Questa domenica, ormai finalmente estiva, ci vede all’ultimo incontro dedicato alla guarigione delle ferite emozionali, che, come sappiamo, viene definito “clinica dell’anima” che, a Dio piacendo, riprenderà Domenica 25 Settembre prossimo.
E’ perciò una buona occasione per dare il giusto inquadramento a questi incontri, che la nostra Comunità svolge ormai da una ventina d’anni.
Quindi faremo tre cose:
1) daremo una lettura ecclesiale di questi incontri, alla luce della recentissima Lettera della Congregazione per la Dottrina della Fede “Iuvenescit Ecclesia”, indirizzata ai Vescovi e vertente sulla relazione tra doni gerarchici e carismatici per la vita e la missione della Chiesa.
2) riassumeremo – velocemente – almeno alcune delle cose su cui abbiamo riflettuto negli incontri di quest’anno.
Ciò ci servirà di preparazione per poter fare, nella parte finale,
3) una preghiera meditata, guidata da Antonio.
1) la Lettera “Iuvenescit Ecclesia” è appena uscita (15 giugno), a firma del Prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede, card. Ludwig Müller e dell’arcivescovo segretario, mons. Luis Ladaria.
Cosa dice di interessante per noi?
Chi è nel Rinnovamento da un po’ di anni, si ricorderà senz’altro che un tempo era diffusa la sensazione che questa “novità” di un movimento in cui i carismi venivano esercitati anche e specialmente da fedeli laici, incontrava resistenza nella Chiesa Cattolica, particolarmente da parte di frange di stampo conservatore e di quelle più legate alle tradizioni.
In alcuni casi vi erano presbiteri e anche vescovi “conquistati” da questa ventata pneumatologica, e in altri vi erano invece presbiteri e vescovi che manifestavano diffidenza, freddezza e talvolta persino un’ostilità più o meno marcata.
Tutti i Papi, per la verità, hanno invece da subito accolto il Rinnovamento Carismatico con molto favore, da Paolo VI (che l’aveva definito “una chance per la Chiesa”, augurandole “una Pentecoste permanente”), a San Giovanni Paolo II (che considerava i movimenti “una risposta provvidenziale alle necessità della Chiesa e del mondo” e che ci esortava a portare nella Chiesa e nel mondo la Cultura della Pentecoste), a Benedetto XVI (che era stato fin dagli inizi del movimento tra i teologi estensori dei famosi “documenti di Malines”, assieme al grande cardinal Leo Suenens, aveva fin dall’inizio del suo pontificato, raccomandato ai vescovi italiani di non trascurare e piuttosto anzi, di accogliere i doni che nuovi movimenti offrivano alla Chiesa).
Ma, comprensibilmente, in questi quasi 50 anni (l’anno prossimo), più o meno tacitamente, si era venuta a formare l’idea che nella Chiesa ci fosse una dicotomia: una parte gerarchica (petrina, conservatrice, rigida, formale, istituzionale, ecc.) e una parte carismatica (innovatrice, duttile, informale, pronta alle novità, ecc.).
Ecco che – ovviamente sulla base delle indicazioni dettate da Papa Francesco, l’attuale lettera, viene a dare armonia alle due parti. Viene riaffermata la coessenzialità di entrambe le nature della Chiesa e assicurata la loro contemporanea e mutua funzione. Nessuna scissione, nessuna indipendenza, nessuna dominanza. E neppure distinzioni esasperanti tra istituzioni e carismi.
A chiaro esempio di ciò: Cristo Gesù. La sua vita (fin dal concepimento) e le sue opere (fino alla morte in croce) sono state sempre in perfetto accordo con lo Spirito Paraclito.
Nella lettera viene citata una felice definizione di Sant’Ireneo di Lione, che suggestivamente chiama Gesù e lo Spirito Santo, “le due mani del Padre”.
Quindi, è bene abbandonare certe impostazioni che rischiavano di contrapporre e dividere: vi deve invece essere una nuova armonia carismatica nell’unica missione della Chiesa.
Non mancano i riferimenti ai “criteri di ecclesialità” a discernimento dell’autenticità dei doni carismatici, così da favorire la giusta e dovuta “maturità” dei movimenti in ordine alla loro testimonianza nella Chiesa e per la Chiesa nel mondo.
