Fraternità Gruppi e Comunità R.n.S.     

Piemonte e Valle d’Aosta 25-26/09/2004

Week-end di formazione

 

 

Riflessioni su:  Testimonianza- Annuncio - Evangelizzazione

A cura di Guido Tomasi

Questi importanti temi sono sicuramente arcinoti e talmente dibattuti che non è certo qui, oggi, che ne possiamo trattare neppure approssimativamente. Ci rendiamo conto che il tempo che abbiamo a disposizione non basterebbe nemmeno per dare una definizione esauriente di ciò che si intende per testimonianza, annuncio ed evangelizzazione.

Ma anche saltando a piè pari ogni definizione c'è ancora il pericolo di circoscriversi in qualche bell'elenco di consigli più o meno pratici sul come e sul cosa sia opportuno dire e, ovviamente, su come sia opportuno prepararsi dal punto di vista spirituale. (Fede viva, preghiera personale, coerenza di vita…) Già, perché un bell'elenco, articolato in un po’ di paragrafi è sempre rassicurante e chiunque (sia chi parla e sia chi ascolta) ha la sensazione di potersene avvantaggiare con un piccolo sforzo di attenzione.

Anch’io in effetti, ho provato a mettere giù un elenco di punti, riferibili al rendere testimonianza, che sicuramente sono già ben noti a tutti, e anche per questo, riflettendoci e pregandoci, ho reputato che in questi dieci minuti possiamo far di meglio che leggerci uno schema.

In questo week-end siamo chiamati a fare il punto della situazione nei vari ambiti del nostro vivere Cristo e in particolare del nostro viverlo in modo carismatico.

In questa chiave allora ci consentiremo la libertà di sottolineare solo due o tre punti per noi davvero essenziali.

Per farlo meglio, vorrei che ora mettessimo - almeno per qualche minuto - da parte ogni nozione appresa sul testimoniare e sull'evangelizzare. E ci ponessimo questi interrogativi:

Quanta testimonianza c'è nella mia vita, nel mio gruppo, nei miei fratelli? Quanto esempio c'è, quanto stimolo, quanto invito, quanto desiderio? Ne sento l'urgenza personale, viene rammentata ai fratelli la necessità della testimonianza negli incontri di gruppo; se ne parla nel pastorale? Si è conservata in me e nei miei fratelli, una "spinta" interiore, spirituale, all’evangelizzazione?

O forse ritengo che, data l'importanza e la delicatezza dell'argomento, esso sia da affrontare solo previo specifico addestramento? Per caso si è fatta strada in me l'idea di essere ben poco idoneo a tale scopo, privo di parlantina, di scuola, di talento? Magari senza averlo mai ammesso, ritengo che sia in fondo un'inutile presunzione, provarci senza un minimo di preparazione? Sono condizionato in qualche misura dall'idea che una testimonianza vada data commisurandola alla sua probabile efficacia? Penserò perciò che, se non ho qualche avvenimento sensazionale da comunicare e se per giunta non ho particolari capacità di comunicazione, farò bene a starmene zitto, limitandomi a pregare in silenzio?

Qualche secondo di riflessione. Non pensiamo solo in prima persona. Riflettiamo anche alla situazione intorno a noi, nel nostro gruppo, nei fratelli, nel pastorale…

Queste domande servono solo a far riflettere su quanto ragionamento umano si può annidare in un aspetto chiave della vita carismatica. (Temo che questi ragionamenti, se non altro come tentazione, siano ricorrenti in moltissimi cristiani, anche in quelli carismatici).

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Troviamo ora qualche risposta.

Certo non trascureremo di prepararci sotto l’aspetto dottrinale (=cosa la Chiesa dice e cosa esorta a fare, i documenti ufficiali, CCC, Evangelii Nuntiandi, esortazioni apostoliche, etc.) e non disprezzeremo ogni istruzione in merito, anche quelle di tipo pratico, "tecnico", diciamo, "da campo", ma, in primo luogo, rifacciamoci al nostro migliore modello di testimone e di evangelizzatore: Gesù!

Vi sono alcuni aspetti sulla testimonianza e sull'evangelizzazione che per la nostra umanità tendono ripetutamente a sfuggirci. Magari non trascureremmo di enumerarli, nel famoso elenco delle cose da tenere presenti sulla testimonianza, ma poi rischiano di non avere alcuna traduzione pratica.

Facciamo qualche esempio:

Il primo è questo:

in base a Marco 16,15 non dovremmo mai dimenticarci che quello di annunciare il regno è il primo servizio che un seguace di Cristo è chiamato esplicitamente a svolgere.

Si professa il proprio credo nel Signore Gesù per avere il dono della salvezza. Si viene battezzati e si entra in comunione con Lui e la Sua santa Chiesa. Arrendendosi a Lui senza riserve si ottiene dallo Spirito Santo una capacità nuova di osservare più profondamente i comandamenti di Dio attraverso l'osservanza del comandamento dell'amore... Tutte cose belle e sante che però investono l'intimità spirituale, (il rapporto già bello tra creatura e creatore si sublima in quello meraviglioso tra Figlio e Padre)… Ma non dimentichiamo che Gesù, quelli che sceglie e chiama, li mette anche all'opera!

