I quaderni della Comunità n° 4/2009

 

Comunità  S. Volto  di Gesù

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IL CORPO DI CRISTO

una realtà

(Watchman Nee)

 

Insegnamento di Padre Maurizio Napoli

 

 

Muzzano - Agosto 2009

 

 

Come Cristo Capo è una realtà, così la Chiesa Corpo è una realtà.

Per molti, però, il Corpo di Cristo è un termine vago, nebuloso e astratto. Non è una realtà vi­vente come viene presentata nelle Scritture.

È arrivato il tempo in cui tutti coloro che vogliono conoscere il Signore devono entrare in una nuova comprensione di ciò che è il Corpo di Cristo.

Esso è vita di cui viviamo un'esperienza giornaliera e di cui occorre avere consapevolezza, che si fonda sul rapporto tra i membri e il Capo ed è governata da leggi sue proprie.

 

C. 1

VITA E  CONSAPEVOLEZZA

 

a. Consapevolezza della vita di Dio.

Dopo che una persona ha accettato il Signore, quella persona non è solo salvata ma an­che ri­generata, cioè è nata da Dio a una vita nuova in Lui.

Come si fa a riconoscere la vita nuova? Nella consapevolezza di essa.

Cos'è la consapevolezza?

-   Sentirsi a disagio dopo il peccato è un aspetto, seppur in negativo, della consapevolezza. Ci  si accorge che si è creato un velo fra noi e Dio che spegne la gioia interiore, perché la vita di Dio odia il peccato. Se si avverte questo è segno che la vita di Dio è in noi.

-   Essa, allora, non è nebulosa o astratta ma concreta e sostanziosa e, in positivo, ci permette di conoscere personalmente Dio.

-   Quello che noi riceviamo, infatti, non è uno spirito di schiavitù ma di figli che ci porta natu­ralmente ad avvicinarci a Dio e a chiamarlo Abba, Padre (Gal 4,6).

Lo Spirito Santo testimonia al nostro spirito che siamo    figli di Dio (Rom 8,16) per cui anche la conoscenza di Dio come Padre è segno dell'intima consapevolezza di questa vita.

Alcuni hanno solo una conoscenza dottrinale di tale verità. Questi possono anche pregare ma, nella loro preghiera, non avvertono né la distanza che crea il peccato, né la gioia che dona la vi­cinanza del Signore.

Senza la consapevolezza di essere figli di Dio e che la vita di Dio è in noi, non è possibile co­gliere la sua vicinanza, o riconoscere di essere stati salvati, o di essere figli.

Ciò significa che, in realtà, la vita nuova non c'è ancora.

 

b. La consapevolezza del Corpo, un aspetto della consapevolezza della vita.

Tutti coloro che hanno esperienza della vita del Corpo di Cristo hanno anche consapevolezza del Corpo di Cristo. Se si avverte che esso non è solo un principio o un insegnamento si scopre anche che è una consapevolezza interiore. La vita non può essere simulata: se c'è non si ha bisogno di far finta che ci sia e se non c'è non si ha modo di far finta che ci sia.

 

c. L'insegnamento del Corpo e la sua realtà.

Nella realtà spirituale la conoscenza della dottrina senza consapevolezza non serve.

Se non si ha consapevolezza interiore che mentire è peccato, anche confessandosi non si rice­ve alcun aiuto. Chi ha la vita interiore e la consapevolezza di essa, mentendo si sente a disagio e questo significa che la vita nuova è in lui.

La presenza o l'assenza della consapevolezza rivela ciò che è in noi; ci permette di sapere se c'è o non c'è la vita di Cristo in noi. Un cristiano agisce non in base a dettami esteriori ma per ciò che sente dentro grazie alla luce divina interiore, che non può essere sostituita dalla formazione che è esterna. Chiediamo a Dio di darci questa consapevolezza di Lui, della sua vita in noi, del Corpo di Cristo, del peccato e di tutte le realtà spirituali, in abbondanza.

 

C. 2

CONSAPEVOLEZZA DEL CORPO DI CRISTO

 

a. Amare i fratelli.

“Noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita, perché amiamo i fratelli. Chi non ama ri­mane nella morte” (1Gv 3,14).

Tutti coloro che sono passati dalla morte alla vita si amano reciprocamente e tale amore fluisce spontaneamente dalla vita divina che è in loro.

Non è possibile fingere su questo punto perché se si tratta di amore umano, prima o poi, darà il suo frutto negativo. Solo Dio in noi può far nascere amore spontaneo e duraturo verso tutti.

 

b. Nessuna divisione.

Chi ha visto il Corpo di Cristo e ne è consapevole, si sente a disagio se fa qualcosa contro la comunione perché ama tutti e non può agire per dividere. Per un vero credente la comunione è naturale mentre è innaturale la divisione.

Per questo, ogni spirito settario, ogni atteggiamento che possa creare divisione, ogni pensiero o azione che separi i figli di Dio, dice che non si è ancora nella conoscenza del Corpo di Cristo.

Il Corpo di Cristo libera dal settarismo, dall'individualismo e dalla troppa attenzione al nostro io.

Spesso, purtroppo, si notano credenti in preda a questi disturbi. Vedi, ad esempio, chi ama essere in chiesa se non c'è nessuno o fa fatica a pregare con gli altri o, se lo fa, vuole che gli altri lo ascoltino e si rattrista se pensa che non lo facciano, mentre lui non ascolta nessuno. Non c'è partecipazione alla preghiera altrui, alla sofferenza o alla gioia che vi può essere espressa. Si partecipa quasi dando l'idea che lo scopo sia quello di dire ciò che ci preme e non di partecipare.

 

Questo è il principio dell'individualismo, non del Corpo di Cristo. È evidente che un tale indivi­duo non ha conosciuto il Corpo e perciò non può cooperare con gli altri.

Se una persona ha conosciuto il Corpo non può permettersi alcuna forma di individualismo e non può formare gruppi o piccoli circoli. Se noi, insieme ad altri, facciamo una mossa sbagliata, la consapevolezza del Corpo di Cristo ci farà rendere conto di essere separati dagli altri e ci impedirà di andare avanti.

Ci sarà qualcosa che ci parla, che ci trattiene, che non approva, che ci avvisa, che ci ostacola. Questo libera da ogni tentazione di divisione e anche dalle divisioni denominazionali.

 

c. Liberati dall'operare indipendentemente dagli altri.

Questa consapevolezza del Corpo ci rende chiaro che esso non può che essere uno, anche nelle finalità e nel lavoro spirituale. Tanti pensano di essere gli unici a potere fare certe cose bene. Tutto quello che fanno loro ha un valore spirituale e quello che non viene da loro no.

Se penso che tutto debba essere fatto da me non ho una giusta percezione del Corpo.

Infatti, appena comprendo che cosa sia il Corpo, comprendo anche che tutta la gloria e le bene­dizioni vanno a Dio e che il beneficio è per tutti. Chi ha visto il Corpo riconosce la funzione di tutte le membra e vede se stesso come uno fra tanti e non l'unico.

