NOTE CRISTOLOGICHE

Carissime sorelle e fratelli,

Dio è infinito. Noi invece no. Per questo non finiremo mai di conoscerLo. Non finiremo mai di imparare qualcosa di nuovo su di Lui. E non soltanto sul Padre.

Poiché anche Cristo è Dio e anche lo Spirito Santo è Dio, anche dello Spirito Santo e di Cristo non termineremo mai di scoprire qualcosa di nuovo. All’infinito. Per sempre.

In particolare, la figura di Cristo è sommamente affascinante e attrae giustamente l’attenzione e l’interesse di ogni uomo sano di mente che ne voglia investigare l’incommensurabile doppia natura: divina e umana.

Per questo esiste una disciplina apposita: la Cristologia.

Per il credente cristiano, è ovvio, e anzi, imprescindibile, credere nella divinità di Cristo. 

D’altra parte, vari concili ecumenici hanno stabilito che è dogma di fede pure credere nella natura umana di Cristo, anch’essa vera e autentica quanto quella divina.

Dobbiamo ammettere che per la nostra ragione umana, questa doppia natura è di difficile comprensione, per lo meno per quanto riguarda i limiti di carattere fisico che la natura umana intrinsecamente possiede. 

Anche se nei Vangeli, ripetutamente si vede come l’uomo-Gesù fosse in grado di dominare e sovrastare le leggi naturali, è però pure evidente come nella Sua libera volontà, a queste leggi aveva voluto sottomettersi, accettandone anche le conseguenze più estreme, fino alla morte di croce. 

Una domanda non peregrina è perciò chiedersi quali limiti avesse Gesù-uomo sotto, per esempio, l’aspetto cognitivo, tenendo sempre in conto che:

– la materia ha in se, appunto, una serie di regole fisiche (le così dette leggi di natura) che determinano tutta una estesa serie di limiti cogenti, tali che non sia possibile che contemporaneamente siano rispettati e trasgrediti.

– Gesù-Dio, da sempre esistito[[1]] aveva di sua libera volontà scelto e deciso di sottoporsi a tali limitazioni[[2]];

Una evidenza chiara di tale presupposto consiste, appunto, nel mistero dell’incarnazione.

Perché Dio non ha creato per sé un corpo già adulto e perfetto col quale poter improvvisamente entrare in una sinagoga e tra lo sbalordimento generale, con tutta autorevolezza, annunciare immediatamente il Vangelo? Perché trent’anni e più passati nel nascondimento? Perché un’infanzia travagliata già nei suoi inizi (persecuzione di Erode, fuga in Egitto)? Perché, appunto… l’incarnazione nel seno della Vergine Maria? Perché partire da una cellula?

Perché quella cellula nel seno della Vergine Maria, preservata per divina grazia dalla corruzione causata dal peccato originale, derivava, attraverso una lunga serie di generazioni, da… Adamo!

Perché altrimenti non sarebbe stato il “Figlio dell’Uomo” come invece Gesù amava definire se stesso… e Maria Vergine non sarebbe stata la “Madre di Dio”, come invece è.

Lo sviluppo del feto comincia dalla suddivisione di una cellula, poi di due, quattro, ecc.

Benché ci appaia del tutto evidente che lo spirito (umano) non sia affatto equivalente all’anima e che anche quest’ultima non sia direttamente equivalente al cervello o al sistema nervoso, resta incontrovertibile il fatto che, anche nel corpo dell’uomo-Gesù, ha dovuto svilupparsi, a partire da una cellula, un cervello e un sistema nervoso che, almeno sotto questi aspetti quantitativi, e strettamente naturali, non poteva avere prerogative infinite. 

E pure evidente che successivamente esso dovesse essere però in grado di interfacciarsi attraverso l’Anima di Cristo[[3]] con lo Spirito di Cristo (dalle prerogative infinite). 

E questo comporta certamente che benché lo Spirito di Cristo, per la sua natura divina, abbia da sempre posseduto la qualità dell’onniscienza, si deve argomentare che un perfetto e completo accesso a questa infinita conoscenza non abbia potuto tuttavia già trovarsi in essere nella parte umana fin dal momento del concepimento.

Nei secoli fior di teologi hanno indagato con cura e deferente attenzione l’argomento e si sono espressi in vario modo.