E la prima opera che ci viene richiesta è testimoniare! E occorre essere sempre pronti!

(1Pietro 3:15) .… adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi. Tuttavia questo sia fatto con dolcezza e rispetto,

Secondo aspetto che tende a sfuggirci (anche se lo sappiamo enumerare) forse perché è annidato nel precedente:

TUTTI quelli che l'hanno incontrato sono chiamati a testimoniarLo, anche coloro che non sono chiamati ad un particolare impegno di sequela come gli apostoli!

Ripetiamocelo! La testimonianza non è cosa riservata agli apostoli, ai discepoli, a quanti dedicano tutta la loro esistenza alla sequela di Cristo. Per convincersi di questo, basta ricordare ciò che Gesù disse all'indemoniato di Gerasa che, appena risanato, gli chiedeva di seguirLo:

(Marco 5:19) Non glielo permise, ma gli disse: "Và nella tua casa, dai tuoi, annunzia loro ciò che il Signore ti ha fatto e la misericordia che ti ha usato".

Un altro noto esempio è quello della donna samaritana incontrata al pozzo:

(Giovanni 4:28-42)- La donna intanto lasciò la brocca, andò in città e disse alla gente: "Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia forse il Messia?". Uscirono allora dalla città e andavano da lui.

Molti Samaritani di quella città credettero in lui per le parole della donna che dichiarava: "Mi ha detto tutto quello che ho fatto". E quando i Samaritani giunsero da lui, lo pregarono di fermarsi con loro ed egli vi rimase due giorni. Molti di più credettero per la sua parola e dicevano alla donna: "Non è più per la tua parola che noi crediamo; ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo".

Lo scopo era stato raggiunto: incuriositi dalla testimonianza della donna, avevano anch'essi incontrato Gesù e da quel momento erano divenuti testimoni loro stessi!

Se della testimonianza del geraseno e della sua efficacia non sappiamo nulla, sappiamo invece che quella della samaritana ottenne buoni frutti, benché di entrambi i soggetti non si può certo dire che avessero alle spalle una vita di santità!

Ma con il Signore, ciò che conta è esclusivamente il mio atteggiamento presente, se è un atteggiamento di fiducia e di obbedienza.

Il passato ed il futuro non dovrebbero condizionare chi si dice cristiano.

La tentazione di non testimoniare però accampa sempre molte scuse: impreparazione, timidezza, incoerenza di vita, persino senso d’indegnità e quant'altro: eppure a fronte di esse dovrebbe sempre risuonare in noi il comando di Gesù, semplice e netto:

(Marco 16:15) Gesù disse loro: "Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura.

(Matteo 5:37) Ma il vostro parlare sia: "Sì, sì; no, no"; poiché il di più viene dal maligno.

Diamo credito al Signore che ci verrà in aiuto, ogni volta che decideremo di obbedire al suo invito. Verrà in aiuto non solo alla nostra bocca ma anche alle orecchie di coloro che ascolteranno la nostra testimonianza.

E infine, un altro aspetto a essere troppo spesso trascurato, pur essendo ovvio, è che la testimonianza più importante, l’annuncio, deve essere rivolto ai lontani! A volte non è sufficiente una presenza silenziosa: siamo proprio chiamati ad aprire la bocca e parlare!

Invece troppe volte finiamo per limitare le nostre testimonianze all’interno della chiesa e anzi all’interno dei nostri gruppi!

Va benissimo dare testimonianza nei gruppi, intendiamoci: perché una testimonianza può risvegliare la fede, rinvigorirla dove c'è già, dà conforto e speranza a chi è nella prova; perché costituisce sempre una forte esortazione a perseverare e ad essere audaci nella fede. E senza fede non si può piacere a Dio!

(Ebrei 11:6a) Senza la fede però è impossibile essergli graditi;

Ma a dare testimonianza solo ed esclusivamente ai fratelli del gruppo, si rischia di trascurare il nostro primo dovere di cristiani: quello di annunciare Gesù e il suo vangelo al mondo. Al deserto di pietre intorno a noi!

Ma Dio vuol far sorgere figli di Abramo anche dalle pietre!!! Andiamo incontro ai desideri di Dio: non decidiamo noi per Lui. Per esempio, che con quel tale non è il caso di perdere tempo, non val la pena di spendere nemmeno una parola.

Dio vuole che tutti si convertano e certo si compiacerà di chiunque lo prenda in parola e sia pronto a "perdere" tempo e fiato ..e magari anche la faccia per la Sua Parola.

Ricordiamo Ezechiele 33:11: Dì loro: Com'è vero ch'io vivo - oracolo del Signore Dio - io non godo della morte dell'empio, ma che l'empio desista dalla sua condotta e viva. Convertitevi dalla vostra condotta perversa! Perché volete perire, o Israeliti?