Non c'è differenza, in un Corpo unico, che un lavoro sia fatto da uno o da un altro; tutto va a glo­ria di Dio e le benedizioni sono per tutto il Corpo.

 

d. La necessità di avere comunione fraterna.

Vedendo il Corpo di Cristo si rende chiaro che è assurda qualsiasi azione indipendente ma, so­prattutto, si coglie l'importanza della comunione fraterna.

Nasce il desiderio di operare con gli altri nella consapevolezza della propria inadeguatezza:

-        So di essere inadeguato nella preghiera? Cerco due o tre fratelli per pregare.

-        Da solo non riesco ad affrontare alcune difficoltà? Allora cerco dei fratelli che l'affrontino con        me.

-        Non riesco da solo a comprendere la volontà di Dio per me? Allora chiedo aiuto ai fratelli.

-        Mi è difficile discernere il volere di Dio per il mio futuro? Chiedo a due o tre fratelli di avere        comunione con me per prendere una decisione.

-        Non riesco da solo a comprendere la Parola di Dio? Allora la studio con altri fratelli.

Quando faccio comunione riconosco la mia insufficienza e incompetenza e riconosco la neces­sità che ho del Corpo.

 

 

e. Impariamo a essere un membro.

In un corpo anche una singola cellula svolge la sua funzione; ma la Scrittura, parlando del Cor­po di Cristo, usa il termine membra e non cellula.

Purtroppo, la condizione di molti nella Chiesa è quella delle cellule, non delle membra. Sembra che esse non abbiano un ruolo specifico e che non lavorino a beneficio del Corpo.

In un incontro il loro apporto è nullo e non ci si accorge della loro assenza. A un tale individuo manca la consapevolezza del Corpo e questo non gli permette di svolgervi il suo ruolo. Non si rende conto che il Corpo soffre quando egli non aggiunge la sua vita a quella degli altri.

Non si può accettare la passività di un membro, che qualcuno non collabori a dare vita al Corpo di Cristo.

Solo chi ha in sé la vita può, anche solo con la sua presenza silenziosa, dare vita al Corpo sconfiggendo la morte.

In ogni incontro, anche non aprendo bocca, si può pregare e contemplare Dio, rifiutando di es­sere solo spettatori.

In molti incontri, purtroppo, non si manifesta la potenza di Dio perché sono pochi quelli che por­tano vita e non morte attorno a sé.

 

f. Sottomettersi all’autorità.

Chi è consapevole del Corpo è anche consapevole del suo Capo e che a Lui deve sottomissio­ne, sia direttamente che indirettamente.

Siamo consapevoli che ci sono situazioni in cui se non si è in accordo con i fratelli si è in contra­sto con Dio? Che ci sono fratelli che rappresentano l’autorità del Capo nel Corpo e che se si en­tra in contrasto con essi si è in contrasto con Dio?

Se realmente si avverte l’autorità del Capo si saprà riconoscere anche l’autorità dei suoi rappre­sentanti.

Come per i tumori che si sviluppano perché delle cellule non obbediscono più alle leggi del cor­po, così è di quei membri del Corpo di Cristo che agiscono da soli e con la loro insubordinazio­ne; e più crescono più causano danni e morte a tutto il corpo.

Se una persona non sa cosa sia l'autorità, come può dire di conoscere il Corpo di Cristo?

Chi conosce il Corpo riconosce l'autorità dei rappresentanti del Capo tra le sue membra.

 

C. 3

TENERSI STRETTI AL CAPO

 

a. Uno (Vivere in Cristo)

Poiché Cristo è il Capo della Chiesa e la Chiesa è il Corpo di Cristo, tutto il Corpo è compreso nel Capo e niente del Corpo può vivere al di fuori del Capo.

La Parola di Dio afferma che chi ha il Figlio di Dio ha la sua vita in lui (1Gv 5,12).

Un cristiano riceve vita da Gesù che è il Figlio di Dio perché Gesù è in lui. Senza di Lui non c'è vita.

Dio non ci ha dato solo una porzione di Cristo ma tutto Cristo a cui ci unisce intimamente. Perdendo comunicazione con Lui perdiamo vita. Ecco perché abbiamo bisogno di vivere in Lui e con Lui. Solo Cristo è il Capo e la sorgente della vita da cui dobbiamo dipendere.

 

b. Due (La sua volontà deve essere la nostra)

Se comprendiamo cos'è il Corpo di Cristo non possiamo evitare di accettare il controllo del Capo, perché il Corpo e le sue membra non possono muoversi per volontà propria ma solo per volontà del Capo.

La sua volontà dev'essere la nostra e non è consentito pensare diversamente da Lui.

Chi abitualmente dissente dalle opinioni espresse dalla Parola di Dio non ha in sé la vita divina e non è sottomesso al Capo del Corpo.

Noi seguiamo il Signore, il che vuol dire che è Lui che decide dove andare.

L'uomo, purtroppo, vuole la sua autonomia: mentre Cristo regna in cielo egli domina sulla terra.

Essere sottomessi a Cristo e cedere le armi completamente a Lui dovrebbe essere l'esperienza fondamentale di ogni Cristiano; come fu per Paolo che, da subito, riconobbe nella voce dall'alto, sulla via di Damasco, la voce del suo Signore (At 9,5).

 

c. Tre (Uniti a Cristo per essere uniti tra noi)

“Cerchiamo di crescere in ogni cosa verso di Lui, che è il Capo, Cristo, dal quale tutto il Corpo, ben compaginato e connesso, mediante la collaborazione di ogni giuntura, secondo l'energia propria di ogni membro, riceve forza per crescere in modo da edificare se stesso nella carità”

(Ef 4,15b-16).

Da questo testo impariamo che le membra del Corpo di Cristo si inseriscono alla perfezione l'u­na nell'altra e sono legate insieme perché tutte si tengono strette al Capo ed esprimono la vita del Corpo.

Tutti i problemi con i nostri fratelli si risolvono facilmente se siamo sottomessi al Signore. Se non abbiamo controversie con Lui non le avremo neanche con i fratelli.

Siamo nati come cristiani in Cristo e il modo per continuare a vivere è rimanere in Cristo.

Se la comunione si basa sulle persone e non su Cristo si avrà un risultato nella carne, come fu per Assalonne che riuscì per questo a separare il popolo da Davide (2Sam 15,1-7).

 

 

d. Quattro (Condizioni per l'unione a Cristo)

Quali sono le condizioni per tenersi stretti al Capo?

Permettere che la Croce abbia una vittoria profonda sulla nostra carne e sulla nostra vita natu­rale e imparare a camminare secondo lo Spirito.

Alcuni sono così intimi e così attratti naturalmente gli uni verso gli altri che rischiano di formare un gruppo settario. Se, però, riescono a mantenersi stretti al Signore il loro cuore rimarrà aper­to. I fratelli devono amarsi gli uni gli altri di un amore reciproco ma aperto a tutti i membri del Cor­po, non limitato a un piccolo gruppo.