Qui riassumiamo quali sono state le posizioni principali e quali sono quelle attuali della Chiesa Cattolica Romana.

Intanto, la doppia natura, divina e umana, di Cristo Gesù Signore, è stata definita e via via meglio precisata attraverso diversi concilî (almeno quattro). 

In tale processo di comprensione, i più importanti sono stati i seguenti:

– Nel concilio di Nicea (325 d.C.), venne affermato (contro l’eresia di Ario), che il Verbo è vero Dio, generato, non fatto, della stessa sostanza (ousia) del Padre.

Il primo concilio di Efeso (431 d.C.), riconobbe (contro l’eresia di Nestorio), che in Cristo vi è unità di persona (persona del Verbo) e quindi Maria è Madre di Dio (Theotòkos).

– Il concilio di Calcedonia (451 d.C.), definì (contro l’eresia di Eutiche), che in Cristo vi è una sola persona in due nature unite ipostaticamente. [[4]]

Il concilio di Calcedonia dichiarò quindi che in Cristo vi erano due nature: ognuna manteneva le sue proprie proprietà e insieme si univano in una sussistenza e in una singola persona (in greco εἰς ἓν πρόσωπον καὶ μίαν ὑπόστασιν, che, traslitterato è: eis hèn prósōpon kaì mían hypóstasin).

Poiché la natura precisa di questa unione si ritiene sia incomprensibile alla mente umana, l’unione ipostatica viene indicata anche con il termine alternativo “unione mistica”.

Neppure andrebbe dimenticato il versetto di Colossesi 2,9 in cui è detto: “È in Cristo che abita corporalmente tutta la pienezza della divinità”.

– Il Concilio Costantinopolitano III (680-681 d.C.), combatté l’eresia dei monoteliti che affermavano una sola volontà in Cristo. Il Concilio definì l’esistenza di due volontà in Cristo, l’umana e la divina.

Queste, quindi, le posizioni ufficiali della Chiesa.

Anche singoli teologi hanno prodotto, in merito, argomentazioni di notevole importanza.

Si devono menzionare, tra tutti, Sant’Agostino (354-430) e San Tommaso d’Aquino (1225-1274).

In estrema sintesi, si può dire che entrambi, basandosi sull’assunto che la perfezione, proprio perché tale, non può subire e nemmeno contemplare una sua riduzione/menomazione, sono convinti di un’assoluta e perfetta conoscenza della divina onniscienza anche da parte di Cristo uomo, fin dall’istante del concepimento! 

Questa capacità di godere della perfetta comunione con il Padre, viene definita da San Tommaso: “visione beatifica”. 

Tale opinione (in pratica, quasi di un’onniscienza di Gesù in ogni istante della sua vita terrena), è stata, specialmente in àmbito cattolico, unanimemente accettata fino a tempi molto recenti. Ancora infatti, intorno alla metà del XX secolo, il teologo svizzero Hans Urs von Balthasar, basandosi sul concetto della “coincidenza tra la Persona e la missione di Cristo”, scrisse che il Figlio di Dio non poteva esser stato inviato nella sua missione senza la conoscenza di cosa dovesse compiere – o che gli venisse rivelata solo più tardi. Secondo Balthasar “colui che fu inviato”, essendo parte della Trinità, dovette essere consultato prima di iniziare la sua missione. Il teologo quindi ne deduce che, tramite il Logos, Cristo possedeva tutta la conoscenza sin dall’inizio.

Si può considerare dunque concluso qui l’argomento?

In effetti, no. Intanto, leggendo i Vangeli ci si imbatte talora in alcuni passi che possono far sorgere il dubbio che tale conoscenza non fosse invece completa e totale nell’uomo-Gesù.

Oltre tutto, questi passi riportano proprio frasi proferite direttamente da Gesù.

Sicuramente il dubbio che questi passi ingenerano è opinabile, nel senso che molti teologi sostengono (in linea con Sant’Agostino e Tommaso d’Aquino), che Gesù in realtà ha semplicemente voluto evitare di rendere palese la sua conoscenza delle cose e degli avvenimenti, per qualche motivo (finalità educative, di evangelizzazione, di insegnamento o altro). 

Ma vediamo ora alcuni di questi passi.

