I Quaderni della Comunità n° 8/2010
Comunità S. Volto di Gesù
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(pro - manoscritto ad uso interno della comunità)
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LA FORZA PROFETICA DELLA COMUNITA’
relatore: Padre Maurizio Napoli
Ringraziando la S.S. Trinità per i 18 anni della “Comunità”
21/11/1992 – 21/11/2010
A - LA COMUNITA’ FRUTTO DELLA PENTECOSTE
Partiamo dall'ascolto della Parola di Dio; dal testo degli Atti dove viene descritta la prima Comunità cristiana:
“Erano assidui nell'ascoltare l'insegnamento degli apostoli e nell'unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere. Un senso di timore era in tutti e prodigi e segni avvenivano per opera degli apostoli. Tutti coloro che erano diventati credenti stavano insieme e tenevano ogni cosa in comune; chi aveva proprietà e sostanze le vendeva e ne faceva parte a tutti, secondo il bisogno di ciascuno. Ogni giorno tutti insieme frequentavano il tempio e spezzavano il pane a casa prendendo i pasti con letizia e semplicità di cuore, lodando Dio e godendo la simpatia di tutto il popolo. Intanto il Signore ogni giorno aggiungeva alla comunità quelli che erano salvati” (At 2,42-48).
“Padre santo, custodisci nel tuo nome coloro che mi hai dato... Come tu mi hai mandato nel mondo, anch’io li ho mandati nel mondo; per loro io consacro me stesso, perché siano anch’essi consacrati nella verità. Non prego solo per questi, ma anche per quelli che per la loro parola crederanno in me; perché tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato” (Gv 17,11b-21).
1. La prima comunità di credenti
La lettura del brano degli Atti degli Apostoli ci descrive, dicevo, la primitiva comunità cristiana, quella nata dalla Pentecoste e dall'annunzio degli Apostoli.
È la conclusione logica della Pentecoste che porta i credenti a essere:
“Erano assidui nella preghiera, nell'insegnamento degli Apostoli, nella frazione del pane, nell'amore fraterno, nella gioia...”
Il brano evangelico ha come confermato, con la parola stessa di Gesù, l'importanza di questo essere uniti, di formare una Comunità.
Lui è venuto nel mondo, perché nel mondo nascesse un riflesso della Trinità: “...Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola” (Gv 17,21).
La Chiesa è Comunità perché deve essere il segno, il riflesso della Trinità; è una Comunità d'Amore. Ma per questo anche una Comunità di persone convertite.
La prima Comunità è nata dall'insieme di coloro che hanno avuto il cuore trafitto dal pentimento, dalla conversione, alle parole di Pietro. Ma oltre questo momento di cambiamento profondo, si delinea un'esperienza di grande gioia.
Pochi brani della Sacra Scrittura traspirano gioia, pace, speranza, novità di vita come queste righe che ci descrivono la primitiva Comunità cristiana.
2. Movimento centripeto
Come si presenta la Comunità che nasce dal sacrificio di Gesù ed è consacrata dalla Pentecoste?
Si presenta come l'insieme di due movimenti, in un certo senso contrapposti, ma il cui equilibrio fa la Comunità cristiana.
Un movimento centripeto, cioè di coesione tra i credenti e dunque anche di distacco dal mondo.
È un gruppo di persone che sono tirate via dal mondo e messe insieme con una solidarietà nuova, che si chiama Amore, condivisione fraterna, gioire insieme.
E questo essere della Comunità cristiana, dei credenti in Cristo, è costituito da alcuni fattori ben definiti:
sono uniti perché li tiene insieme un aggregante insuperabile che si chiama Spirito Santo; che agisce attraverso l'insegnamento degli Apostoli, in cui è lo Spirito stesso che parla; per questo è una parola efficace, diversa da tutte le altre e capace di toccare i cuori di chi ascolta;
la loro unione è fraterna, cioè nasce dalla carità, che è anch'essa frutto dello Spirito;
viene alimentata nella frazione del pane, cioè con l'Eucaristia e la preghiera;
si manifesta anche all'esterno, con il segno visibile della condivisione dei beni: quelli che ne hanno li vendono per poter fare Comunità, condivisione; sicché non c'è nessuno povero tra loro.
È, dunque, fondamentalmente, una Comunità di preghiera, di vita interiore, di comunione fraterna, che sprigiona gioia e letizia. Notiamo che la parola letizia compare qui per la prima volta; prima c'era tristezza: tristezza perché Gesù partiva; tristezza perché era asceso al cielo.