 

C. 4

IL SERVIZIO DEL MEMBRO

 

a. Uno (Il carattere individualista)

L'atteggiamento di chi vuole mantenere la sua indipendenza, con azioni indipendenti, come se si fosse gli unici al mondo, è il segno di un carattere individualista.

Questo comportamento impedisce di entrare nella realtà del Corpo di Cristo, perché ne è l'anti­tesi. Per entrare nella realtà del Corpo dobbiamo essere liberati dall'individualismo.

È molto importante, per arrivare alla liberazione, vedere se stessi non solo come credenti ma anche come membra, cioè come parti del Corpo, perché se prima molte cose venivano concen­trate su di noi ora, conosciuto il Corpo, si deve uscire naturalmente da se stessi aprendosi al mondo esterno.

Se è vero che è necessario prima riconoscere Cristo per essere salvati, è vero anche che oc­corre riconoscere prima il Corpo per essere liberati dall'individualismo e divenire, a tutti gli effet­ti, membra del Corpo.

Ed è solo mettendo a morte l'uomo naturale che è possibile riconoscersi come membra.

A queste condizioni sarà possibile anche essere messi all'ultimo posto senza problemi perché, se si conosce il Corpo di Cristo, non si è più orgogliosi o gelosi.

 

b. Due (la specificità del servizio)

Ogni membro ha la sua parte da svolgere nel servizio al Corpo, con caratteristiche specifiche che lo distinguono dagli altri, in quanto la conoscenza di Cristo è specifica e particolare per ognuno, e porta a imparare cose diverse da altri; ed è con questa conoscenza che si serve in modo specifico. Come nel corpo umano ogni membro ha la sua funzione che compete solo ad esso, così nel Corpo di Cristo: ogni membro ha la sua abilità specifica che solo lui può mettere a servizio. Se un membro, ad esempio, riesce a penetrare le cose spirituali, diventa occhio del Corpo e tutti possono vedere attraverso di lui.

 

La conoscenza di Cristo a cui ci si riferisce, deriva dall'esperienza di vita e non dalla dottrina o dall'insegnamento, perché chi ascolta un insegnamento può non averne alcun giovamento per la propria vita spirituale.

Le persone non vengono aiutate perché ascoltano un insegnamento, che può suscitare solo pensieri nella mente, vengono aiutate dalla dottrina che si dimostra con la vita.

Dio prima dà la vita, l'esperienza, poi la dottrina. Non c'è niente che possa essere utile per il Corpo di Cristo che non venga da Cristo e dalla sua vita in noi. Colui che non ha la vita porta morte in un gruppo. Chi ha la vita, invece, porta vita, anche se non parla. Nella misura in cui si porta vita agli altri si può essere sicuri di conoscere Cristo.

Non esiste sconfitta personale che non abbia ripercussioni sul Corpo di Cristo. Se un membro, ad esempio, prega poco il Corpo ne riceverà sofferenza.

Per questo, non dobbiamo vivere per noi stessi ma tenerci stretti al Capo e al Corpo cercando comunione e donando con generosità o ai fratelli tutto che si è ricevuto.

 

C. 5

FUNZIONE  E ARMONIA DEI MEMBRI

 

a. La funzione del membro

Se non si riesce a manifestare una propria funzione nella Chiesa, si può anche credere di esse­re stati liberati e di vivere per il Signore ma ci si inganna.

Ognuno ha il suo compito, pur piccolo, nella Chiesa e non può essere sostituito da altri; per questo occorre operare ed essere felici nel farlo.

La vita è unica per tutti ma si esprime in modo diverso e unico per ognuno. Quando la vita di Dio fluisce nel membro orecchio c'è l'ascolto; quando fluisce nell'occhio c'è la visione; quando fluisce verso i piedi c'è il cammino; quando fluisce verso la bocca c'è la parola. La vita è unica ma le funzioni sono molte e tutte derivano dall'unica vita.

Ciò che fluisce in me o in te è la stessa vita di Cristo ma dà il via a funzioni diverse.

 

b. l'opera di disintegrazione di satana.

Ecco perché Dio non opera mediante un uomo solo ma con tutta la Chiesa. E questo è il motivo per cui satana cerca di disgregare il Corpo di Cristo. Quando sorge il sospetto fra fratelli, facilmente si creano incomprensioni e si può essere certi che è satana che sta operando.

Quando si critica o si mormora contro un fratello, è satana che sta creando spaccature. Egli induce i figli di Dio a dividersi usando la loro carne corrotta, il loro io testardo e il mondo verso il quale sono attratti.

Il vero problema non è che la carne non sia sconfitta o che si viva secondo il mondo ma che sa­tana userà queste debolezze per separare e dividere.

Se permettiamo a questi elementi di rimanere in noi diamo spazio al nemico per distruggerci e distruggere il Corpo di Cristo. L'unità si raggiunge quando Dio ha una posizione assoluta in noi e negli altri e ci riempie. Allora satana non ha più potere. A lui è sufficiente immettere in noi qualche piccola impurità, qualsiasi cosa che prenda il posto di Dio, per ottenere il suo scopo. Come per il cemento che non si amalgamerà se insieme alla sabbia si mescola dell’argilla, così per satana è sufficiente spargere un po’ di fango, una qualunque cosa incompatibile con la vita di Dio in noi, per disintegrare il Corpo di Cristo.

Si continua a pregare insieme, a nutrirsi di Cristo ma il fango sparso semina la divisione.

Abbiamo, allora, un’unica necessità: volgerci interiormente verso Dio e permettergli di purificarci con la Croce e lo Spirito Santo.

 

C. 6

UBBIDIENZA ALLA LEGGE DEL CORPO DI CRISTO

 

  1. L’autorità della vita.

Se vogliamo vivere la vita del Corpo di Cristo, dobbiamo prima riceverne la rivelazione. Senza tale rivelazione non si smetterà di vivere da individualisti.

Se si è compreso realmente cosa sia il Corpo, non si fa fatica a riconoscere che ha delle leggi secondo cui si deve vivere in esso. Come chi ha conosciuto Cristo non pensa di essere salvato per le proprie opere, chi ha cono­sciuto il Corpo di Cristo agisce in esso e unito al suo Capo, vivendo la comunione e la sottomis­sione.

Nella Chiesa si deve imparare a vivere sottomessi gli uni agli altri.

Senza questa vicendevole sottomissione non si potrà manifestare la vita di cui si parla in Roma­ni 8; anzi, ci si sentirà mancare l'aria e quasi impediti ad andare avanti.

In Atti 8 si narra l'episodio di Filippo che evangelizza la Samaria.

Ebbe un buon successo ma lo Spirito non scese sui samaritani. Solo quando gli Apostoli imposero loro le mani lo Spirito scese. Cosa significa questo?

Nell'Antico Testamento, imporre le mani era segno di unione. Il levita faceva imporre le mani sull'animale offerto in sacrificio perché l'imposizione unisse la persona con l'animale, e sacrifi­carlo era come sacrificare l'offerente stesso.

