ASSOCIAZIONE S.VOLTO di GESU’ – RnS

Centro Divina Misericordia

Via Refrancore 86/6 – TORINO

 

LE CINQUE RELAZIONI DEL DISCEPOLO DI GESU’ 

 

Ogni discepolo, in quanto tale, ha un determinato stile di vita che lo mette in relazione con gli altri in un modo ben definito. Per il suo modo di comportarsi, si riconosce il vero discepolo di Gesù e precisamente per cinque relazioni.

-          Con Dio, come Padre

-          Con Gesù, come Maestro

-          Con lo Spirito Santo, come guida

-          Con gli altri, come fratelli

-          Con le cose, con libertà 

1 – Con Dio, come Padre 

I Giudei erano legati a Dio in maniera tanto rispettosa, da varcare la frontiera del timore. Per essi Jahveh era così santo da non avere nulla a che vedere con i peccatori di questo mondo. Perciò la religione giudaica era ricca di riti di purificazione, ai quali bisognava continuamente ricorrere per essere puri alla presenza Dio. Tutto il giorno e tutti i giorni si lavavano e si purificavano, nel timore di essere legalmente impuri di fronte alla tremenda santità di Dio.

Nessuno si azzardava ad entrare nel Santo dei Santi, dove dimorava Dio. Era impossibile avere relazioni di familiarità e di confidenza con il Dio degli eserciti. Persino il nome di Dio era così sacro che nessuno poteva pronunciarlo. Per riferirsi a Lui si usavano sinonimi e circonlocuzioni.

In questo ambiente, apparve Gesù che osò chiamare Dio con l’espressione con la quale un bambino si rivolge a suo padre: Abbà, Papà. Questo suonò provocazione e mancanza di rispetto. O era la più assoluta fiducia in Dio, o l’eresia più grande che fosse sorta in Israele. Osò affermare che Dio era buono con tutti, facendo sorgere il sole sui giusti e sui peccatori. Se in Lui c’erano delle preferenze, queste non erano per i giusti, ma bensì per i peccatori, ai quali aveva inviato il suo Unico Figlio. Questo aspetto costituiva una completa novità nella religiosità di quei tempi.

Senza alcun dubbio, la caratteristica più importante per un discepolo di Gesù è che chiami Dio “Papà”, e si rivolga a Lui con la fiducia illimitata di un bambino che confida pienamente nell’amore incondizionato di suo padre. Non ci può essere un discepolo di Gesù, se questo non condivide con Lui questa filiazione. Potremmo perfino affermare che l’esperienza di essere un figlio amato da Dio è il volto che caratterizza il discepolo di Gesù. Non ci può essere discepolo di Gesù che non viva la relazione filiale con Dio suo Padre. Naturalmente non si tratta di sapere che Egli ci ama, ma di sperimentarlo in ogni momento e in ogni circostanza della nostra vita.

Di conseguenza, il discepolo vive in pieno abbandono nella Provvidenza di suo Padre. Sa che Dio procura il cibo agli uccelli del cielo e veste i gigli del campo con magnificenza maggiore di quella di Salomone, tuttavia sa che per Dio l’uomo vale molto di più di essi. Perciò non ha alcun senso qualsiasi preoccupazione perché è figlio del Padre più buono e più potente.

Il discepolo confida nell’amore incondizionato di suo Padre, che si manifesta in modo particolare nel perdono, ogni volta che si torna a Lui con cuore pentito.

Basta ricordare la parabola del figliol prodigo, nella quale il padre festeggia con gioia il ritorno a casa di suo figlio perduto. In questo esempio abbiamo la perfetta fotografia di Dio, rivelato da Gesù Cristo.

Senza dubbio, l’aspetto più importante di un discepolo è che possa chiamare Dio: “Papà”. Anche se si osservassero tutti i comandamenti, o se si lavorasse oltre l’orario stabilito, nella vigna del Signore; anche se si servisse i più bisognosi o si ostentasse un titolo ecclesiastico, se non si vive come figlio amato da Dio, in nessun modo ci si può considerare discepolo di Gesù.