Famoso quello in cui Gesù viene toccato dall’emorroissa, che ne viene guarita, si direbbe, a sua insaputa:

Ma subito Gesù, avvertita la potenza che era uscita da lui, si voltò alla folla dicendo: «Chi mi ha toccato il mantello?». I discepoli gli dissero: «Tu vedi la folla che ti si stringe attorno e dici: Chi mi ha toccato?». Egli intanto guardava intorno, per vedere colei che aveva fatto questo.” (Mc 5:30-32).

Ci sono poi dei passi in cui si direbbe che Gesù non sia intenzionato ad agire secondo le richieste che gli vengono rivolte, come alle nozze di Cana:

E Gesù rispose: «Che ho da fare con te, o donna? Non è ancora giunta la mia ora».” (Gv 2:4);

o quella volta dalle parti di Tiro e di Sidone allorché una donna siro-fenicia gli implorò aiuto per la figlia: “Ma egli rispose: «Non sono stato inviato che alle pecore perdute della casa di Israele».” (Mt 15:24). Qualche perplessità viene specialmente se si confronta quest’ultimo versetto con quest’altro:

E ho altre pecore che non sono di quest’ovile; anche queste io devo condurre; ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge e un solo pastore.” (Gv 10:16)

Questa successione lascerebbe supporre una progressione nella consapevolezza della stessa Missione Terrena di Cristo, una sua apertura imprevista e sorprendente, un ampliamento illimitato: da un ambito locale a uno universale. Dalla Casa d’Israele a tutti gli uomini di ogni lingua e nazione:

Gesù disse loro: «Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura.”(Mc 16:15)

Inoltre si trovano anche dei passi in cui le affermazioni che possono dare adito ai dubbi prima citati, sono ancora più nette, quasi inequivocabili, quali quelle riguardanti la conoscenza del tempo in cui avverrà la fine del mondo, che troviamo sia nel Vangelo di Matteo sia in quello di Marco:

“Quanto a quel giorno e a quell’ora, però, nessuno lo sa, neanche gli angeli del cielo e neppure il Figlio, ma solo il Padre. (Mt 24:36);

“Quanto poi a quel giorno o a quell’ora, nessuno li conosce, neanche gli angeli nel cielo, e neppure il Figlio, ma solo il Padre. (Mc 13:32);

In Internet si trova il sito denominato “Cattolici Romani – il Forum dei Cattolici Romani” – che si può ritenere affidabile per contenuti, visto che vi scorre in continuo l’avviso: 

«Lo Staff del Forum dichiara la propria fedeltà al Magistero. Se, per qualche svista o disattenzione, dovessimo incorrere in qualche errore o inesattezza, accettiamo fin da ora, con filiale ubbidienza, quanto la Santa Chiesa giudica e insegna. Le affermazioni dei singoli forumisti non rappresentano in alcun modo la posizione del forum, e quindi dello Staff, che ospita tutti gli interventi non esplicitamente contrari al Regolamento di CR (dalla Magna Charta). O Maria concepita senza peccato prega per noi che ricorriamo a Te».

In questo sito si trova una discussione che verte proprio su quest’argomento. Un lettore, riferendosi al citato passo di Mc 13,32 vi pone il ragionevole quesito:

“come si spiega questa frase di Gesù? Egli era vero Dio, oltre che vero Uomo. Doveva essere onnisciente, oltre che onnipotente e bontà e giustizia estrema. Non ho mai capito questo significato”

A questa domanda il Forum Cattolici Romani risponde tramite un suo cronista (Stefano79) e un suo moderatore (Ismael), che si rifanno alla Documentazione Magisteriale (fonte quindi ineccepibile). 

Ho verificato le fonti citate (sul sito del Vaticano) e mi sono limitato a sottolineare in esse le parti più esplicite per il nostro discorso. 