 

Anche il Nuovo Testamento ne parla in questi termini. In 1Tim 5,22 si legge:

“Non aver fretta di imporre le mani ad alcuno, per non farti complice dei peccati altrui. Conser­vati puro!”.

Questo perché, simboleggiando l'unione, l'imposizione delle mani porta al rischio di essere resi partecipi dei peccati altrui. L'imposizione delle mani significa unione e unione significa comunione.

Gli Apostoli, imponendo le mani sugli uomini di Samaria, li riconobbero come facenti parte del Corpo e non appena entrarono nel Corpo lo Spirito Santo discese su di loro.

Per questo l'episodio di Samaria è importante, perché i Samaritani compresero che, se non si fossero sottomessi all'unico Corpo di Cristo, non ci sarebbe stata nessuna unzione. Con l'imposizione delle mani un credente dà testimonianza di essere stato liberato dall'individualismo e di essere diventato membro del Corpo di Cristo, andando ad occupare il posto che gli compete.

 

b. Impartire i doni mediante l'imposizione delle mani

“Per questo motivo ti ricordo di ravvivare il dono di Dio che è in te per l'imposizione delle mie mani” (2Tim 1,6).

Ciò che si vuole dire è che il dono ricevuto con l'imposizione delle mani deve essere ravvivato e rafforzato.

Dopo l'imposizione delle mani si diviene parte del Corpo.

Di conseguenza, non si ricerca la spi­ritualità per un puro tornaconto personale, ma per il bene del corpo. Da quel momento non si sarà nemmeno più gelosi degli altri se vengono usati da Dio al posto nostro.

Quanti, purtroppo, agiscono per il proprio tornaconto personale...

 

c. Pregare per l'unzione.

“Chi è malato, chiami a sé i presbiteri della Chiesa e preghino su di lui, dopo averlo unto con olio, nel nome del Signore” (Gc 5,14).

“Perché chi mangia e beve senza riconoscere il Corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna. È per questo che tra voi ci sono molti ammalati e infermi, e un buon numero sono morti” (1Cor 11,29-30).

Ci sono molte ragioni per la malattia: alcune sono fisiologiche ma altre sono dovute alla viola­zione della legge del Corpo di Cristo. Se un credente non segue le leggi del Corpo sarà sogget­to a debolezza e a malattia.

Perché il malato deve chiamare gli anziani per ungerlo con olio? Giacomo ha dato la medicina prescritta da Dio per la perdita dell'unzione. Se fosse rimasto nel Corpo non avrebbe perso l'un­zione e non ci sarebbe stata malattia.

In questo caso l'anziano ungendo con olio riporta la persona sotto il Capo e il Corpo.

Vivendo nel Corpo non si perde l'unzione e si evitano la malattia e la morte.

 

d. La rivelazione che Paolo ricevette quando si convertì.

“Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?. Rispose: Chi sei, o Signore? E la voce: Io sono Gesù, che tu perseguiti!”

 (At 9,4-5).

Alla sua conversione Paolo ricevette una prima e importante rivelazione da Cristo e cioè che Egli e i membri della Chiesa sono una cosa sola. Paolo fu il primo a vedere il Corpo di Cristo in modo così chiaro, comprendendo che nessuno può toccarne un membro senza toccare anche il Capo. Ogni peccato contro un fratello è un peccato contro Cristo. Colui che è ferito è il membro ma chi sente la ferita è Cristo. E l'intelligenza del grande Apostolo si aprì al Signore; non da se stessa ma con l'aiuto di un fra­tello sconosciuto che gli impose le mani dicendogli:

“Saulo, fratello mio, mi ha mandato a te il Signore Gesù, che ti è apparso sulla via per la quale venivi, perché tu riacquisti la vista e sia colmo di Spirito Santo” (At 9,17).

Questo fu necessario per far vedere a Paolo il Corpo e per essere riempito di Spirito Santo e della sua unzione, per riconoscere i propri errori e entrare nella comunione.

Il credente che sa di essere parte del Corpo è colui che vigila sui propri errori e non agisce indi­pendentemente.

 

e. Il giudizio dei fratelli.

“Se il tuo fratello commette una colpa, va' e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; se non ti ascolterà, prendi con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni” (Mt 18,15-16).

Ciò che si afferma qui è che si ha torto se due o tre fratelli dicono così. Con Cristo in mezzo a loro i credenti rappresentano il Corpo; per questo se essi vedono ciò che dicono è importante credere loro più che a se stessi.

Questo non vuol dire che uno debba ascoltare ciecamente le parole che dicono gli altri. Solo se le persone che parlano sono nella vita divina possiamo considerare il loro giudizio più valido del nostro.

 

C. 7

COPERTURA, VINCOLI E PROVIGIONI DEL CORPO DI CRISTO

 

Analizzeremo ora tre problemi che si riferiscono al Corpo di Cristo.

 

a. La copertura del Corpo.

Il Corpo di Cristo non solo nutre ma protegge anche le sue membra. Ciò è molto evidente sopratutto nelle battaglie spirituali e ha una grande importanza.

Uno dei motivi per cui un figlio di Dio è attaccato dal diavolo è l'individualismo che impedisce la protezione del Corpo.

È sciocco e pericoloso per tutti esporsi nella battaglia senza copertura perché satana ha l'op­portunità di attaccare.

La lettera agli Efesini parla del Corpo di Cristo:

- Nel I cap. Paolo ci fa vedere come Dio sia il Capo della Chiesa e come la Chiesa sia il Corpo di Cristo. La presenza di Cristo è la ricchezza incommensurabile della Chiesa.

- Nel II cap. si parla dell'origine del Corpo di Cristo.

- Nel III cap. si tratta del mistero di Dio e di come Giudei e Gentili formino l'unico uomo nuovo   in Cristo.

- Nel IV cap. si rivela come Dio edifica il Corpo di Cristo e lo fa crescere gradatamente.

- Nel V cap. si evidenzia la necessità che ogni credente accetti le limitazioni del Corpo.

- Nel VI cap. si  parla dell'armatura  Spirituale.  E  al v. 11 si

afferma:

“Rivestitevi dell'armatura di Dio, per poter resistere alle insidie del diavolo”.

Il plurale fa capire che tutti devono indossare questa speciale armatura perché il Corpo sia pronto alla battaglia.

Satana non teme la preghiera personale ma teme la preghiera comunitaria, dove tutti i doni vengono messi in atto: La fede speciale di alcuni è scudo efficace; il dono della Parola rivelata di altri è spada dello Spirito; ecc...

Dobbiamo renderci conto che la battaglia spirituale è corporativa; non va affrontata da soli, per­ché altrimenti si attira l'attenzione del nemico su di sé, divenendone l'oggetto degli assalti. Satana attacca specialmente i solitari e gli indipendenti, mentre chiunque è sotto la protezione del Corpo di Cristo è al sicuro.