Adesso, si comincia a parlare di letizia: “...prendevano i pasti in letizia” e in questo testo, per volontà dell'autore, ogni singola parola è la sintesi di tutto un atteggiamento di vita.
C'è gioia profonda, tra questi fratelli, e la loro gioia costituisce il motivo di maggiore attrazione per gli altri che li guardano “con simpatia”, e “ogni giorno si aggiungevano alla comunità numerosi altri che erano chiamati”, chiamati dal Signore attraverso i segni che vedevano “in” e “da” questi uomini nuovi.
3. Movimento centrifugo
Il secondo elemento che costituisce questa nuova Comunità è un movimento contrario al primo, centrifugo: dal cenacolo, dove stanno insieme, li porta fuori, verso le strade, a proclamare con forza che Gesù crocifisso è risorto.
È, dunque, una Comunità presa dal mondo e costituita per il mondo. Ciò significa che è una Comunità sacerdotale, secondo quanto si legge nel Nuovo Testamento riguardo il sacerdote: “Ogni sommo sacerdote, preso fra gli uomini, viene costituito per il bene degli uomini nelle cose che riguardano Dio...” (Eb 5,1).
Così, la Comunità cristiana, nel suo insieme, è il nuovo popolo sacerdotale, il popolo dell'Alleanza che viene tirato fuori, diviso, separato dal mondo, ma non per essere isolato, a sé stante come un'élite, ma per essere mandato allo sbaraglio nel mondo.
Gli Apostoli, infatti, sperimenteranno da subito il rifiuto, la condanna, la persecuzione.
Ma in mezzo a queste difficoltà essi portano nel loro cuore Gesù Cristo Signore, come una fiamma con la quale hanno incendiato il mondo.
Non tutti, nella Chiesa, sono chiamati a questo, i carismi sono molteplici: ci sono gli Apostoli che vanno in piazza a gridare e ci sono i diaconi che dividono il pane per le vedove, cioè curano i bisogni concreti degli uomini.
Non tutti fanno le stesse cose, ma tutti insieme partecipano di tutto, perché anche quelli che restano a casa partecipano della missione della Chiesa.
Maria, la citiamo per onorare la sua presenza tra noi, è il prototipo di coloro che non scendono mai in piazza a far risuonare la loro voce, perché rimane nel cenacolo, rimane in preghiera, per intercedere.
Così è l'esperienza della Chiesa: ci dimostra che la forza dell'annuncio cristiano nasce dalla profondità della preghiera, della contemplazione.
● Questo, in sintesi, è il profilo della Chiesa, la meravigliosa novità nata dalla Pentecoste.
La Pentecoste ha questo frutto: creare la Comunità, questa Comunità così descritta.
Se la nuova Pentecoste, di cui si parla continuamente nel Rinnovamento, è autentica, lo si può constatare dal frutto di Gruppi e Comunità simili a quella che viene descritta negli Atti. Questa è una logica ferrea, imprescindibile.
Noi abbiamo aderito a questa spiritualità, penso, proprio per questo motivo.
Tutte le Comunità istituzionali, prima quelle monastiche, poi quelle mendicanti, fino agli ordini religiosi dei tempi moderni, si sono impegnate a rivivere il modello presentato da At 2.
In alcuni aspetti, per grazia dello Spirito, sono andati anche al di là, hanno fatto anche meglio: San Francesco, ad esempio, ha realizzato una povertà che forse era maggiore di quella descritta negli Atti; altri hanno realizzato Comunità di servizio per opere sociali, caritative, non meno forti di quelle di Gerusalemme.
4. È adesso che si deve realizzare
Oggi, la fede, il cristianesimo, ha un bisogno vitale di queste Comunità, perché il cristianesimo è fatto per essere vissuto in Comunità, non da soli; è fatto per essere corpo!
Gesù è venuto sulla terra per costruirsi un corpo, una sposa, un popolo, non tanti individui.
Non ha fatto delle alleanze separate, ma una Comunità che deve riflettere la prima Comunità, fonte di tutto, che è la Trinità - Padre, Figlio e Spirito Santo - le tre persone che stanno sempre insieme nello stesso luogo, cioè in ogni luogo, e si amano e sono nella gioia e sono una cosa sola.
Questo dev'essere la Comunità: un riflesso della Trinità; della gioia della Trinità sulla terra.
