo Spirito Santo

 

 

 

 

 

 

 

MINISTERO DEL CANTO E DELLA MUSICA

Cantori alla presenza del Re

 

Il servizio della musica e del canto è uno dei ministeri di fatto tipici di un gruppo del Rinnovamento, vista anche la particolare importanza che possiede la componente del canto all’interno della preghiera comunitaria carismatica. Ogni gruppo, dal più piccolo al più grande, ha al suo interno tale servizio, che va dal semplice incarico al singolo animatore per le comunità più piccole, fino a un ministero ben strutturato, con musicisti e coro, per le comunità più numerose.

 

La “visione” classica alla quale s’ispirano i ministeri del canto nel Rinnovamento è quella del capitolo 25 del Primo libro delle Cronache, nel quale si parla del culto all’interno della “Tenda di Davide”, della costituzione di un ministero numeroso e profetico, attraverso il quale si manifesta a Israele la Gloria di Dio nella Nube.

Ma per la dimensione locale del gruppo ci può essere più d’aiuto il brano di 1 Sam. 16, 14-23.

 

 Nel brano citato si racconta che il re Saul veniva spesso oppresso da uno spirito immondo, allora si cercò per lui qualcuno che suonasse la cetra perché potesse “calmarlo”. Quindi venne convocato il giovane Davide, “abile suonatore di cetra”, per stare alla presenza del re. In questo passo, al versetto 18, possiamo riscontrare alcune caratteristiche importanti per svolgere il servizio della musica e del canto:<……egli sa suonare ed è forte e coraggioso, abile nelle armi, saggio nelle parole, di bell’aspetto e il Signore è con lui >.

 

Le qualità dell’animatore del canto e della musica 

< Egli sa suonare >. Il concetto dell’abilità nel suonare viene ripetutamente espresso anche nei versetti precedenti. È ovvio che per essere un cantore ci deve essere di base un talento musicale, anche minimo ( non esclusivamente saper suonare la chitarra……).

 

Ciò vuol dire anche che bisogna imparare, “andare a scuola”, per poter dare al Signore il meglio di noi.

< Forte e coraggioso >. Si parla di un cantore rafforzato dallo Spirito, non timido, ma coraggioso, che mette in gioco i suoi talenti e la sua vita per il Signore ( pensiamo alla sfida dell’evangelizzazione).

< Abile nella armi >. Si tratta, delle armi spirituali di cui parla Paolo al capitolo 6 della lettera agli Efesini. Un cantore deve nutrirsi di preghiera personale e di vita sacramentale.

 

< Saggio di parole >. Nella lettera di Giacomo leggiamo che dalla stessa bocca non può uscire benedizione e maledizione (Giacomo 3,9 -12).

< Di bell’aspetto >,  non parliamo di bellezza fisica, ma di una gioia e un entusiasmo che devono trasparire anche esteriormente. Niente cantori musoni, brontoloni, seriosi. Sorrisi e sguardo limpido!

< Il Signore è con lui > . Questo punto riguarda la comunità. La comunità deve avvertire che il Signore opera attraverso il servizio del canto con un carisma speciale e chi canta deve camminare con il Signore.

Anche per il servizio del canto il termine di discernimento ultimo è la qualità della vita comunitaria. I cantori devono vivere appieno la dimensione del gruppo, devono essere membra vive della comunità, evitare isolatamente e mancanze di condivisione, o peggio ancora cammini paralleli.

 

Ciò vale specialmente per i ministeri più grandi, nei quali più facilmente si annida la tentazione dell’autosufficienza o dell’ambizione (come ad esempio emulare il “modello Rimini”).

 

Animare secondo lo Spirito

Il servizio del canto deve svolgersi sempre in comunione e in sottomissione al Pastorale di servizio. Tale annotazione ha un risvolto importante anche per la preghiera comunitaria carismatica. Un animatore deve conoscere i suoi fratelli, deve sapersi accorgere se un canto facilita la preghiera o è troppo difficile per l’esecuzione assembleare, perché non cada nell’errore di animare solo se stesso.

 

Un canto può servire a sottolineare la Parola proclamata, può anticipare profeticamente una Parola che poi verrà proclamata, può essere esso stesso Parola proclamata, può essere la parola di risposta dell’assemblea alla Parola proclamata.

Per riuscire in questo non ci sono formule, ma bisogna semplicemente vivere nel totale ascolto dello Spirito la preghiera comunitaria: cosa vuole compiere lo Spirito in questo incontro?