 

Agire da soli è una trappola. La battaglia spirituale non è personale ma dell'intero corpo; occor­re, pertanto, cercare i fratelli. Ma come si può essere disposti a cercarli se la propria vita naturale predomina ancora, impedendo di confidare in Dio e nei fratelli?

Nelle guerre terrene, senza copertura si va contro ogni regola di buona strategia, rischiando la morte. Questo vale anche nelle battaglie spirituali e se, a volte, evitiamo spiacevoli conseguenze per le nostre azioni solitarie, è solo per la misericordia divina che ci custodisce e non perché stiamo usando una buona strategia.

 

b. I vincoli del Corpo.

Ogni credente è parte del Corpo di Cristo e per questo deve accettare la limitazione della pro­pria libertà personale. Ciò è necessario per essere uno con gli altri fratelli. Solo la Croce è in grado di far morire il nostro io naturale, orgoglioso e indipendente. I vincoli del Corpo rendono impossibile agire per conto proprio e aiutano l'azione della Croce perché penetri profondamente nella nostra vita.

Senza di essi è impossibile essere uniti ai fratelli.

Alcuni sono molto individualisti, altri si offendono facilmente... Queste cose devono essere spazzate via. Tutto ciò che è sporgente, acuminato, tagliente deve essere rigettato. Deve prevalere in noi la guida dello Spirito, agendo secondo il grado di abilità concesso da Dio. Rimanendo nella limitazione che questo comporta non peccheremo di orgoglio o di omissione. San Paolo ci dice a riguardo:

“Noi invece non ci vanteremo oltre misura, ma secondo la norma della misura che Dio ci ha as­segnato, sì da poter arrivare fino a voi; né ci innalziamo in maniera indebita, come se non fossi­mo arrivati fino a voi, perché fino a voi siamo giunti col vangelo di Cristo. Né ci vantiamo indebitamente di fatiche altrui, ma abbiamo la speranza, col crescere della vostra fede, di crescere ancora nella vostra considerazione, secondo la nostra misura, per evangelizzare le regioni più lontane della vostra, senza vantarci alla maniera degli altri delle cose già fatte da altri”

 (2Cor 10,13-16).

Se tutte le membra del Corpo si atterranno a questa regola e non si avventureranno in cose troppo grandi e troppo alte per loro, tutti riusciranno ad operare nell'ambito che gli compete, per­mettendo che il Corpo manifesti le funzioni di ogni membro. Se non è così avremo chi monopolizza tutto e chi si mette da parte, e la Chiesa ne soffrirà.

 

c. Le provvigioni del Corpo.

La comunione del Corpo significa non solo ricevere ma anche dare. Se si pensa di ricevere sol­tanto, si diventa un peso per il Corpo, un impedimento e un disturbo.

Chi agisce in questo modo di certo non porta vita agli incontri cui partecipa.

Lo stesso vale per chi è tentato di ritirarsi e di isolarsi, col pretesto di vivere una spiritualità più alta. Questo non porta a una vera crescita spirituale e presto produrrà frutti di morte, perché la vita deve fluire da noi in continuazione, non essere tenuta in se stessi.

Inoltre, nell'opera spirituale non c'è pensionamento. Ogni credente deve condividere la vita rice­vuta con i fratelli fino alla fine. Vivere in modo indipendente o secondo la propria vita naturale, dopo aver ricevuto la vita divi­na, darà solo un senso di vuoto, di aridità, di inadeguatezza.

Per chi è stato toccato dalla grazia di Dio, invece, vivere nel e per il Corpo di Cristo dovrebbe essere naturale.

E questo può venire solo dall'esperienza del Corpo e non dalla dottrina.

Allora, occorre entrare nella realtà del Corpo di Cristo per poterne vivere la vita.

Non basta la comprensione dottrinale.

 

C. 8     TRE PRINCIPI CARDINE DELLA VITA

DEL CORPO DI CRISTO

 

 

Infine, ecco i tre principi cardine indispensabili per vivere la nostra vita nel Corpo di Cristo.

 

a. Il mio rapporto con il Capo: sottomissione.

È la sottomissione all'autorità del Capo il primo dei principi per vivere nel Corpo.

L'esistenza stessa del Corpo, con le sue varie funzioni e attività, dipende dall'autorità.

Quando l'autorità perde terreno in noi, il Corpo viene immediatamente paralizzato. Il membro di­subbidiente sperimenta la paralisi.

È impensabile rifiutare l'autorità e continuare a ricevere vita.

Se in noi non c'è stata ancora la vittoria della Croce e non siamo diventati obbedienti, allora ciò che sappiamo sul Corpo è dottrinale non viene dall'esperienza di vita.

Ogni giorno dovremmo ricercare l'ubbidienza nelle situazioni in cui sia possibile crescere in que­sto campo.

 

b. Il mio rapporto con il Corpo: comunione.

Tra i figli di Dio la comunione non è solo un fatto ma anche una necessità. La vita del Corpo di Cristo appoggia sulla comunione perché senza di essa il Corpo muore. La comunione è ricevere aiuto dalle altre membra perché solo in essa si può ricevere e fare proprie tutte le funzioni delle altre membra. Coloro che conoscono Dio non sanno fare a meno degli altri perché sanno riconoscere di esse­re limitati e insufficienti e, con gioia, ricevono ciò che gli altri hanno, come se fosse loro.

La nostra condizione è di estrema debolezza ma Dio, per mezzo del mutuo soccorso del Corpo di Cristo, ci fa camminare, magari grazie alle preghiere di qualcuno che fa fluire la vita in noi.

 

c. La mia posizione come membro: servizio.

Dobbiamo pregare per gli altri e Dio userà la nostra preghiera per dare vita alle altre membra e quando avremo bisogno noi, la vita fluirà anche per noi.

“Se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme; e se un membro è onorato, tutte le membra gioiscono con lui” (1Cor 12,26).

Questo è possibile per il rapporto che esiste tra le varie membra del Corpo di Cristo.

Paolo afferma:

“Sono lieto delle sofferenze che sopporto per voi e completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo Corpo che è la Chiesa” (Col 1,24).

Essendo parte di un unico Corpo possiamo supplire a ciò che manca alle altre membra.

Qui non si tratta tanto si soffrire o gioire ma che alcuni sono in grado di fornire vita alla Chiesa e altri di riceverla. Importante è fare in modo che la vita fluisca nelle due direzioni. Mediante la comunione col Corpo riceviamo nutrimento per potere donare vita.

Tutti i figli di Dio sono membri gli uni degli altri. Consapevoli di questa verità, dovremmo ricevere con gioia aiuto dagli altri e cercare di dare aiuto a nostra volta.

 

SU QUESTA PIETRA EDIFICHERÒ

 LA MIA CHIESA

 

Col desiderio di dare ancora un po' di spazio alla riflessione spirituale, oltre che alle nozioni di teologia, prendiamo un versetto di Matteo che riporta alcune espressioni di Gesù riguardanti la Chiesa e cerchiamo di trarne qualche spunto per la nostra vita.

 

“E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa” (Mt 16,18).