Orbene, la ragione di tutto questo è che il discepolo deve essere come il maestro; e se Gesù ha diritto a chiamare Dio Papà, anche i suoi discepoli possono farlo. 

2 – Con Gesù, come Maestro 

Se con una sola frase volessimo definire la relazione di un discepolo con Gesù, diremmo che lo considerava suo unico Maestro personale. Questa relazione si manifesta con sei caratteristiche: 

a) E’ chiamato dal Maestro 

Duemila anni fa, ogni discepolo aveva il diritto di scegliere il proprio maestro che più gli conveniva. Con Gesù le cose accadevano al rovescio: fu Lui che personalmente scelse ciascuno dei suoi discepoli.

“Non voi avete scelto Me, ma Io ho scelto voi” (Gv. 15,16) 

Perciò essere discepolo non dipende dal gusto personale, ma da una chiamata di Gesù che dica: Vieni!  La prima volta che risuona nel cuore del discepolo è la voce irresistibile del Maestro che lo sceglie per essere uno dei suoi.

Questa chiamata è così forte, da rendere capaci di lasciare il denaro sul banco delle imposte, di dimenticare la barca piena di pesci, di allontanarsi dal padre e dalla famiglia. Inoltre la sua persona ha tale attrattiva e lo stile di vita è così sublime per cui risulta impossibile non seguirLo! Le sue parole di vita fugano ogni dubbio.

Chi non ha avuto questa esperienza, vuol dire che non ha ancora ascoltato la voce del Signore né si è visto guardare negli occhi dal cercatore di discepoli e ordinargli: Vieni e seguimi!

E’ la chiamata del Maestro, non la decisione del candidato, che rende capaci di seguire la nuova vocazione. La sua Parola, viva ed efficace, dà la forza necessaria per corrispondere alla sua chiamata. Questo è molto importante, perché chi si fa discepolo per propria iniziativa non può contare sulla forza della Sua chiamata che rende capaci di vincere le difficoltà e di perseverare sino alla fine.

Non può essere discepolo di Gesù chi non sia stato prima scelto personalmente da Lui. Il Vangelo sottolinea con molta chiarezza “Salì poi sul monte, chiamò a sé quelli che volle ed essi andarono con Lui” (Mc. 3,13).

Se la sua Parola non ci attrae irresistibilmente, se la sua persona non ci affascina, né ci seduce il suo messaggio, è prova che non siamo ancora stati chiamati. 

b) Si siede ai piedi del Maestro 

Un giorno Gesù si trovava in casa dei suoi migliori amici,  a Betania. Tutti erano affaccendati per dare degna accoglienza ad un ospite così illustre. Il Maestro si sedette e cominciò a rivelare i segreti del Regno. Mentre Maria ascoltava con attenzione tutte le parole che uscivano dalla bocca di Gesù, sua sorella Marta era occupata per venire incontro alle poche necessità dell’invitato. In un momento d’impazienza, con la scopa in mano, vestita con grembiule, si avvicinò al Maestro, interruppe la sua conversazione ed esclamò: “Maestro, come vedi, mia sorella mi ha lasciata sola nelle faccende, dille che si alzi e mi aiuti!”. Il Maestro, con voce calma ma decisa, le rispose: “Marta. Marta, tu ti affanni per le cose del meno importanti! Non pensi che la cosa più importante sia di stare seduta ai miei piedi e ricevere l’insegnamento che desidero dare? – Io non venni per essere servito, ma per servire. Tu invece sei preoccupata per le faccende domestiche e non hai tempo per sederti ai miei piedi e ascoltarmi. Non Maria deve fare ciò che tu stai facendo, ma sei tu che devi imitarla!”

Sedersi ai piedi di Gesù è l’attività più importante del discepolo. Il discepolo passa molto tempo semplicemente approfittando della presenza del Maestro. In questo senso, è un contemplativo che, con gli occhi ben aperti, osserva tutti gli aspetti della personalità del Maestro per poi riprodurli. Benché per molti questo sembri una lamentevole perdita di tempo, si tratta invece di un investimento a lungo termine che, presto o tardi, porterà i migliori frutti.