 

Il servizio del canto non può trincerarsi dietro il libretto dei canti, le prove, la tonalità di esecuzione, i problemi di amplificazione. Questi sono strumenti che aiutano la lode, non sono la lode.

 

I membri del servizio del canto devono essere uomini di lode; non è possibile pensare che un cantore non sia anche un animatore della preghiera, capace di lodare il Signore a voce alta, di esultare nel giubilo, nel canto in lingue, nella gestualità. Come nell’Antico Testamento, quando i cantori cantavano all’unisono < Lodate il Signore perché è buono, perché eterna la sua misericordia > (Salmo 136, 1) si manifestava la gloria di Dio in maniera visibile, anche adesso quando il nostro ministero è svolto con unzione si manifesta la gloria di Dio, ma in maniera invisibile: è lo Spirito Santo che prende possesso dell’assemblea, che inizia a trasformare i cuori, che fa “discendere” la profezia.

 

Se il canto non trasforma la comunità orante, non rende visibile la Pentecoste permanente, interroghiamoci se stiamo svolgendo bene il nostro ministero, se la lode abita realmente nei nostri cuori; forse il canto non ha trasformato ancora nemmeno noi.

 

Maria, modello della lode

Siamo partiti dalla figura di Davide e finiamo a una figura a noi vicina, si tratta di Maria, “la tenda del Figlio di Davide”.

Come Maria, il servizio del Canto deve avere uno sguardo profetico sulle cose di Dio. È questa l’icona della visitazione.

 

Maria è beata perché creata all’adempimento delle parole del Signore e il Magnificat è un canto che ricorda ciò che Dio ha fatto, ma che annunzia con fede e in profezia ciò che Dio farà.

Questa è la chiamata del servizio del canto. Anche di fronte alla nostra stanchezza o a quella dei fratelli, è necessario porsi sempre come sentinelle, che all’inizio di ogni incontro di preghiera hanno già nel cuore la fede nelle promesse di Dio.

 

Come Maria, il ministero deve avere uno sguardo profetico sulle situazioni dei fratelli. È l’icona delle Nozze di Cana; l’attenzione di Maria verso gli sposi, ai quali manca il vino della gioia, deve essere anche la nostra. Non sottovalutiamo il ruolo del servizio del canto nell’accoglienza: un canto di gioia può riportare la festa lì dove è scomparsa.

 

Come Maria, dobbiamo sempre indicare la Croce. È l’icona dello Stabat Mater, la donna che sta dritta di fronte alla morte del Figlio, che assiste nel dolore ma anche nella fede all’opera di Salvezza del Signore. Il cantore deve essere principalmente un contemplatore della Croce, deve indicare in maniera costante ai fratelli il sacrificio di Cristo, deve essere un gioioso e permanente cantore della Pasqua.

Come Maria, dobbiamo chiedere con insistenza il dono dello Spirito. Lei è l’icona della Pentecoste, la vergine con gli apostoli nel cenacolo.

Il servizio del Canto deve essere un amplificatore dell’invocazione dello Spirito, e sperimentare a ogni incontro di preghiera la Pentecoste permanente che pervade la Chiesa.

Come Maria, dobbiamo essere pronti al combattimento, celebrando la sicura vittoria di Cristo. È l’icona dell’Apocalisse, la Donna e il Dragone ( Ap. 12).

Il nostro canto ci aiuti nel combattimento quotidiano contro il maligno. Non vogliamo scoraggiarci, ma vogliamo proclamare la vittoria di Gesù innanzitutto sulla nostra vita, e poi su tutta la storia, e annunciare con forza e fede che il Signore verrà!

 

 

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LO SAPEVATE CHE………

Il canto di cui parla il Profeta Isaia (cap. 54.1), cioè il canto nelle circostanze difficili, spezza le catene, afferma la supremazia di Cristo e spacca le montagne come dinamite?

 

Cecil Stewart, evangelista conosciuto in tutto il mondo e soprattutto in Africa per le sue crociate e insegnante in seminari per leaders, ha ricordato una sua terribile esperienza personale.

Poco prima di una conferenza, gli venne comunicato dal suo medico, che un tumore allo stomaco gli avrebbe lasciato pochi mesi di vita.

 

 

Dopo qualche minuto di angoscia terribile, prese una drastica decisione: avrebbe cantato al Signore nonostante tutto. Il Signore lo ha premiato con la pace del cuore ed è ancora forte e pieno di vita  a quattro anni di distanza da quella sentenza che pareva inappellabile.