 

Ci sono cinque cose in queste parole che devono richiamare la nostra attenzione:

-  L'edificio: “la mia chiesa”.

-  Il costruttore: Cristo che dice, “edificherò”.

-  Il fondamento: “su questa pietra”.

-  I pericoli: “le porte degli inferi”.

-  La sicurezza: “non prevarranno contro di essa”.

 

Vediamoli uno alla volta.

 

1. L'edificio

Abbiamo, per primo, l'edificio nominato nel brano. Il Signor Gesù Cristo dice: “la mia Chiesa”.

La Chiesa di cui parla Cristo non è un edificio fisico. Non è un tempio fatto di legno, di mattoni o pietra o marmo. Non è nessuna Chiesa visibile sulla terra. Non è né la Chiesa orientale né la chiesa occidentale. Non è né la Chiesa dell’Inghilterra né la Chiesa di Roma. La Chiesa, di cui è scritto in questo brano, è quella che appare molto meno agli occhi degli uomini ma ha molta più importanza agli occhi di Dio: è un gruppo di uomini e donne che si sono pentiti del peccato, e che hanno scelto Cristo e sono diventati nuove creature in Lui. Che sono nati di nuovo e sono stati santificati dallo Spirito di Cristo. Comprende, cioè, tutti gli eletti di Dio che hanno ricevuto la sua grazia, che sono stati lavati nel sangue di Cristo e che sono rivestiti dalla sua giustizia.

Tutti questi, d'ogni nome e classe, nazione, popolo e lingua, formano la Chiesa di Cristo, il Cor­po mistico di Cristo, la sua Sposa, il suo gregge.

Questa è quella Chiesa, cui tutte le chiese delle diverse denominazioni appartengono.

Fuori di questa Chiesa, edificata sulla pietra, non ci può essere salvezza.

 

2. Il costruttore

Nel brano non è scritto solo di un edificio, ma di un Costruttore. Il Signor Gesù Cristo dichiara: “edificherò la mia Chiesa”.

La vera Chiesa di Cristo è custodita con amore da tutte e tre le persone della santissima Trinità.

Nel piano di salvezza rivelato nella Bibbia, senza dubbio, è Dio Padre che sceglie chi vuole, Dio

Figlio che ne opera la redenzione, Dio Spirito Santo che li santifica come membri del Corpo mi­stico di Cristo. Il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo cooperano per la salvezza di ogni persona.

Ma in questo testo si rileva il compito particolare di Gesù Cristo, redentore e salvatore, che “edi­fica” la chiesa. E attingendo ad altre fonti, possiamo aggiungere che:

- È Lui che chiama: “chiamati da Gesù Cristo” (Rm 1,6).

- È Lui che vivifica: “Il Figlio dà la vita a chi vuole”

  (Gv 5,21).

- È Lui  che lava  dai peccati:  “Ci ama e ci ha   liberati  dai 

   nostri peccati con il suo sangue” (Ap 1,5).

- È Lui  che  dà  la pace:  “Vi lascio  la pace;  vi  do  la  mia

    pace” (Gv 14,27).

- È Lui che dona la vita eterna: “Io do loro la vita eterna e

   non andranno mai perdute” (Gv 10,28).

- È   Lui  che  dona  conversione  e  perdono:    “Dio  lo  ha

   innalzato con la sua destra  facendolo  Capo  e Salvatore, 

   per   dare   a   Israele   la  grazia  della  conversione  e  il

   perdono dei peccati” (Atti 5,31).

- È Lui che fa diventare figli di Dio: “A quanti però l'hanno

   accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio”

   (Gv 1,12).

- È Lui  che continua l’opera una volta iniziata:  “Colui che

   ha   iniziato   in  voi   quest'opera   buona,   la porterà   a

   compimento” (Fil 1,6)

In poche parole possiamo affermare, con Ebrei, che Gesù è “autore e perfezionatore della fede” (Eb 12,2). Lui è tutto in tutti i credenti. 

 

Il grande agente per mezzo del quale il Signor Gesù Cristo compie quest’opera nei membri del­la sua Chiesa è, senza dubbio, lo Spirito Santo che sempre rinnova, risveglia, convince, guida alla croce, trasforma, ritira dal mondo pietra dopo pietra per aggiungerla all’edificio mistico.

Ma il costruttore impegnato per eseguire l’opera della redenzione e portarla alla fine, è il Figlio di Dio, la parola fatta carne.  È Gesù Cristo che costruisce la vera Chiesa, e lo fa usando degli strumenti subordinati: 

I ministri del vangelo, quanti collaborano alla diffusione delle Scritture, ma anche chi testimonia con la vita e le opere o, più personalmente, con le afflizioni della vita... Tutti modi e metodi per cui l'opera di Cristo va avanti, e lo Spirito porta vita alle anime. 

Cristo è il vero artefice, che ordina, guida e dirige tutto. Come afferma Paolo: “Io ho pianta­to, Apollo ha irrigato, ma è Dio che ha fatto crescere” (1Cor 3,6). 

Noi possiamo predicare o scrivere o fare qualsiasi cosa, ma solo il Signore Gesù Cristo può edi­ficare. Se non è Lui a farlo non avviene nulla.

 

Grazie a Lui tutto è fatto al momento giusto e nel modo giusto. Ogni pietra viene messa al suo posto, scegliendo a volte delle grandi pietre e a volte pietre piccole. A volte il lavoro va avanti velocemente e a volte lentamente. 

Noi spesso siamo impazienti e pensiamo che non succeda nulla. Ma i nostri tempi non sono quelli di Dio. Mille anni, ai suoi occhi, sono come il giorno di ieri che è passato (cfr Sal 89,4)

Gesù non sbaglia, sa quello che fa. Vede la fine dall’inizio. Opera per un piano perfetto in ogni particolare, immutabile e eterno, con grande condiscendenza e misericordia. 

Spesso sceglie le pietre meno probabili e più ruvide e le inserisce in qualcosa di incredibile. 

O prende quelli più spensierati o gli empi più empi e li trasforma in angoli scintillanti del suo tempio.

Non rigetta nessuno per i peccati passati o le trasgressioni passate

Gioisce a dimostrare la sua infinita misericordia. Agisce con grandezza è potenza nella costruzione della sua Chiesa! 

Va avanti con la sua opera nonostante l’opposizione del mondo, della nostra carne e del diavo­lo, affermando per bocca del profeta: “Chi può cambiare quanto io faccio?” (Is 43,13).

 

I figli di questo mondo si interessano poco o niente alla costruzione di questa Chiesa. 

Non importa loro delle cose spirituali o degli uomini spirituali che, spesso, disprezzano come poveretti. Gli uomini di stato, i governanti, gli imperatori, i re, i presidenti, i capi di stato che sono i potenti di questo mondo, hanno i loro programmi e progetti e pensano che abbiano gran­de in­fluenza. Ma, in realtà, noi sappiamo che c’è un’altra opera in atto per la quale anche i pro­getti contorti dei potenti della terra finiscono per essere strumenti inconsapevoli.