In dettaglio, questa la risposta di Stefano79 (cronista di CR):

(fonte: http://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/pcb_documents/rc_con_cfaith_doc_20090608_bibbia-cristologia_it.html)

PONTIFICIA COMMISSIONE BIBLICA

BIBBIA E CRISTOLOGIA

[…]

2.2.1.3. Il rapporto tra Gesù e Dio

a) Il segreto ultimo – o piuttosto il mistero – di Gesù consiste essenzialmente nel suo rapporto con Dio. Nella sua preghiera Egli lo chiama «Abba»: parola che in aramaico significa «Padre» con una sfumatura di familiarità (cf. Mc 11,36 ecc.). Nella medesima frase Egli si attribuisce il nome di «Figlio» in cui afferma che solo il Padre conosce il giorno del Giudizio, escludendo gli Angeli e il Figlio stesso (Mc 13,32). Inoltre, questo modo di comportarsi come «Figlio» di fronte al «Padre» si può trovare più volte, sia nel quarto Vangelo (es. Gv 17,1: «Padre, è giunta l’ora, glorifica il Figlio tuo, perché il Figlio glorifichi te»; cf. anche Gv 3,35-36; 5,19-23), sia anche nel «logion» di Matteo e di Luca detto «giovanneo» (Mt 11,25-27 = Lc 10,20-21). La relazione con Dio sembra tanto intima che Gesù stesso può affermare: «Tutto mi è stato dato dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare» (Mt 11,27 = Lc 10,22).

b) Questo è il segreto intimo in cui trovano la loro origine tutti i comportamenti di Gesù, oppure, per esprimersi in altri termini, la sua autentica filialità (o condizione filiale). Egli ha coscienza di ciò fin dalla fanciullezza (Lc 2,49) e lo manifesta con la sua perfetta obbedienza alla volontà del Padre (Mc 14,36 e par.). Questa condizione di Figlio non gli impedisce di essere un uomo in modo perfetto, che «cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini» (Lc 2,52). Così egli cresce acquisendo una coscienza sempre più precisa della missione affidata a Lui dal Padre, dall’infanzia fino alla morte in croce. Infine, fa l’esperienza atroce della morte come ogni altro uomo (cf. Mt 26,39; 27,46 e par.) e, come si dice nella lettera agli Ebrei, «pur essendo Figlio imparò tuttavia l’obbedienza dalle cose che patì» (Eb 5,8).

Stefano79 continua ancora citando un’omelia di San Giovanni Paolo II:

(fonte:
http://www.vatican.va/jubilee_2000/magazine/documents/ju_mag_01041999_p-16_it.html) – Giubileo – La Catechesi di Giovanni Paolo II

Catechesi del Papa N. 4 di mercoledì 3 marzo 1999.

L’esperienza del Padre in Gesù di Nazareth

[…]

 5. Nonostante si sentisse unito al Padre in modo così intimo, Gesù ha dichiarato di ignorare l’ora dell’avvento finale e decisivo del Regno: “Quanto a quel giorno e a quell’ora, nessuno lo sa, neanche gli angeli del cielo e neppure il Figlio, ma solo il Padre” (Mt 24,36). Questo aspetto ci mostra Gesù nella condizione di abbassamento propria dell’Incarnazione, che nasconde alla sua umanità il termine escatologico del mondo. In tal modo Gesù disillude i calcoli umani per invitarci alla vigilanza e alla fiducia nel provvido intervento del Padre. D’altra parte, nella prospettiva dei vangeli, l’intimità e l’assolutezza del suo essere “figlio” non vengono minimamente pregiudicate da questa non conoscenza. Al contrario, proprio l’essersi fatto tanto solidale con noi, lo rende decisivo per noi davanti al Padre: “Chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch’io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli; chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch’io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli” (Mt 10,32s.). 

Riconoscere Gesù davanti agli uomini è indispensabile per poter essere riconosciuti da lui davanti al Padre. In altri termini, la nostra relazione filiale con il Padre celeste dipende dalla nostra coraggiosa fedeltà verso Gesù, Figlio prediletto. […]

Qui di seguito riporto anche la più breve risposta al quesito data da Ismael (moderatore di CR):

Sì anche Gesù è Dio.

Dobbiamo però elaborare:

1- Gesù è la incarnazione del Verbo, seconda ipostasi della Trinità. Quindi Gesù non è solo Vero Dio ma ANCHE Vero Uomo! Gesù Cristo condivide due nature in una singola persona. Egli è Dio, ma è anche un uomo con anima umana allo stesso tempo.