Infine è anche fatto l’invito ai ministri ordinati a non disdegnare la partecipazione alla vita di una realtà carismatica, da cui potranno trarre forza e aiuto umano e spirituale, nel rispetto delle peculiarità di ogni singola aggregazione.
2) alcune delle cose su cui abbiamo riflettuto negli incontri di quest’anno.
Avevamo fatto una riflessione sulla differenza piuttosto netta che c’è tra guarigioni fisiche e guarigioni emozionali.
E’ una distinzione piuttosto importante e che è bene avere sempre presente.
Val la pena citare una frase di Marco Aurelio:
“Basta poco per rendere felice una vita; è tutto dentro di te, nel tuo modo di pensare.”
Abbiamo più volte detto e ridetto che il dominio di se, uno dei frutti dello Spirito Santo, presuppone, prima ancora che un dominio sulle proprie azioni, un dominio sulla propria mente, sui propri pensieri.
Abbiamo visto tanti tipi di pensieri negativi, e tante cause che possono originarli.
Abbiamo visto che possono essere utili alcuni passaggi:
– prendere coscienza del problema / trauma
– accettarlo (che è diverso dal giustificare un’eventuale ingiustizia subita)
– decidere di perdonare. (Persone, eventi, situazioni, antenati… Dio)
Importante è però sapere che Gesù non fa “fatica” a guarirci. Solo rispetta la nostra libertà.
In questo genere di guarigione, può essere improprio ridurre tutto all’avere fede a sufficienza.
A volte non è questione di fede.
Altrettanto importante è sapere che, grazie a Gesù, non siamo più sotto la Legge, ma sotto la Grazia.
Questo ha delle implicazioni fondamentali.
Gesù ci dona dei mezzi effettivi di liberazione da ogni genere di peccato, comprese le abitudini sbagliate di pensiero. Compresi nuovi modi di respingere le tentazioni.
Non solo ci è permesso sperare ogni bene per noi, ma è un nostro diritto.
Gesù non è venuto per giudicare e condannare, ma per salvare. E non è venuto per i giusti, ma per i peccatori. E questo l’ha detto lui in persona.
Importante altrettanto è sapere che conoscere la Parola, ci fa da poveracci inermi e succubi, dei guerrieri bene armati, e che la Parola è in grado di operare fino anche al punto di divisione delle giunture e delle midolla, dell’anima e dello spirito (Eb 4,12)
Ma poiché il primo carisma di discernimento è il buon senso, nemmeno disprezziamo la ragione umana, come dono di Dio.
Perciò ecco oggi sette esempi di alcune delle abitudini quotidiane più distruttive che spesso le persone infelici si creano da sole e che contribuiscono a minare in modo decisivo la loro felicità.
1. Temere il giudizio degli altri.
Molte persone hanno una preoccupazione costante nei confronti delle opinioni e dei giudizi degli altri al punto che, pur di non prestare il fianco a critiche o commenti negativi, di fatto scelgono di non esporsi, rimangono dietro le quinte e finiscono per vivere un’esistenza estremamente limitata.
Come superare questa abitudine:
– Prendiamo consapevolezza del fatto che gli altri si preoccupano di ciò che diciamo e di ciò che facciamo molto meno di quanto pensiamo. Non c’é nessun riflettore puntato su di noi.
– Cambiamo prospettiva: invece di pensare costantemente a come gli altri ci percepiscono, concentriamo invece la nostra attenzione sugli altri e sui loro bisogni. Ascoltiamoli; magari aiutiamoli. Questo ci aiuterà a incrementare la nostra autostima e a limitare una visuale egocentrica.
Poi, non è forse vero che la Parola dice: “se Dio è per noi, chi sarà contro di noi?” (Rm 8, 31 )
Per non dire poi: “Infatti, è forse il favore degli uomini che intendo guadagnarmi, o non piuttosto quello di Dio? Oppure cerco di piacere agli uomini? Se ancora io piacessi agli uomini, non sarei più servitore di Cristo!” (Gal 1, 10)
2. Complicarsi troppo la vita.
La vita è spesso già troppo complicata di per sé. Ma altrettanto spesso siamo noi stessi a renderla ancora più complicata di quanto effettivamente non sia, e questo nostro atteggiamento contribuisce in modo decisivo a innalzare i nostri livelli di stress e insoddisfazione. Ci lasciamo convincere ad occuparci di mille cose. In più, se mentre parliamo con una persona squilla il telefono, dobbiamo assolutamente rispondere sempre e comunque. E le mail, e gli sms…
Come superare questa abitudine:
– proviamo a stabilire ogni giorno solo 2-3 priorità su cui focalizzare l’attenzione e occupiamoci soltanto di esse.