Se quest'opera dipendesse dall’uomo, si fermerebbe subito; ma è nelle mani di Cristo, che è un costruttore che non manca mai di realizzare i suoi disegni.

Egli porterà avanti la sua opera, anche se le nazioni e le Chiese visibili non faranno il loro dove­re. Cristo non fallirà mai. Quello che ha iniziato lo porterà a compimento. (cfr Fil 1,6)

 

3. Il fondamento

Il terzo punto riguarda il fondamento su cui questa Chiesa è costruita. Il Signore afferma: “Su questa pietra edificherò la mia Chiesa”.

Cosa intendeva il Signore Gesù Cristo quando indicò questo fondamento? Intendeva solo l’apo­stolo Pietro a cui stava parlando?

Credo di no; se avesse voluto riferirsi solo a Pietro, avrebbe detto senz’altro, “Edificherò la mia Chiesa su di te”, chiaramente come disse: “A te darò le chiavi dei cieli” (Mt 16,19). No, il riferimento non era esclusivamente alla persona dell’apostolo Pietro, ma alla professione che l’apostolo aveva appena fatta; la grande verità che il Padre aveva rive­lata a Pietro: che, cioè, Gesù è il Salvatore promesso, la vera sicurezza, il vero intercessore tra Dio e gli uomini, la pietra angolare su cui la Chiesa sarebbe stata costruita, come afferma Paolo: “Edificati sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti, e avendo come pietra angolare lo stes­so Cristo Gesù”(Ef 2,20).

 

Questo fondamento della vera Chiesa fu posato a prezzo del sangue di Cristo. Bisognava che Egli prendesse la nostra natura su di sé e che in quella natura vivesse, soffrisse e morisse, non per i suoi peccati ma per i nostri. Bisognava che in quella natura Cristo andasse alla tomba e ri­suscitasse. Bisognava che in quella natura Cristo andasse in cielo per sedersi alla destra di Dio, avendo ottenuto la redenzione eterna per tutto il suo popolo. Nessun altro fondamento avrebbe potuto rispondere alle necessità dei peccatori perduti, colpevoli, corrotti, deboli e senza aiuto.

 

Solo quel fondamento può sopportare il peso di tutti i peccati del mondo: i peccati di pensiero e del cuore; i peccati visti da tutti e quelli sconosciuti; i peccati contro Dio e contro l’uomo; i pec­cati di tutti i tipi e di tutti i generi. Solo una pietra non di questo mondo può sopportare un peso simile senza cedere.  Ogni membro della vera Chiesa di Cristo dev'essere legato a quest’unico fondamento. 

Pietro vi rimase saldamente legato e divenne pietra per l'edificazione della Chiesa.

Ed è lui che afferma nella sua prima lettera: “Anche voi venite impiegati come pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale, per un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, per mezzo di Gesù Cristo” (1Pt 2,5).

Dobbiamo capire qual è il nostro fondamento se vogliamo sapere se apparteniamo all’unica vera Chiesa.

È possibile lodare pubblicamente, pregare in un gruppo, partecipare ogni giorno all'Eucarestia ma non essere fondati sulla pietra, legati a Cristo, uniti a Cristo e Cristo a noi. E senza questo fondamento, in noi non può essere edificata la Chiesa. Non possiamo essere tempio di Dio.

Non si danno costruzioni nominali, di pura facciata, nel Regno di Dio. Verrà il giorno in cui sarà fatta verità.

 

4. I pericoli

Il quarto punto riguarda i pericoli a cui la Chiesa va incontro. Gesù parla di: “porte degli inferi”. 

Da quest’espressione dovremmo comprendere la potenza del maligno. La storia della vera Chiesa di Cristo è sempre stata piena di conflitti e guerre.

È sempre stata attaccata da un nemico mortale, satana, il principe di questo mondo. 

Il diavolo odia la vera Chiesa di Cristo con un odio eterno. Fomenta l’opposizione contro tutti i suoi membri. Incoraggia i figli di questo mondo a fare la sua volontà e a ferire e tormentare il popolo di Dio. Se non può ferire la testa, può ferire il calcagno. Se non può rubargli il cielo può tormentarlo lungo il cammino.

Il suo conflitto è perpetuo e la sua battaglia non finisce mai.

La guerra con i principati e le potestà è l’esperienza di ogni singolo membro della vera chiesa.

Ognuno deve combattere. Quali sono i santi che non hanno dovuto combattere nella loro vita?

Uomini come Paolo, Giacomo, Pietro, Crisostomo, Agostino, Francesco, Giovanni Bosco, Pio da Pietrelcina, Teresa di Calcutta, …, sono stati soldati coinvolti in una guerra continua.  A volte erano attaccati dal maligno i loro corpi, a volte le loro persone con calunnie e maldicen­ze. In un modo o in un altro il diavolo ha sempre combattuto la Chiesa nei suoi membri. Le “por­te degli inferi” hanno sempre assalito il popolo di Cristo.

Chi predica il vangelo può offrire a tutti quelli che vanno a Cristo “i beni grandissimi e preziosi che erano stati promessi, perché - diventino - per loro mezzo partecipi della natura divina” (2Pt 1,4).

Può offrire con coraggio, nel nome del Signore, “la pace di Dio che sorpassa ogni intelligenza”  (Fil 4,7). Ma non può promettere la pace con il mondo perché esso è in mano al diavolo. Ti avverte, al contrario, che ci sarà la guerra finché ci sarà vita.  Occorre, allora, “calcolarne la spesa” (Lc 14,28), e comprendere bene cosa significhi essere di Cristo, essere sue membra.

 

-            Non meravigliamoci dell’odio delle porte degli inferi. “Se foste del mondo - dice Gesù - il mondo amerebbe quello che è suo; poiché invece non siete del mondo, ma io vi ho scelti dal mondo, per questo il mondo vi odia” (Gv 15,19). Finché il mondo sarà il mondo e il diavolo sarà diavolo, ci sarà guerra e i credenti in Cristo devono combattere. Il mondo odiava Cristo, e per questo odia i veri credenti.

-            Prepariamoci all’odio delle porte degli inferi con gli strumenti adatti. “Rivestitevi, dice Paolo, del Signore Gesù Cristo” (Rm 13,14); “Rivestitevi dell'armatura di Dio, per poter   resistere   alle   insidie   del    diavolo”    (Ef 6,11).

Le armi che abbiamo a disposizione per la nostra guerra, sono state provate da milioni di credenti e non hanno mai fallito. Rivestitevi dunque, come amati di Dio, santi e diletti, di sentimenti di misericordia, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di pazien­za; sopportandovi a vicenda e perdonandovi scambievolmente” (Col 3,12-13).

-            Sotto l’odio delle porte degli inferi si impara la pazienza. Tutto coopera al bene, tende a santificare (cfr Rm 8,28). Ci terrà svegli. Ci renderà umili. Ci porterà più vicino al Signore Gesù Cristo. Ci staccherà dal mondo. Ci aiuterà a pregare di più. Soprattutto, ci farà desiderare il cielo. Ci insegnerà a dire col cuore e non solo con le labbra, “Vieni, Signore” (1Cor 16,22), “Venga il tuo Regno” (Mt 6,10).