Così giungiamo a ciò che è fondamentale: il discepolo sta sempre di fronte al suo Maestro, lo mira ed è rimirato, lo va conoscendo e viene conosciuto. Per questo Paolo, quando narra il curriculum della sua vita, ricorda precisamente di essere stato seduto ai piedi del grande maestro Gamaliele (At.22,3).

Sedersi ai piedi del Maestro non è altro che restare in Lui, unito come il tralcio alla vite, nutrendosi della sua linfa, comunicando con la sua vita e profondamente inserito in Lui.

Gesù, a differenza dei famosi maestri peripatetici della Grecia, non impartiva lezioni ai suoi discepoli camminando, ma seduto, per restare in pace e infondere rispetto ai suoi uditori. 

c) Ascolta il  Maestro 

Se ci si siede ai piedi del Maestro, non è per restare passivi, ma per esercitare una delle attività più difficili di questo mondo: ascoltare. Senza questo requisito, è impossibile giungere ad essere discepoli di qualsiasi maestro.

Nel Vangelo notiamo come i discepoli si avvicinassero a Gesù, anche in privato, per interrogarlo su certe questioni come il matrimonio, la salvezza o perché spiegasse loro qualche parabola. Sanno solo che il Maestro è colui che sa. Si riconoscono ignoranti e accettano come verità tutto ciò che esce dalla sua bocca.

I discepoli di Gesù sono beati perché ascoltano ciò che i re, i profeti e i giusti desiderarono ascoltare. Quindi, chi non sa ascoltare non può essere discepolo di Gesù 

Logos e Rema 

Dio si esprime in due maniere complementari, attraverso la sua Parola. Vi sono studi biblici che mostrano due termini differenti per identificare ciascuna di esse.

La Bibbia usa Logos quando si riferisce alla Parola, in generale il messaggio già rivelato da Dio e, perciò, infallibile e immutabile.

Usa Rema quando si riferisce a una parola specifica per una circostanza determinata. E’ una parola-avvertimento, per un momento concreto della vita.

Se Logos è ciò che Dio già disse, il Rema è ciò che Egli mi sta dicendo in questo momento specifico. La Parola già rivelata è base insostituibile, ma Dio continua a parlare e a comunicare con noi per guidarci in ciascuna decisione e in ogni momento della nostra vita. Il Rema è parola efficace per una circostanza, una risposta per una domanda, luce per un passo. 

d) Crede al Maestro 

Un discepolo ha tanta fiducia nel suo Maestro da credergli incondizionatamente.

Non crede in qualcosa, ma in Qualcuno che è degno di tutta la sua fiducia. Con ragione, .Paolo si esprimeva con piena sicurezza: “So in chi confido” (2Tim. 1,12) 

- Se il Maestro dice o fa diversamente da quanto prescritto da Mosè nell’antica legislazione, gli si deve credere più che a Mosè

- Se Gesù si oppone alle tradizioni degli scribi e dei farisei, bisogna abolire queste tradizioni, anche se sono di tipo sociale, famigliare e persino religioso.

- Se il mondo promette la felicità attraverso il possesso, il potere e le apparenza terrene, mentre Gesù la assicura per mezzo delle beatitudini, si segue senza indecisione il cammino del Maestro. 

Ecco due esempi concreti di discepoli che hanno fiducia incondizionata nella Parola del loro Maestro:

In mezzo alla tempesta della persecuzione che era scoppiata in Gerusalemme e il cui vento soffiava in  Damasco, Anania, discepolo del Signore, pregava perché Dio fermasse il furioso Saulo di Tarso, il quale si avvicinava per incarcerare i seguaci di Cristo. Mentre era in preghiera, gli apparve Gesù e gli ordinò di andare alla casa di un tale, chiamato Giuda, dove precisamente si trovava il persecutore. In altre parole, sembrava che gli ordinasse di consegnarsi nelle mani del nemico. Praticamente gli si chiedeva di andare nella tana del lupo. Anania, da buon discepolo, ebbe fiducia incondizionata nel Maestro. Si alzò e andò.