Noi possiamo testimoniare che è impossibile vivere cristianamente, nel mondo d'oggi, se non si accoglie nel cuore questo tipo di fede comunionale: non basta andare a messa la domenica, senza far comunione con nessuno, e poi tornare a casa. Non è possibile condividere l'idea di chi dice che sta bene in chiesa solo quando non c'è nessuno.
Quando ci ritroviamo insieme, attraverso i carismi, attraverso la Parola di Dio, la lode, l'adorazione, l'Eucaristia, facciamo l'esperienza dello Spirito Santo che è più forte dello spirito del mondo, del maligno, che sembra invincibile ma non lo è.
Nei testi di spiritualità si legge che solo l'Amore testimonia in modo credibile la fede, ed è vero, ma si tratta di una verità parziale; sarebbe più corretto dire che: solo la Comunità costruita nell’Amore è credibile.
E noi abbiamo compreso bene questo. Ecco perché siamo qui. Giusto?
B - LA PENTECOSTE PERSONALE
Ma è evidente che una Comunità del genere si può costituire solo a partire da una conversione. Ciò è fondamentale, e mette in gioco ciascuno personalmente.
1. Trasformati in conformità all’immagine di Cristo
Sappiamo tutti, per averlo sentito e, magari, insegnato infinite volte, che abbiamo ricevuto lo Spirito Santo nel battesimo.
Ciò che lo Spirito Santo opera nell'uomo, al momento del Battesimo, viene chiamato dai teologi “iniziazione”, in quanto comporta solo un inizio.
Il battezzato riceve, cioè un “germe”, un “seme” o, se vogliamo, un “embrione” in attesa di sviluppo. È quasi uno “schizzo” come quello che fanno gli artisti all’inizio dell'opera d'arte che vogliono realizzare, un abbozzo che col tempo va sbozzato.
Questa sbozzatura spirituale ha un nome: trasformazione in Cristo, perché per il cristiano, si tratta di cambiare forma assumendo quella di Cristo.
S. Gregorio Nazianzeno prima e S. Tommaso poi, hanno scritto che fine o scopo del disegno di salvezza di Dio è proprio “la restaurazione dell’Immagine di Dio nell'uomo”.
Questa somiglianza con Cristo viene comunicata già dal sigillo dello Spirito impresso nel Battesimo (Ef 1,13); ha, pertanto, il suo principio nell’azione di Dio.
2. La nostra collaborazione con l'azione trasformante dello Spirito Santo
Ma l'azione dello Spirito, per sviluppare in noi battezzati l'abbozzo dell'immagine di Cristo, in vista della pienezza, chiede anche il nostro “sì” di accettazione o adesione e di collaborazione (come ricorda il Concilio di Trento riguardo l’efficacia della Grazia nei Sacramenti e come avete sentito ripetere milioni di volte).
“Io sono il Signore che vi vuole fare santi” dice Jahvè a Israele (Lev 20,8) ma non sempre la sua volontà trova sufficiente spazio nella nostra vita e il cammino di santificazione subisce infiniti blocchi e deviazioni.
A noi tocca il compito di collaborare con lo Spirito per aggiungere il nostro tassello affinché il mosaico di Cristo sia completato in noi e in tutto il creato: “In Lui il Padre vuole ricapitolare le cose del cielo e quelle della terra” (Ef 1,10).
Sono cose risapute ma non diamole per scontate.
A che punto è la mia trasformazione in Cristo?
Collaboro costantemente con lo Spirito santo per la mia trasformazione?
È importante verificarsi perché una Comunità nello Spirito è la risultante di fratelli e sorelle che vivono nello Spirito non che pensano di vivere nelle Spirito mentre non è così.
3. Di quali mezzi si serve lo Spirito?
Ricordiamo, velocemente, i mezzi più importanti che facilitano la nostra trasformazione:
a. L'esercizio delle tre virtù teologali: fede, speranza, carità
Che ci rendono veramente “cristiformi” e “cristoconformi”, in quanto ci avvicinano il più possibile a Cristo, sviluppando le linee di quel quadro già tracciate in noi, in abbozzo, nel Battesimo. Da qui le esortazioni della Sacra Scrittura a crescere in queste tre virtù.
b. L'Eucaristia
Con l'Eucaristia la trasformazione in Cristo si attua nella maniera più perfetta possibile su questa terra. Dicevo già in altre occasioni che gli altri cibi dei quali ci nutriamo, vengono da noi assimilati, mentre il cibo eucaristico, misticamente, assimila noi, facendoci perdere, poco a poco, la nostra vecchia forma o natura (personalità, uomo vecchio) per farci diventare simili a Cristo (Gv 6,57).