-            L’odio degli inferi non deve scoraggiarci. La lotta per i veri figli di Dio è il segno della grazia. Senza croce non c'è gloria. “Beati voi - dice Gesù - quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli”. (Mt 5,11-12)

 

5. La sicurezza

L'ultimo punto riguarda la sicurezza della vera chiesa di Cristo. Gesù promette: “Le porte degli inferi non prevarranno contro di essa”.

Il Signore ha dato la sua parola che tutte le potenze dell’inferno non vinceranno mai la sua chie­sa. Continuerà e reggerà, malgrado qualsiasi assalto. Non sarà battuta. Tutte le cose create pe­riranno e passeranno ma non la Chiesa edificata sul fondamento solido di Cristo.  Degli imperi si sono innalzati e sono caduti uno dopo l’altro: l’Egitto, l’Assiria, la Babilonia, la Persia, Tiro, Cartagine, Roma, la Grecia.

Erano tutti fondati sull'opera dell’uomo e sono tutti fini­ti. Ma la vera Chiesa di Cristo va avanti. Le città più forti sono diventate delle rovine. Le grandi mura di Babilonia sono cadute. I cento cancelli di Tebe fanno parte della storia. Tiro è ora un posto dove i pescatori mettono le loro reti.  Cartagine è desolata. Ma in tutto questo tempo la vera chiesa rimane in piedi: “Le porte degli in­feri non prevarranno contro di essa”.

La vera Chiesa è stata oppressa in una nazione? È fuggita in un’altra. È stata calpestata e op­pressa in un terreno? Ha preso radice ed è fiorita in un altro. I suoi persecutori sono morti, ma la Parola di Dio è sopravvissuta, è cresciuta e si è moltiplicata.

 

Per quanto questa Chiesa possa apparire debole agli occhi dell’uomo, è l’incudine che ha rotto tanti martelli nel passato e magari ne romperà ancora tanti prima della fine. Chi la sfida, tocca la pupilla dell’occhio del Signore (cfr Deut 32,10). Cristo non sarà mai senza una testimonianza nel mondo. Il diavolo può infuriarsi, la Chiesa in al­cune nazioni può trovarsi attaccata, ma: “Le porte degli inferi non prevarranno contro di essa”.

La promessa è vera per ogni individuo nella Chiesa.

Alcuni del popolo di Dio si sono abbattuti e scoraggiati al punto da perdere la loro sicurezza. 

Alcuni sono tristemente caduti, come Davide e Pietro. 

Alcuni si sono allontanati dalla fede.

Alcuni sono provati da dubbi e paure. 

E sarà così fino alla fine. Ma la chiesa è il Corpo di Cristo, è la Sposa di Cristo. Coloro che Dio ha uniti a se con un patto eterno non saranno mai separati da Lui. 

Egli proclama in eterno a Dio Padre: “Non ho perduto nessuno di quelli che mi hai dato” (Gv 18,9).

Il diavolo può uccidere, bruciare, torturare e impiccare, ma dopo aver ucciso il corpo, non può fare più niente.

Nemmeno tutta la sua potenza può escludere un unico credente dalla vera chie­sa di Cristo. Colui a cui ci affidiamo ha tutta la potenza in cielo e sulla terra (cfr Mt 28,18), e ci sosterrà; non lascerà che veniamo portati via.

I parenti possono opporsi; i vicini possono prendere in giro; il mondo può sparlare e beffarci; ma le potenze dell’inferno non vinceranno.

Colui che è in noi è più grande di tutti quelli che sono contro di noi (Cfr 1Gv 4,4). Lasciamo ogni pensiero ansioso sul futuro; smettiamola di essere preda dei lupi che si travesto­no da pecore. Cristo ha promesso: “Le porte degli inferi non prevarranno contro di essa”. 

 

Conclusione

Traiamo qualche conclusione da quanto detto, arrivando ad alcune applicazioni pratiche. 

1. Chiediamoci: Sto fondando la mia vita sulla roccia solida di Cristo? Egli è realmente il mio fondamento? Lo Spirito ha campo libero nella mia vita per completare la mia santificazione? É importantissimo rispondere a queste domande nella verità, perché illudersi di appartenere a Cristo, di avere tagliato i ponti con il mondo, di non cedere a compromessi, di essere un mem­bro attivo del Corpo di Cristo quando, in realtà, non è così, potrebbe compromettere il mio desti­no eterno.

2. Alcune esortazioni:

- Cerca di vivere una vita santa (cfr Lv 11,44.45;19,2;20,7); vivi come cittadino del cielo (cfr Ef 2,19); fa che la tua luce splenda davanti agli uomini (cfr Mt 5,16). Fa sapere loro a chi appartieni e chi servi. Sii un discepolo di Cristo in modo chiaro perché nessuno possa dubitare che tu ap­partieni a Cristo. Senza questa santità pratica non è possibile fondare la propria vita su Cristo.

- Cerca di vivere una vita coraggiosa. Ovunque vivi lì testimonia Cristo. Il vero creden­te non si dovrebbe vergognare di Cristo.

- Cerca di vivere una vita gioiosa. Vivi come gli uomini che aspettano il ritorno di Cristo. Questa è la prospettiva a cui dovremmo guardare tutti. Non tanto il pensiero di andare in cielo quanto quello del cielo che viene a noi che dovrebbe riempire le nostre menti.

Ancora un po’ di tempo e tutta la bellezza che Cristo sta costruendo sarà vista pienamente (cfr Qo 3,11).

Un edificio in cui non ci sarà nessuna macchia, sarà manifestato al mondo (cfr Ef 5,25-27)

I salvati gioiranno alla presenza del Signore (cfr Sal 15,11). 

Tutti riconosceranno che nella costruzione della chiesa Cristo ha fatto bene ogni cosa (Cfr Mc 7,37)

“Beati” si dirà in quel giorno, “Beati coloro che sono rimasti fedeli” (Cfr Ap 16,15).

 

“Ecco, io verrò presto - dice Cristo - e porterò con me il mio salario, per rendere a ciascuno se­condo le sue opere. Io sono l'Alfa e l'Omega, il Primo e l'Ultimo, il principio e la fine. Beati colo­ro che lavano le loro vesti: avranno parte all'albero della vita e potranno entrare per le porte nel­la città. Fuori i cani, i fattucchieri, gli immorali, gli omicidi, gli idolatri e chiunque ama e pratica la menzogna! Io, Gesù, ho mandato il mio angelo, per testimoniare a voi queste cose riguardo alle Chiese. Io sono la radice della stirpe di Davide, la stella radiosa del mattino. Lo Spirito e la spo­sa dicono: Vieni! E chi ascolta ripeta: Vieni! Chi ha sete venga; chi vuole attinga gratuitamente l'acqua della vita” (Ap 22,12-17).