– Comunichiamo: non aspettiamoci che gli altri siano in grado di leggere nella nostra mente e di venire incontro alle nostre aspettative. Perciò esprimiamo ciò che sentiamo, facciamo domande quando non capiamo e non diamo nulla per sottinteso o per scontato. Questo ridurrà conflitti inutili e incomprensioni.
– Disconnettiamoci ogni tanto: non permettiamo a internet, agli sms e al telefono di espropriarci in continuazione della nostra vita.
– Piuttosto, quando stiamo per cadere in preda allo stress e alla confusione, semplicemente fermiamoci. Sediamoci comodamente per alcuni minuti. Gli psicologi dicono senza fare nulla e senza pensare ad alcunché. In realtà si può fare molto meglio: pregare o meditare dei versetti della Parola. “Non affannatevi dunque per il domani, perché il domani avrà già le sue inquietudini. A ciascun giorno basta la sua pena” (Mt 6, 34) oppure: “Io ritengo, infatti, che le sofferenze del momento presente non sono paragonabili alla gloria futura che dovrà essere rivelata in noi.” (Rm 8, 18)
3. Associare la felicità alla perfezione.
È forse necessario che la nostra vita sia perfetta affinché possiamo ritenerci felici?
Se crediamo che la perfezione sia la premessa indispensabile della felicità, allora con tutta probabilità siamo destinati a rimanere delusi dalla verità dei fatti.
La felicità non possiamo trovarla nella perfezione (che non è di questo mondo), quanto piuttosto nella capacità di sapere gestire la quanità di imperfezioni e di difetti che contraddistinguono noi stessi e il mondo che ci circonda.
Come superare questa abitudine:
– “Buono” va benissimo: mirando alla perfezione di solito significa arrovellarsi su un’idea o un’iniziativa e non portarla mai a termine. Ciò che è buono spesso è proprio ciò di cui abbiamo più bisogno, senza necessità di arrivare alla perfezione. Questo non significa agire pigramente o non aver cura dei dettagli, ma riconoscere il valore di ciò che già è ben fatto pur non essendo ancora perfetto.
– Ogni volta che ci dedichiamo a un progetto o a un’iniziativa, poniamoci una scadenza entro cui completarla. Arrivati alla scadenza, consideriamo come completato il lavoro: liberiamoci dall’idea che il progetto richieda ancora delle rifiniture forse inutili.
– Prendiamo consapevolezza del fatto che il mito della perfezione ci costa moltissimo in termini di energie fisiche e mentali. Facciamo del nostro meglio per fare bene le cose e poi rilassiamoci, senza ossessionarci.
4. Vivere in un mare di voci negative.
Nessuno è un’isola. Coloro con i quali socializziamo, ciò che leggiamo, guardiamo e ascoltiamo ha un notevole effetto sul nostro pensiero e sul nostro stato d’animo. (I film!).
Diventa molto più difficile essere felice se ci si lascia trascinare giù dalle voci negative di coloro che sono intorno a noi. Molte voci che sanno guardare l’esistenza soltanto da una prospettiva negativa ci dicono costantemente che la vita è piena di difficoltà, pericoli, limiti e paure.
Come superare questa abitudine:
Lo strumento più potente che abbiamo a disposizione è quello di sostituire le voci negative e pessimiste con pensieri e influssi positivi: questo semplice approccio può aprirci un nuovo mondo.
Proviamo allora a trascorrere più tempo con persone positive e solari, ascoltiamo (bella) musica e leggi libri che ti ispirino, ti facciano sorridere e pensare alla vita in un modo nuovo.
I canti del Rinnovamento e certi libri di testimonianze, possono addirittura galvanizzare.
5. Rimanere bloccati nel passato e preoccuparsi del futuro.
Trascorrere molto tempo con la mente nel passato e rivivere vecchi ricordi dolorosi, conflitti e opportunità, può fare davvero male.