c. La diaconia
Cioè il servizio. Lo Spirito Santo agisce nella Chiesa, perché ogni credente sia trasformato a immagine di Cristo e questa trasformazione porta all'annuncio, con la vita e con le parole. O l'Amore si fa carne in noi attraverso opere concrete o non è Amore, è solo illusione.
d. La Comunità
In logica conseguenza con quanto detto, lo strumento privilegiato per un cammino autentico di conversione è la Comunità, in cui vivo la gioia dell'anticipo del paradiso e che offre opportunità infinite per vivere l'Amore; con tutto ciò che comporta e che stiamo dicendo.
Come potrebbe essere altrimenti? Se non sentiamo il desiderio di una condivisione di vita comunitaria; se non sentiamo il bisogno di incontrarci con i fratelli e tutto prevale e ci porta altrove, come possiamo dire di essere nella vita nuova dello Spirito?
In varie occasioni abbiamo sottolineato gli effetti dell'effusione, ricordate? Si diceva che se lo Spirito è vivo in noi si manifestano dei cambiamenti radicali, tra i quali, in linea col tema:
- la crescita dell’amore al prossimo, anche verso chi ci ha fatto del male, perché cambia lo sguardo sull'altro: Dio ci ama e questo Amore, che si percepisce vivo e reale, dona il senso dell'amicizia e dell'accoglienza che pervade il cuore; non si vive più l’estraneità ma la comunione con i fratelli;
- la Comunità assume un valore nuovo; la sento costituita da fratelli che Dio mi ha dato e che Cristo ha salvato insieme a me. In loro c'è lo Spirito, come in me, e li amo; non riesco più a fare a meno di incontrarmi con loro a condividere nella gioia.
C - LA COMUNITA’ PROFEZIA PER IL MONDO
L'adesione a Cristo è anzitutto, dunque, una decisione individuale, come risposta ad una chiamata personale di Dio, ma si concretizza sempre nel contesto di una Comunità.
Riprendiamo da qui per approfondire ancora qualche aspetto.
Siamo partiti dal testo degli Atti che ci ha mostrato come era la prima Comunità dei credenti. Ma è anche vero che sin dall'inizio del Vangelo, all'invito che Gesù fece ai pescatori, sulla riva del lago di Galilea, seguì la formazione del gruppo dei discepoli, che condivisero con il Maestro la vita, le risorse e la missione.
La venuta dello Spirito, che dà origine alla Chiesa, consolida questa Comunità come luogo dove vive, agisce e si comunica lo Spirito.
È a partire da qui che l'adesione a Gesù risorto si concretizza nell'entrare a far parte della sua Comunità.
Nella Chiesa la comunione fraterna diventa, dunque, elemento centrale della fedeltà a Cristo e della missione.
Non c'è verità, né credibilità in una spiritualità che non diventi comunione fraterna.
La Fraternità in se stessa diventa la prima realizzazione del Regno di Dio, testimonianza e presenza sacramentale del Signore risorto e segno profetico della nuova umanità generata dallo Spirito.
Perché ciò sia vero, però, bisogna creare nella Comunità un ambiente in costante ascolto dello Spirito.
La Comunità non si fonda sull'affinità familiare, culturale o altro, ma sull'essere stati trasformati da Cristo e chiamati a essere membra vive del suo Corpo; stando, con gli altri fratelli, in ascolto dello stesso Maestro e sentendosi coinvolto nella medesima missione.
È molto importante, in una Comunità, essere capaci di guardarsi e ascoltarsi vicendevolmente ma, ancora di più e prima di tutto, è fondamentale guardare e ascoltare insieme Colui che ha chiamato ognuno di noi e che stabilisce i criteri del nostro stare insieme.
Promuovere l'ascolto dello Spirito significa creare nella Comunità spazi di libertà per la condivisione fraterna, alla luce della parola di Dio; in una partecipazione corresponsabile; in un clima di rispetto e di dialogo, che aiuta a ricercare la volontà di Dio e a cogliere i segni e gli appelli delle situazioni in cui ci troviamo a servire il Regno di Dio.
● Dio e la realtà concreta della comunità e del mondo sono, pertanto, il binomio che ci permette di realizzare il progetto di Dio in modo profetico, divenendo “Comunità profetica”.
Spesso ricordiamo il fatto che nel battesimo siamo divenuti tutti re, profeti e sacerdoti.