Quando Gesù inviò i suoi discepoli a collaborare per la sua opera di evangelizzazione e li associò alla sua impresa, li mandò con questo ordine:

 “non prendete nulla per il cammino, né oro, né denaro”

Il minimo che ognuno avrebbe preteso era il necessario per il viaggio. Ma i discepoli di Gesù obbedirono puntualmente all’ordine ricevuto e si misero in cammino senza nulla, perché confidavano ciecamente nel Maestro.

La base delle relazioni del discepolo con il suo Maestro è la fiducia. Crede più al suo Maestro che agli insegnamenti di qualunque altro. Crede senza discutere. Tutto ciò che il Maestro dice è verità, per la semplice ragione che così ha detto il suo Maestro e tutto ciò che Egli dice è considerato norma di verità. In una parola, crede senza condizione, anche se qualche volta gli sembra assurdo.

Se la matematica assicura che cinque pani e due pesci non sono sufficienti per sfamare un’immensa moltitudine, ma il Maestro ordina di sedersi per mangiare, si confida assolutamente il Lui.

Il suo atteggiamento non è quello di capire tutto, ma di obbedire in tutto alla Parola pronunciata dal Maestro. 

e) Segue il Maestro 

Seguire il Maestro non significa andare fisicamente dietro di Lui, ma soprattutto imitare il suo stile di vita. Essere discepolo di Gesù vuol dire seguire il cammino indicato dalla vita del Maestro.

Il discepolo, perciò, riproduce gli atteggiamenti, i criteri, lo stile di vita del Maestro. In una parola, vive come vive il Maestro.

Non si diventa discepoli per un titolo, una credenziale, una funzione ecclesiale. Neppure l’atto di battesimo garantisce che siamo discepoli di Gesù. 

Quando il governo fa il censimento della popolazione, non manca mai questa domanda: “a quale religione appartieni?”

-          L’ubriaco con voce tramante risponde: io? Eh sono cattolico… per grazia di Dio

-          La coppia che vive in concubinato, a una sola voce risponde: siamo cattolici.

-          Chi ha giurato di vendicarsi dei suoi nemici, non ha alcuna esitazione nel dichiararsi cattolico

-          Il vecchio solitario con una cassetta pornografica in mano, afferma di essere cattolico.

-          Chi osserva tutti i comandamenti della legge di Dio, i precetti della Chiesa, rispetta scrupolosamente le tradizioni religiose, ma che non conosce personalmente Gesù, si dice apostolico romano!

-          Chi non considera Gesù come Salvatore personale né come Signore della propria vita, risponde, indicando una vecchia immagine della Madonna: cattolico!

-          L’intellettuale, con un libro sotto il braccio, si mette gli occhiali e dichiara: sono cattolico, ma a modo mio.

-          Un altro che occupa un posto di governo, spiega: sono cattolico, ma non praticante.

-          Un giovane crede di essere autentico quando afferma: sono cattolico, però vado in Chiesa solo quando ne ho voglia e non quando sono costretto.

-          L’orgoglioso sente di presumere qualcosa di più nella vita: sono cattolico.

-          Chi ha accumulato ricchezze materiali sente che dietro le sue ingiustizie, vi è qualcosa che compensa le sue rapine: è cattolico.

-          Ladri, omosessuali, idolatri, fattucchieri, avari, pettegoli e bugiardi, coincidono in una cosa: sono cattolici.

Se nel censimento non si fosse chiesta la religione, ma domandato se sono discepoli di Gesù, nessuno avrebbe potuto rispondere affermativamente.

Nel computo del cielo, non esiste la lista di cattolici o battezzati. Vi è un volume che si chiama “Il libro della vita”, dove sono stampati, a lettere d’oro, i nomi dei discepoli di Gesù. Non basta dire che siamo cattolici, né mostrare il certificato di battesimo: Ciò che importa è vivere secondo il modello proposto della persona stessa di Gesù. 

Sfortunatamente è possibile percorrere la medesima strada di Gesù ed essere del suo seguito, senza essere discepolo di Gesù. Si può essere responsabile delle finanze della Chiesa e non essere necessariamente discepolo di Gesù.