Noi tutti abbiamo ricevuto il mandato dell'annuncio!

Riprendiamo gusto a questa obbedienza! Il Signore ci ha detto di annunziare il vangelo; quanto all'efficacia di questo annuncio, essa è affar Suo. Gesù non ha detto a Pietro: getta le reti e cerca di fare buona pesca! Gli ha detto: A) di gettarle e: B) gli ha anche precisato da che parte gettarle. Quanto a Pietro, non ha arzigogolato (e sì che avrebbe potuto parlare con cognizione di causa!): ha eseguito prontamente il comando. Il risultato lo conosciamo.

Perciò non arrovelliamoci inutilmente! Confidiamo che non sarà certo in forza di ragionamenti accurati e ineccepibili che faremo nascere in un ascoltatore l'amore per Cristo.

Chiediamo al Signore la grazia di parlare con grazia, amandoLo in coloro a cui parliamo.

(Colossesi 4:6) Il vostro parlare sia sempre con grazia, condito con sale, per sapere come dovete rispondere a ciascuno.

A proposito di questo va bene l'aneddoto dello starnuto e qualche considerazione sul rischio d'esagerare in tecniche e tecnicismi.

(Aneddoto dello starnuto. Un predicatore di ambiente evangelico soleva dedicare alle proprie omelie molta cura perché l'annuncio fosse efficace e portasse sempre nuove anime a Cristo. Da tempo aveva osservato alle riunioni del culto una donna anziana che se ne stava sempre tranquilla in fondo alla sala: frequentava con assiduità, ma apparentemente senza profitto.

Il predicatore ormai si era ripromesso l'obiettivo di far breccia anche in lei e proponeva le sue omelie con tutta la foga e la forza di persuasione di cui era capace; guardando spesso nella sua direzione per osservarne le reazioni: a volte si sentiva sconfortato perché la vedeva, placida, dormicchiare, a volte invece si sentiva incoraggiato perché ella faceva col capo evidenti cenni d'assenso alle sue parole, ma al termine di ogni incontro, all'invito di farsi avanti per ricevere Gesù come proprio personale Signore e Salvatore, se ne rimaneva sempre inchiodata alla sua sedia in fondo alla sala.

Il predicatore si angustiava e pregava: "Signore, quella donna è vecchia, potrebbe magari essere chiamata a lasciare questo mondo prima di avere arreso la sua vita a Te! Dammi l'eloquenza necessaria per convincerla, un dono di parola tale da convertire il suo cuore! Grazie, Signore!" …Forse il pastore era più interessato al suo carisma che ai suoi frutti, ad ogni modo, un bel giorno la vecchietta al termine del culto si alzò dalla sua sedia e solennemente si fece avanti per consegnare la propria vita a Gesù Signore!

Al termine, gongolando per il successo, il pastore le domandò cosa fosse stato, in particolare, nella sua omelia ad averla convinta ad arrendere la propria vita a Cristo. Quale punto, quale passaggio era stato tanto efficace e risolutivo? "Non per altro, ma per servire ancor meglio il mio ministero  di evangelizzazione", tenne a precisare il brav'uomo.

"Veramente, non c'è stato proprio nessun passaggio in particolare" confessò la donna con schiettezza. "Ma, quando lei, a un certo punto, ha starnutito fragorosamente nel microfono io ero un po’ assopita e m'è parso che fosse scoccata l'ora del giudizio e gli angeli avessero iniziato a suonare le loro trombe! E' stato questo a convincermi a non tardare più!" 

 

Riassumendo, ecco un piccolo elenco - non esaustivo - di regole sulla testimonianza:

Testimonianza nei gruppi: regola dell’ a, b, c:

a - ad alta voce. (Una cosa che ha fatto il Signore, merita di essere ascoltata da tutti!)

b - breve (non è il caso di raccontare tutta la nostra vita o particolari privi d'importanza)

c - Cristocentrica (Ciò che Gesù ha fatto per me in quella circostanza). Ovvero a me o a qualcuno del mio oikos; non racconterò come testimonianza qualcosa capitata ad altri e che ho letto oppure che a mia volta ho sentito dire da qualcuno. D’altra parte, se ho una relazione personale con il Signore, se il Signore è il Signore della mia vita, se è per me l'Emmanuele, il Dio con noi, CERTAMENTE avrò molte testimonianze personali da dare! Alcune potranno riguardare l'inizio del mio cammino, se per me c'è stata una svolta nella mia vita, un prima e un dopo: una folgorazione sulla via di Damasco, ma altre potranno riflettere l'efficacia della preghiera, la fedeltà e la misericordia di Dio etc.

Infine, dovrebbe essere superfluo, ma meglio dirlo: ancora più importante del dare testimonianza, occorre aver sempre somma cura di non dare mai controtestimonianza!!!