Di conseguenza, anche la Comunità, nel suo insieme, ha queste caratteristiche.
Ora, è solo nel contatto con Dio che un profeta impara a guardare il mondo con occhi nuovi, diventando capace di esprimere, in parole e gesti, la cura che Dio ha verso di esso.
Perciò, da una parte, la Comunità profetica ha bisogno di elementi che siano abituati a questo contatto con Dio e, dall'altra, deve essere sempre aperta al mondo che la circonda. Allo stesso tempo, si deve tener presente che, vivendo l'esperienza di fede in Comunità, è inevitabile che la ricerca di fedeltà allo Spirito si faccia in mezzo a diversità di visioni, a tensioni e malintesi (ammettendo che tutti gli interventi siano animati sempre dalle migliori intenzioni).
Ciascuno ascolta lo Spirito in modo personale e questo ha il grande vantaggio di valorizzare le capacità e i doni di tutti; ma ha anche dei limiti, perché nessuno di noi è pienamente trasparente all'impulso dello Spirito.
I suggerimenti saranno sempre mischiati con la nostra visione personale, con i legami della nostra conoscenza, con la nostra cultura, i nostri limiti e i nostri peccati.
Per questo, la profezia deve essere integrata nell'insieme degli altri doni e funzioni che sono presenti nella Comunità.
Ciò richiede che il profeta manifesti un carisma correlato alla profezia, che è l'umiltà.
Senza perdere la convinzione e la forza di ciò che propone, il profeta che ritiene di avere una parola proveniente dallo Spirito, deve sottoporla al discernimento degli altri, come dice Paolo (1Cor 14,32) senza sentirsi, per questo, svilito nel suo dono profetico.
Solo così si manifesta la verità del desiderio di ricerca della volontà di Dio e solo così la profezia può dirsi veramente al servizio dell'edificazione del bene comune.
Bisogna anche sapere attendere i tempi di Dio che, come sappiamo non sono i nostri e, spesso, tra una visione e l'attuazione della stessa, può passare anche molto tempo.
Tra l'altro, volendo che il cammino sia comunitario, bisogna dare anche il tempo perché la visione germogli anche nel cuore dei fratelli e delle sorelle.
Per questo, il profeta dev'essere capace di accettare con fede e speranza la tensione, il conflitto e il peccato, senza scoraggiarsi per mancanza di risultati e senza ricorrere alla rottura o alla contrapposizione aspra per conseguirli.
Quanti fratelli e sorelle hanno abbandonato il cammino della Comunità... Si sono scoraggiati e spesso hanno abbandonato tutto, perché non si sono sentiti capiti, accolti; perché la Comunità per loro non funzionava; perché sembrava loro che prevalessero sempre e solo gli altri...
E tutto questo è spesso vero, perché la comunità non è una realtà perfette, ma sempre in un divenire alla santità...
La vera profezia, in tal senso, non è il risultato di quello che già esiste, che è inevitabilmente manchevole, ma la forza dello Spirito per costruire una realtà sempre più santa e sempre più in linea col progetto divino.
In Comunità si ha bisogno di questi profeti, cioè di fratelli e sorelle:
- che ascoltano lo Spirito e vedono nello Spirito;
- che parlano e procedono secondo il progetto che Dio ha fatto germogliare nel loro cuore;
- che non si lasciano appiattire nella mediocrità solo per non avere problemi o non causare tensioni, ma nemmeno si scoraggiano o mollano tutto, se non vedono accolte immediatamente le loro istanze;
- che sanno che anche il profeta deve, come buon seme, lasciarsi seminare e scomparire nel terreno dove è stato gettato, perché Dio possa operare.
- soprattutto, che capiscono, come san Paolo, che la meta e il punto culminante della profezia è l'Amore (cfr. 1Cor 13; Rm 12,9-21).
● Spirito profetico e Amore sono, infatti, il secondo binomio fondante la Comunità e il discernimento della vera profezia per la sua edificazione.
- Da una parte, l'Amore profetico (cioè l'Amore che rivela, proclama, Dio), fa sì che la fraternità si costruisca sulla verità e la fedeltà allo Spirito, e non su un semplice gioco di convenienze e complicità tendenti a evitare conflitti e tensioni.
- D'altra parte, la profezia dell'Amore (cioè la proclamazione divina dell'Amore), fa capire che la vera profezia ha la sua origine nello Spirito e non può avere altra motivazione, altri mezzi e altro scopo che non sia l'Amore.