Una funzione o un altro titolo nella Chiesa, non è garanzia di appartenere al gruppo dei suoi discepoli. Anzi, si può essere “apostolo” con il cuore disponibile per ogni lavoro e impegno, ma non per questo si è automaticamente discepolo. Si può essere amici del Vescovo e narrargli tutto quello che gli altri fanno da male, e non essere discepolo di Gesù. E’ persino possibile fare miracoli, profetizzare nel nome di Gesù e alla fine sentire dalle sue labbra l’eterna condanna: “Non vi ho mai conosciuti; allontanatevi da Me, voi operatori di iniquità” (At.7,23).

L’unica cosa che ci garantisce che siamo autentici discepoli è che ci sforziamo di imitare il Maestro riproducendo tutti i tratti della Sua vita. 

Un discepolo non abbandona mai il suo Maestro. 

Un giorno Gesù decise di salire a Gerusalemme, dove poco prima avevano tentato di ucciderlo. I suoi discepoli si opposero. Gesù rispose: “Pietro non metterti davanti a Me per impedirmi il cammino! Mettiti dietro di Me e seguimi” Davanti alla decisa affermazione di Gesù, Tommaso prese la parola e disse: “ Andiamo anche noi a morire con Lui” (Gv.11,16) 

Perciò, seguire Gesù non è necessariamente sinonimo di appartenere a una istituzione o di uniformarsi a certi usi e a certe tradizioni. Tanto meno osservare protocolli medioevali, ma rivestirsi dello Spirito del Vangelo e seguire le orme del Maestro, anche a costo del prestigio e della vita. 

f) Obbedire al Maestro 

Il vero discepolo di Gesù sa obbedire sempre. Non solo segue gli ordini, ma interpreta i minimi cenni e persino i più piccoli desideri del Maestro. Tuttavia non lo fa per cieca obbedienza o per disciplina militare, ma per fiducia illimitata che ha in Lui.

L’esempio più bello lo troviamo in Simon Pietro.

-          Dopo aver passato tutta la notte nella sua barca cercando di pescare qualcosa ed essendo sul punto di rinunciare alla sua impresa, udì la voce dell’artigiano di Nazaret che gli ordinò di gettare le reti dalla parte destra. L’esperto pescatore non capì, però obbedì (Gv. 21,4-6).

-          In un’altra occasione gli comandò di saltare dalla barca e di camminare sulle acque del mare in tempesta, che con le sue onde poteva sommergerlo. Pietro non dubitò ed obbedì (Mt. 14,22-29).

-          In un’altra occasione, gli fu comandata la cosa più assurda: gettare l’amo in mare per pescare un pesce che aveva una moneta nel ventre. Pietro non si mise a discutere se i pesci, per caso, mangino monete, né commentò che nessuno custodisce il suo denaro nel ventre di un pesce di mare. Fece quello che gli era stato chiesto (Mt. 17,22).

-          Quando il Maestro decise di entrare in Gerusalemme, lo mandò a prendere un asinello nel villaggio vicino a Betfage. Non si scusò dicendo che non conosceva il padrone, che lo avrebbero preso per un ladro e lo avrebbero messo in carcere. Obbedì prontamente all’ordine ricevuto e fece tutto quello che gli era stato comandato (Mt. 11,1-4).

Quindi il Maestro ordina qualcosa, e qualunque cosa essa sia, gli si obbedisce per la semplice ragione che così vuole il Maestro. La parola del Maestro è verità, anche se tutto sembra dire il contrario: ci si deve lasciare lavare i piedi, perché il Maestro lo dice; si deve salire a Gerusalemme anche se è pericoloso; si deve perdonare settanta volte sette anche se sembra esagerato.

Un discepolo è tele solo quando fa tutto quello che il Maestro gli ordina.

Se resteranno fedeli alla mia Parola saranno veramente i miei discepoli” (Gv.8,31) 

Tuttavia dobbiamo chiarire un punto fondamentale: un discepolo non è solamente colui che obbedisce al Maestro, ma colui che gli obbedisce in tutto. Non solo in ciò che gli piace, gli conviene, su ciò che si è d’accordo od è facile, ma in tutto. Gesù non è disposto a perdere tempo con i discepoli tiepidi. Questo è di capitale importanza.