Anche trascorrere molto tempo con la mente nel futuro prefigurandosi gli scenari peggiori che potrebbero accaderci in salute, in amore e sul lavoro, fa ancora più male.
Così facendo, tra l’altro, trascuriamo di cogliere ed assaporare ciò che di buono il presente ci offre, rinunciando a chissà quante opportunità ed esperienze positive.
Come superare questa abitudine:
E’ praticamente impossibile non pensare al passato o al futuro. Ed è ovviamente importante saper pianificare il futuro e cercare di imparare dal passato.
Ma soffermarsi troppo a lungo sul domani o sullo ieri raramente è di aiuto.
Perciò, proviamo, ogni volta che ci è possibile, a vivere semplicemente nel momento presente. Concentriamoci su quello che stiamo facendo, anche se fosse la cosa più umile e banale.
Se invece stiamo parlando con qualcuno, dedichiamogli la nostra completa attenzione, senza distrazioni. E così via…
Il passato e il futuro mettiamoli nelle mani di Dio, e il presente, cerchiamo di viverlo con Lui!
6. Confrontare la propria vita con quella degli altri.
Un’abitudine quotidiana molto diffusa e allo stesso temo estremamente distruttiva è quella di confrontare continuamente la propria vita con quella delle altre persone. Si mettono a confronto automobili, case, posti di lavoro, scarpe, denaro, relazioni, popolarità sociale e così via. E così facendo si finisce per annientare la propria autostima e generare una mole significativa di sensazioni negative.
Come superare questa abitudine:
Invece di fare come detto sopra, proviamo altre due diverse abitudini.
– Per una volta, lasciamo stare gli altri e concentriamoci soltanto su noi stessi. Valutiamo quanto di buono abbiamo fatto, in cosa siamo cresciuti, cosa abbiamo raggiunto, quali progressi abbiamo compiuto verso il raggiungimento dei nostri obiettivi.
A meno che non siamo particolarmente negativi nella nostra valutazione, questa abitudine dovrebbe generare gratitudine verso Dio, apprezzamento e gentilezza verso noi stessi, osservare da dove siamo venuti, gli ostacoli che abbiamo superato e tutto ciò che di buono (con l’aiuto di Dio) siamo stati in grado di compiere.
– Inoltre, siamo gentili. Il modo di pensare e di comportarsi verso gli altri riveste un ruolo considerevole su come pensiamo e come ci comportiamo verso noi stessi. Più giudichiamo e critichiamo gli altri, più tenderemo a giudicare e a criticare anche noi stessi. Più saremo gentili e disponibili con gli altri, più lo saremo anche con noi stessi.
Concentriamoci sulle cose positive presenti in noi stessi e nelle persone intorno a noi. Apprezziamo ciò che di positivo c’è in noi stessi e negli altri.
Può aiutare: “ciascuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a se stesso” (Fil 2, 3) e, naturalmente, l’inno alla carità (1 Cor 13).
7. Concentrarsi sugli aspetti negativi della propria vita.
Focalizzarci costantemente e in modo pressoché esclusivo sugli aspetti negativi di qualsiasi situazione è la via maestra per immergerci nell’infelicità. E per far crollare il buon umore di coloro che ci sono intorno.
Non è uno scenario molto attraente, vero?
Come superare questa abitudine:
– Il superamento di questa abitudine può essere tutt’altro che agevole. Un approccio molto spesso efficace è quello di liberarsi dal vizio del perfezionismo: accettiamo che le cose e le situazioni abbiano i loro aspetti positivi e negativi piuttosto che pensare che tutti i dettagli debbano necessariamente essere a posto in modo impeccabile.
In questo modo lasciamo scivolare via sia emotivamente che mentalmente ciò che è negativo, invece di soffermarci su di esso e amplificarne la portata.
– Un’altra soluzione vincente è semplicemente quella di concentrare i nostri sforzi e le nostre energie sull’essere costruttivi, anziché lasciarci vincere dall’abitudine di lamentarci di ogni dettaglio negativo.
Poniamoci domande propositive, quali: “Come posso trasformare questa cosa negativa in qualcosa di utile o positivo?” oppure “Come posso risolvere questo problema?”
La Parola ci viene in aiuto come sempre:
“Tutto posso in Colui che mi dà forza” (Fil 4,13)