2. Profezia e servizio dell'autorità
Ciò ci introduce a un tema importantissimo nell'edificazione della Comunità.
La profezia è chiamata ad avere un ruolo preminente, in collegamento con altri doni e servizi che sono ugualmente suscitati dallo Spirito. Tra questi, anche il servizio dell'autorità o di coordinamento.
Spesso, per l'influsso della mentalità socio-politica di cui siamo inconsapevolmente imbevuti, si è tentati di concepire l'autorità e la profezia come poli opposti e antagonisti; rappresentando la prima come la stabilità istituzionale imposta e l'altra come la novità assoluta dello Spirito.
Tra noi, questo modo di sentire o concepire il servizio dell'autorità non ha ragione di essere; e nessuno deve sentirsi autorizzato a diffondere questo modo di pensare, che ha poco a che fare con lo Spirito.
È evidente a tutti, specie ai rinnovati nello Spirito cultori della Parola di Dio, che la Comunità viene concepita e offerta da Dio stesso, ai propri figli, secondo un modello gerarchico.
Egli concepisce un popolo con delle guide - il gregge col proprio pastore - offrendosi come unico modello sia per le pecore che per i pastori.
D'altronde, anche al di là dell'ambito religioso, un gruppo che non abbia un organismo decisionale e di coordinamento, non sarà capace di mantenersi a lungo, né di progredire.
In coerenza con quanto abbiamo detto fin qui:
- il primo ruolo dell'autorità è quello di promuovere la manifestazione e l'ascolto dello Spirito nella Comunità;
- solo dopo verrà quello di discernere, coordinare e complementare i suoi suggerimenti.
Chi non crede nella presenza di Dio nella Comunità cercherà soltanto di controllare e di amministrare; chi invece crede che lo Spirito è vivo e che interviene, si preoccupa, anzitutto, di ascoltarlo personalmente e poi attraverso il confronto coi fratelli.
Per questo è importante che coloro che esercitano questo servizio siano i primi a mettersi in ascolto dello Spirito.
● Conseguenza di questo atteggiamento dovrebbe essere la preoccupazione di dare spazio all'espressione delle qualità e capacità di ciascuno. Solo così la ricchezza dei doni dello Spirito potrà essere messa a servizio di tutti.
Colui che presiede non deve vedersi come un domatore di leoni, ma come un fratello maggiore, che cerca di conoscere e di incoraggiare lo sviluppo di ogni membro della propria Comunità, orientandolo verso il progetto comune.
Significa riconoscere e rispettare gli altri ruoli e doni dello Spirito che esistono nella Comunità, creando fiducia e corresponsabilità nel servizio del bene comune e della missione. A chi presiede compete essere espressione del Signore risorto come Buon Pastore, che conosce le Sue pecorelle, si prende cura di loro, e offre per loro la propria vita (cfr. Gv 10); attraverso i diversi servizi ai fratelli, con gesti e parole di accoglienza, di attenzione, di cura, che attualizzano il gesto profetico della lavanda dei piedi (cfr. Gv 13), come rivelazione di uno stile di autorità che non è venuta per essere servita, ma per servire e dare la vita (cfr. Mc 10,45).
Il richiamo a Gesù servo e pastore, come modello dell'autorità, ci fa capire anche come sia importante, per l'edificazione della Comunità, non rinunciare al confronto e alla dialettica creativa dei differenti ruoli.
La Comunità ha bisogno del servizio di discernimento, di coordinamento, di orientamento e di decisione. E lo stesso Spirito che agisce nei profeti assiste anche, e in modo adeguato al loro ruolo, coloro che esercitano tali ministeri.
Il confronto di prospettive diverse nella Comunità non deve far paura.
Se ci lasciamo muovere dallo Spirito, il confronto sarà momento di rispetto, di scoperta, di chiarimento e discernimento, per trovare i cammini da seguire.
In questo processo, l'autorità profetica saprà ascoltare e promuovere il confronto ma anche discernere e decidere.
Se non lo facesse, priverebbe la Comunità di un servizio fondamentale per la vita fraterna e per la missione.
Deve farlo, certamente, nella ricerca onesta della volontà di Dio, con l'umiltà di chi riconosce i propri limiti e sa di poter sbagliare, ma deve farlo.
Solo così si può realizzare tra noi il Regno di Dio.