Ciò che fondamentalmente costituisce una persona come discepolo di Gesù è il modo secondo il quale si mette il relazione con il suo Maestro. Perciò chi non ha e non vive questa caratteristica non potrà vedere il suo nome scritto nel libro della vita. 

3 – Con lo Spirito Santo, come guida 

Il discepolo di Gesù è animato dallo stesso Spirito che per Maria generò Gesù e lo unse con potere, rendendolo atto ad esercitare il suo ministero.

Lo Spirito, essendo la fonte della vita, ci unisce a Cristo Gesù, facendoci partecipare allo stesso essere del Maestro. Ci spinge con la medesima forza che spinse Gesù e ci comunica i medesimi sentimenti, i criteri e i valori. E’ precisamente Lui che ci costituisce discepoli e ci trasforma in maestri, ad immagine e somiglianza di Gesù.

Noi andiamo trasformandoci in questa stessa immagine, di gloria in gloria, secondo l’azione dello Spirito del Signore” (2Cor. 3,18b).

Lo Spirito Santo interiorizza la legge nei nostri cuori, perché gli ordini e i comandamenti del Maestro non si convertano in un legalismo e affinché noi non cadiamo nel fariseismo. Egli crea in noi non solo la capacità per compiere la volontà di Dio, ma anche la forza di amarla, identificando la nostra volontà con la Sua:

E’ Dio infatti che suscita in voi il volere e l’operare secondo i suoi benevoli disegni” (Fil..2,13).

D’altra parte, lo Spirito di Cristo Risorto ci fa vivere la filiazione divina, punto essenziale per ogni discepolo di Gesù.

Non abbiamo ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma abbiamo ricevuto uno spirito di figli adottivi per mezzo del quale gridiamo:Abba Padre!” (Rom.8,15) 

Lo Spirito Santo rivela Gesù nel cuore del discepolo, dandogli testimonianza della verità completa e gli ricorda tutte le Parole del Maestro. E’ il Rivelatore che ravviva i colori della fotografia impressa nell’anima, facendo risaltare le dimensioni e apparire distinta la figura. Rende presente Cristo, oggi, in mezzo a noi e fa sì che le Parole del Maestro non perdano la loro efficacia e il loro potere.

In quanto al ministero, trasforma il discepolo in apostolo, rendendolo capace di annunciare la morte di Gesù e di proclamare la sua risurrezione. 

Fortifica il discepolo nell’apostolato, con il dono di molti carismi perché possa edificare il Corpo di Cristo. In modo particolare spiccano i segni che accompagnano la proclamazione.

E’ Lui che forma la comunità cristiana e ci fa vivere come membra del Corpo di Cristo. I discepoli di Gesù, animati dallo Spirito Santo, vivono l’unità del Corpo di Cristo.

Il discepolo è posseduto dallo Spirito Santo. Ha ricevuto il sigillo come segno della sua appartenenza, dal momento che fu battezzato nel Nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Ha ricevuto, (per noi cattolici) questo ricco pacco dono nella sua primissima infanzia e, successivamente, dopo avere incontrato Gesù, ha deciso nella sua piena consapevolezza, di consegnargLi la sua vita, ricevendo una nuova e piena effusione o battesimo nello Spirito. Ora, pienamente posseduto dallo Spirito Santo, il discepolo di Gesù non si appartiene più, ma è stato acquistato e redento dal Sangue che Gesù ha versato per lui sulla Croce, e a Lui vuole servire con onore e gioia.

Il discepolo posseduto dallo Spirito, porta i frutti dello Spirito.

Per ultimo e più importante, il discepolo di Gesù ha una relazione personale con la Terzo Persona della SS.Trinità. Non la considera solo come una forza o un potere taumaturgico. Non è solo il vincolo di unione tra il Padre e il Figlio. E’ una Persona!

Il discepolo di Gesù ha una relazione personale con lo Spirito Santo. Questa è la chiave della sua vita, il motore della sua attività e il segreto della sua fecondità. 

4 – Con gli altri, come fratelli 

Un discepolo considera “fratello” ogni altro uomo, senza tener in alcun conto la classe sociale, il credo, il titolo di studio o la funzione che svolge nella Chiesa. Si sente, perciò, responsabile e solidale con tutti, specialmente con i più bisognosi.