Che il Signore sia lodato!

 

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Solo qualcosa di Giuseppe Bentivegna

Insegnamenti dei Padri sul Canto

 

Il canto mette in fuga e sbaraglia il diavolo e crea difese contro ogni tentazione. Sant’Ambrogio vede nei cantori che inneggiano alla divinità una istituzione del “vero Salomone”, che è Cristo, perché “non mancassero alla sua Chiesa i cantori di salmi; il canto dei quali potesse mettere in fuga lo spirito maligno”.

 

Per S. Giovanni Crisostomo, la voce di coloro che cantano “pregando per i nemici si riveste di un potere che riempie di vergogna e sbaraglia il diavolo”.

Il canto nuovo ci libera dall’invecchiamento; “ci fa diventare simili, non agli angeli e agli arcangeli, ma allo stesso Re; perché portiamo ed esprimiamo nel nostro comportamento la Sua Immagine”.

 

S. Agostino invita i credenti a usare il canto come difesa contro il tentatore. “Quando cantate e salmeggiate con i vostri cuori al Signore (Ef. 5,19), siete uguali a quelli che sanno stare in guardia contro le astuzie e le insidie del tentatore e sanno respingere ed estinguere i suoi dardi infuocati con lo scudo della fede”.

 

Il canto Sacro coinvolge tutti, piega gli animi al pentimento e alla conversione; come avvenne per S. Agostino. Il canto ispirato “è dolce per ogni età, si addice all’uomo e alla donna. Lo cantano i vecchi, i giovani, gli adolescenti, i bambini”. Crea un vincolo di unità in tutta l’assemblea. “Ammaestra i principianti nella fede, conferma quelli che la possiedono in maniera perfetta; anche i cuori di sasso s’inteneriscono; vediamo gente indurita abbandonarsi al pianto, gente spietata piegarsi al pentimento”.

 Per S. Agostino fu il canto a determinare la sua radicale conversione. “Ed ecco che sento una voce immersa nel canto e che ripetendo con insistenza diceva: Prendi e leggi, prendi e leggi. Afferrai il libro dell’Apostolo, lo apersi e lessi in silenzio il primo versetto (Rom. 13,13) sul quale caddero i miei occhi”.

 

Il principale motivo dell’interesse dei Padri per il canto va trovato nella frequenza con la quale, ai loro tempi, questa manifestazione della vita cristiana appariva arricchita di doni speciali dello Spirito, sia in coloro che lodavano il Signore nel canto sia in coloro che ascoltavano.

Il canto nel Catechismo della Chiesa

 

Il Catechismo della Chiesa Cattolica dedica notevole interesse alla importanza del canto nella vita della Chiesa. La tradizione musicale, di cui il canto fa parte, viene considerata come “un tesoro di valore inestimabile” per la nostra salvezza. Un tesoro il  cui uso è indispensabile nelle celebrazioni solenni della Liturgia, dove “il canto sacro, unito alle parole, è parte necessaria e integrante”. (ccc 1156; cf 1157).

 

Quando si canta a Dio col cuore pieno di Spirito Santo il canto acquista un valore carismatico. Diventa una “grazia speciale” alla quale spetta un posto nella “armonia dei segni” che accompagnano la vita dei credenti (ccc 1156).

 

Diventa un fatto misterioso, “una realtà che porta in sé un contenuto invisibile e arcano”. Simile a quello della “voce immersa nel canto”, che infuse luce e certezza nel cuore di Agostino ancora in cerca di Dio.

 

La lode che si eleva a Dio si rivolge nel canto, ogni credente che canta le lodi del Signore con cuore ben disposto deve sentirsi chiamato a trovare anche nel canto una fonte di comunione sempre più elevata con il mistero di Dio.

 

Quando elevate inni e canti al Signore, “lo Spirito Santo, che ha cominciato ad abitare, non emigri; non escludetelo dai vostri cuori. Ospite buono, se vi trova vuoti, vi riempie; se vi trova affamati, vi pasce. Lo Spirito stesso vi inebri”. Con questo augurio S. Agostino animava un suo discorso sul dono spirituale del canto. Concludeva con una preghiera che ci fa bene rileggere e meditare.

 

Signore Dio, chiamaci e fa che ci accostiamo a Te.

Stringici forte, perché non ci stacchiamo da te.

Fà che noi tuoi figli da bambini diventiamo anziani, ma non permettere che da anziani

passiamo ad essere morti. Nel mondo della Tua Sapienza è lecito invecchiare, non è permesso di morire.