3. La testimonianza della comunione
Dicevamo che è importante il segno individuale di fede e di vita di ogni credente, ma lo è ugualmente la testimonianza della Comunità nel suo insieme, dato che il Vangelo non pretende di essere un cammino individuale di salvezza per arrivare al cielo, ma una proposta che implica anche la trasformazione della società e specialmente dei rapporti tra le persone.
Questo essere insieme in nome di Dio, nell'Amore, impegnati nella trasformazione del mondo, costituisce la grande testimonianza della vita nello Spirito.
San Luca faceva notare come la vita fraterna della prima Comunità, basata sull'ascolto della parola, la preghiera, lo spezzare del pane e la condivisione dei beni, costituiva un segno di credibilità che provocava l'adesione di nuovi credenti e dava autorità alla parola degli apostoli che annunciavano il Signore Gesù (cfr. At 2,42-47;4,32-36).
La Comunità è, in se stessa, annunzio del Vangelo per trasformare il mondo a partire dalla riconciliazione e dal comandamento nuovo dell'Amore.
La fratellanza all'interno della Comunità si trasforma in capacità di accoglienza verso coloro che si sentono attratti dalla curiosità o dalla ricerca di un mondo migliore.
Oltre ad essere annuncio, la Comunità diventa, allora, cammino, dove si impara a conoscere Cristo e a lasciarsi trasformare da Lui.
Per questo, la vitalità missionaria, la capacità di annuncio profetico, di una Comunità sarà sempre legata alla qualità della vita fraterna che essa vive: "Riconosceranno tutti che siete miei discepoli, se vi amate gli uni gli altri" (Gv 13,35) dice Gesù.
Secondo la presentazione di Gesù nella sinagoga di Nazareth, la prima testimonianza del Vangelo è il lieto annunzio ai poveri, la liberazione dei prigionieri, il dono della vista ai ciechi, lo scioglimento di ogni oppressione e la proclamazione della grazia e della bontà di Dio (cfr. Lc 4,16-28).
Possiamo dire, con gioia, che il Rinnovamento oggi dà testimonianza nel mondo, col suo impegno anche sociale, di questi segni dell'arrivo del Regno di Dio.
Essi parlano da sé e sono, per tante persone, gesti di solidarietà, di misericordia, di gratuità e di vita, che alimentano la speranza nella possibilità di un mondo nuovo.
Così è non solo a livello di progetti nazionali, ma anche a livello locale, per l'impegno dei singoli in innumerevoli realtà di servizio (come penso sia anche tra voi).
Parlando di testimonianza e di profezia, non vogliamo presentarci come "l'alternativa buona al mondo cattivo", ben coscienti delle difficoltà che noi stessi troviamo nella costruzione della fraternità, a livello dei nostri Gruppi e Comunità, e della fragilità in cui portiamo il tesoro che ci è stato affidato.
Quello che possiamo dire è che abbiamo sperimentato la possibilità di liberazione nel Vangelo di Gesù e che siamo disposti a prendere la nostra parte di peso per la trasformazione di questo mondo, con la forza dello Spirito.
In questo modo ci poniamo in sintonia coi profeti e con Gesù, che non si sono ritirati dal mondo per i problemi e i peccati, né lo hanno condannato, ma vi si sono posti in mezzo, prendendo su di sé il peso e il dramma della moltitudine.
Spesso, nella sofferenza e anche nella morte, hanno affermato la gioia della presenza di Dio nella loro vita, sorretti dalla speranza certa dell'azione dello Spirito nel mondo che ne sta operando la trasformazione, alla luce della nuova Gerusalemme.
Ed è questa certezza che ha dato loro la forza di donare la propria vita per Amore, realizzando, così, la vera profezia nel mondo.
4. L'idolo nascosto
Ma esistono, come già accennavo, delle evidenti povertà nelle Comunità dei credenti.
Penso si possa azzardare l'ipotesi che l’idolo numero uno di oggi non sia l’adulterio, la pornografia, l’alcol... ma una concupiscenza ancora più subdola: l’ambizione irrefrenabile.
Questo idolo sta distruggendo l'opera di Dio in tanti cuori.
Il nostro Papa l'ha denunciato di recente, parlando del carrierismo all'interno della Chiesa.
L’idolatria del successo, della carriera, ha sedotto molti nella casa di Dio.
Queste persone sono giuste, moralmente a posto, piene di buone opere, ma hanno innalzato l'idolo dell'ambizione nel loro cuore, e non riescono a liberarsene.
Questo spirito ha anche il segno del post-modernismo.
Uno dei princìpi del post-modernismo è che la Comunità deve conferirti scopo e valore.