Il discepolo ha piena coscienza che siamo tutti figli dello stesso Padre e fratelli in Gesù Cristo il Signore! Di conseguenza, non si sente mai superiore né migliore degli altri. Però, nello stesso tempo, non soffre di nessun complesso di inferiorità, né si inchina davanti ai segni del potere o ai valori di questo mondo. E’ consapevole di formare un Corpo nel quale ciascuno ha il suo posto, e tutti hanno bisogno gli uni degli altri. Se il peccato originale si manifesta in Caino che uccide il suo fratello minore Abele, il frutto della redenzione, che è il discepolo di Gesù, si interessi amorevolmente del fratello minore. Sa che la salvezza non è un fatto personale e tanto meno individuale, ma che navighiamo insieme nella medesima barca, e uniti giungeremo al porto, o uniti periremo. Gesù chiede chiare istruzioni ai suoi discepoli circa il modo di mettersi in relazione gli uni con gli altri. 

Eccone alcune: 

a)     il perdono 

Di poche cose Gesù parlò così ripetutamente e soprattutto confermò con il suo esempio, quanto del perdono a tutti coloro che ci offendono. Egli, sapendo di quale materia prima siamo fatti, ci rivestì di una armatura che dobbiamo usare continuamente: il perdono. Perdonare al fratello e chiedergli perdono per averlo offeso è il pane quotidiano del discepolo di Cristo.

La grande forza che abbiamo noi cristiani, molto più dirompente di qualsiasi bomba atomica, è il potere del perdono. Per mezzo di esso si ricostruisce il mondo, si superano gli abissi, si risuscita coloro che erano morti a causa dell’odio.

Per questo motivo il discepolo che serba rancore verso suo fratello e non gli perdona di cuore, è una contraddizione . Si tratta non solo di perdonare sette volte, ma settanta volte sette. Perdonare è sinonimo di liberare. Perdonando siamo liberi e rendiamo libero il fratello. La condanna condiziona il miglioramento, il perdono lo facilita. 

b)     la correzione fraterna 

I discepoli sono corresponsabili gli uni verso gli altri. La vocazione profetica che ad essi ha elargito il loro Maestro, li ha convertiti in sentinelle, non per accusare i fratelli che cadono, ma perché vadano in loro aiuto.

Tutti abbiamo bisogno degli altri, i quali ci aiutino a marciare correggendoci dei difetti che a volte noi crediamo di non avere.

Tutti percepiscono aspetti che gli altri non vedono e viceversa. Gli altri vedono cose che noi non vediamo. Da qui nasce la necessità della correzione fraterna. Tuttavia, perché questa raggiunga il suo effetto, è necessario osservare un principio fondamentale: bisogna prima perdonare la mancanza che stiamo per segnalare. Altrimenti diventa un’accusa che non produce buoni frutti.

La correzione fraterna non è la denuncia del male del nostro fratello o sorella. Anche Gesù non era d’accordo sotto questo aspetto e bollò una tale correzione dicendo: “Perché noti la pagliuzza nell’occhio del tuo fratello e non vedi la trave che è nel tuo occhio?” (Mt.7,3). Si tratta di annunciare la Buona Novella nell’area necessaria della salvezza, cioè proclamare la vittoria di Cristo Gesù nella necessità del fratello. 

c)      L’amore 

In che cosa si riconosce un vero discepolo di Gesù? Lo stesso Maestro ci diede il segno non falsificabile: “Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete l’amore gli uni per gli altri” (Gv.13,34)

La nota distintiva che ci fa riconoscere come discepoli di Gesù è l’amore che dobbiamo nutrire gli uni verso gli altri. Amore totale come quello di Gesù verso di noi: un amore che dà la vita per la persona amata.

Non vi è altro distintivo per un discepolo di Gesù. Anche se alcuni hanno cercato di sostituirlo con medaglie, devozioni, osservanza di certi riti, una croce sul petto o un quadro della Madonna in casa…Se non abbiamo amore, non siamo discepoli di Gesù, nonostante abbiamo ricevuto i sacramenti.

L’amore di Dio ci porta necessariamente all’amore verso il prossimo. Sono due aspetti inseparabili dello stesso e unico amore.

“Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede” (1Gv.4,20)

La prova dell’amore verso Dio si misura tangibilmente e in maniera inequivocabile mediante l’amore al fratello.

L’amore non è un sentimento, ma una decisione, un atto di volontà, essere al servizio del fratello, sacrificando la propria comodità, la reputazione ed ogni specie di vantaggi personali, per poter aiutare il fratello che si trova nelle necessità.

Nel giudizio finale saremo interrogati se abbiamo soccorso il fratello incappato nelle mani dei briganti. 

5 – Con le cose, liberamente 

Il discepolo ha una ben determinata relazione con le cose di questo mondo. Gesù delineò perfettamente questo aspetto in vari punti concreti: 

a)     la ricchezza 

Gesù prevenne chiaramente i suoi discepoli sul grande pericolo delle ricchezze. Esse non sono in alcun modo compatibili con il Regno. Per essere onesti dobbiamo guardare la persona stessa di Gesù che, essendo il Figlio di Dio, non cercò avidamente di essere uguale a Dio, ma si annientò e scelse la condizione di servo. Essendo ricco, si fece povero, estremamente povero, e assunse tutte le nostre limitazioni per essere capace di compatirci, essendo Egli pure circondato da debolezze.

Questo è il punto di riferimento per ogni discepolo di Gesù. Chi desidera essere discepolo di Gesù, deve essere come il Maestro. Sarebbe estremamente illogico voler essere come Gesù e, nello stesso tempo, ammucchiare ricchezze e vivere attaccato ai beni di questo mondo.

Su pochi punti pratici Gesù insistette tanto come su questo: “Fate attenzione a non accumulare tesori, perché dove sta il tuo tesoro, là c’è anche il tuo cuore. L’abbondanza dei beni non assicura la vita a nessuno. Vivete come gli uccelli del cielo che non si preoccupano di ciò che debbono mangiare. Imitate i gigli del campo che si vestono con maggiore bellezza ed eleganza del ricco re Salomone” (Mt.6,19-21;25-32)

Insistette in modo speciale sullo scandalo dell’abisso che separa i ricchi dai poveri, facendo notare come un suo discepolo non può restare indifferente davanti all’ingiusta povertà del prossimo: parabola del ricco Epulone e del povero Lazzaro (Lc.16,19-31)

Al seguace di Gesù si presenta l’alternativa di servire Dio o il denaro. Il denaro ha lo svantaggio di convertirsi in idolo che prende il posto di Dio dentro di noi.

Il discepolo di Gesù opta per la povertà, la quale, naturalmente, non si limita al solo aspetto materiale, ma va accompagnata da un atteggiamento più integrale. Si tratta di una dipendenza totale e incondizionata da Dio, in tutti i campi materiali, intellettuali e spirituali. Egli, a poco a poco ma in maniera progressiva, ci insegna a vivere dipendendo da Lui in tutte le circostanze della vita. 

b)     Amministrazione cristiana dei beni 

La povertà non consiste principalmente nel non avere, ma nell’amministrare tutti i beni, non solo quelli materiali, con i criteri del Vangelo. Nulla ci appartiene esclusivamente. Siamo semplici amministratori dei talenti che ci sono stati affidati. Su ogni proprietà c’è una ipoteca sociale. (Giovanni Paolo II) 

c)      Il distacco 

Il discepolo di Gesù giunge sino alla rinuncia esplicita dei beni di questo mondo, per poter servire Dio e i fratelli. Si libera da ogni catena di egoismo e, libero da ogni legame, è capace della donazione anche della propria vita. In questo senso dobbiamo intendere il comando di Gesù di andare ad evangelizzare senza due tuniche, né borsa, né denaro. 

Conclusione 

Se l’essere umano è tale nella misura delle sue relazioni, il discepolo è caratterizzato dalle cinque relazioni che sono state sopra espresse. Sono precisamente esse che lo identificano come un autentico discepolo di Gesù. Esse sono la sua carta di identità e il suo biglietto di presentazione.