Per dirla in parole povere, il successo e l'accettazione vengono misurati con gli standard del mondo; per cui anche i cristiani misurano quanto valgono in base alla loro carriera, ai loro possedimenti, al loro conto in banca.
Ora, questa teologia post-modernista influenza anche i responsabili oltre che il gregge.
Il bisogno di riconoscimento ('na cita carica anche per me...) che prende le persone in genere, tra i pastori diviene il bisogno di essere a capo di un grosso Gruppo (perché dà più prestigio e gratificazione); di passare dal coordinamento del gruppo locale al livello diocesano; dal diocesano al regionale e, se possibile, dal regionale al nazionale... In certi casi ci si butta nelle costruzioni o progetti ambiziosissimi... E si fa di tutto per raggiungere queste cose, anche a costo di denigrare i propri fratelli per prenderne il posto... Tutto questo non vi richiama lo stile del mondo?
Questa visione post-moderna non è altro che materialismo mascherato, arrivismo bieco, puro frutto della carne, della natura corrotta dell'uomo vecchio (altro che vita nuova nello Spirito) che ci consegna nelle grinfie del maligno, senza scampo.
Ma il Signore, è importante che ce lo ricordiamo, suscita sempre cuori puri che, anche se sono stati nutriti e cresciuti in mezzo a queste cose vecchie, a queste lotte interne laceranti, non vogliono più avervi niente a che fare. Rifiutano la corsa alla grandezza e alla notorietà. Al contrario, vogliono ritornare alla centralità di Cristo, alla ricerca di Dio, alla fame della verità.
● Questa è la cosa nuova che Dio compie da sempre in mezzo al suo popolo.
Come dice Isaia: “Non ricordate più le cose passate, non pensate più alle cose antiche! Ecco, faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?” (Is 43,18-19).
Proprio in questo momento, mentre la corruzione e gli scandali d'ogni genere scuotono la Chiesa di Dio, Dio sta bruciando la pula nella sua aia. E sta per compiere una cosa nuova.
Isaia prosegue dicendo: “Il Signore avanza come un prode, come un guerriero eccita il suo ardore; grida, lancia urla di guerra, si mostra forte contro i suoi nemici” (Is 42,13).
Perché Gesù tornerà con un grido così potente? E quale sarà il suo grido?
Lui griderà per la gelosia del suo popolo.
Ed ecco il suo grido di gelosia: “Per molto tempo, ho taciuto, ho fatto silenzio, mi sono contenuto; ora griderò come una partoriente, mi affannerò e sbufferò insieme” (Is 42,14).
Che significa? Significa che fino a questo momento, il Signore è stato in silenzio; ha trattenuto la sua rabbia mentre false dottrine, falsi profeti e lupi travestiti da agnello hanno fatto banchetto di moltitudini di persone nel corpo di Cristo. Mentre si continua a spacciare per opera dello Spirito la propria ambizione e il proprio bisogno di affermazione.
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Il Signore sta inaridendo tutte le risorse; sta seccando tutti i fiumi di soldi di certe realtà; svuota le mega Chiese sorte nel mondo, dove si svolgono shows spirituali, altro che culti a Dio (come avrete sentito anche voi...).
Prosegue Isaia:
“Renderò aridi monti e colli, farò seccare tutta la loro erba; trasformerò i fiumi in stagni e gli stagni farò inaridire" (Is 42,15).
Questa è la cosa nuova che Dio sta facendo nella sua Chiesa: distruggere e divorare ogni manifestazione della carne, ogni manifestazione egoista e materialista, per far sorgere figli secondo il suo cuore, servi fedeli che lo conoscono e lo amano.
E non dimentica quanti sono stati ingannati:
“Farò camminare i ciechi per vie che non conoscono - continua Isaia - li guiderò per sentieri sconosciuti; trasformerò davanti a loro le tenebre in luce, i luoghi aspri in pianura. Tali cose io ho fatto e non cesserò di farle” (Is 42,16). Questo deve darci pace nel cuore e spronarci all'impegno per fare del popolo di Dio un popolo santo, del proprio Gruppo e della Comunità una casa di preghiera dove lo Spirito agisce come Signore; per spingerci a rigettare gelosie e discordie e promuovere la condivisione e il discernimento comunitario; per farci desiderare di diventare sorgenti d'amore, tabernacoli viventi del Signore, servi zelanti di Dio e dei fratelli.
Ciò sia per tutti un monito e una preghiera e, speriamo, un'autentica profezia. Amen.