2- Il fatto che Gesù dica “nemmeno il Figlio” può essere spiegato in diverse maniere:

a- La prima spiegazione si ricollega a ciò che sta scritto nei testi proposti sopra da Stefano79. Gesù essendo vero Dio e vero Uomo, prima della Resurrezione, condivideva con noi anche alcune limitazioni umane e la parte divina di Cristo poteva, volendo, nascondere qualche conoscenza alla conoscenza umana di Gesù. Quindi mentre la natura Divina di Cristo è sempre onnisciente, quella umana magari non lo era, per questo ‘Il Figlio’ non sapeva queste cose.

Questo non significa che il Figlio sia inferiore al Padre, ma che nella incarnazione la conoscenza di Cristo-uomo era imperfetta, almeno prima della Resurrezione.

b- Un’altra spiegazione, prediletta da alcuni Padri (…) è che Cristo sapeva queste cose, anche nella sua umanità, ma che non voleva rivelarle ai discepoli in quel momento.

In generale, comunque, si può dire che gli approcci per discutere la “conoscenza di Cristo” hanno usato due metodologie distinte: una che si basa esclusivamente sull’analisi del testo del Nuovo Testamento, l’altra basata su un ragionamento teologico che deduce ulteriori principi al di là del testo. Questi due approcci, così come i metodi di interpretazione di passi evangelici specifici, hanno dato luogo a divergenti vedute tra i cristiani che affrontano tale argomento.

In definitiva, le conclusioni che si possono trarre, si possono riassumere così:

Tommaso d’Aquino e la successiva tradizione teologica cristiana, soprattutto cattolica, riteneva che nella sua mente umana Gesù godesse comunque in continuo della “visione beatifica” e quindi vivesse della visione diretta della Gloria di Dio e non della fede. L’Aquinate espresse classicamente questa tesi: “Se dunque si toglie l‘inevidenza della realtà divina, viene meno la fede. Ma Cristo fin dal primo istante della sua concezione ebbe la piena visione dell‘essenza di Dio… Quindi non ci poteva essere in lui la fede.” Insieme a questa conoscenza della visione, si riconosceva che la conoscenza umana di Gesù includesse conoscenza esperienziale “ordinaria”, ma la si reputava che abbracciasse una speciale conoscenza “infusa”.

Però sorgono notevoli difficoltà contro la tesi che sostiene che la conoscenza umana di Gesù comprendesse la visione beatifica. 

Primo, come poteva soffrire veramente se tramite la sua mente umana egli conosceva Dio immediatamente e in modo beatifico? 

Secondo, tale visione solleva problemi per il libero esercizio della volontà umana di Gesù. Nonostante il modo in cui Tommaso qualifica la “scienza di visione” da parte di Gesù, una tale visione beatificante immediata di Dio in questa vita sembrerebbe eliminare la possibilità della libertà umana alle condizioni della storia terrena. Qui ed ora, l’esercizio di libertà richiede dei limiti alla nostra conoscenza e delle incertezze sul futuro. 

Terzo, Gesù viene riportato nelle Scritture come obbediente verso il Padre, nonostante sofferenze e tentazioni (cfr. Marco 1:12-13;14:32-42; Luca 22:8; Ebrei 2:18;4:15) Il possesso regolare della visione beatifica escluderebbe qualsiasi vera difficoltà da parte di Gesù. Le sue “sofferenze e tentazioni” non sarebbero state delle vere minacce alla sua lealtà ma solo uno “spettacolo” messo in scena a nostro beneficio ed edificazione. 

Quarto, come si può conciliare la conoscenza della visione (che Tommaso interpreta ad includere una comprensione completa di tutte le creature e di tutto ciò che possono fare) con la conoscenza umana del mondo? Come essere umano, tale conoscenza cresce e si sviluppa attraverso l’esperienza, ma rimane sempre limitata e queste limitazioni appartengono proprio alla natura stessa dell’umanità. Una conoscenza in questa vita che comporti (fin dal primo momento del concepimento stesso) una comprensione totale di tutte le creature e di tutto ciò che possono fare, pare essere così sovrumana che getta seri dubbi sullo stato reale della conoscenza umana di Gesù.

Quinto, la tesi di tale conoscenza comprensiva sin dal momento del concepimento crea le sue proprie difficoltà. La mente non deve certamente esser ridotta al solo cervello. Ciò nonostante, la mente si correlaziona 1:1 al cervello; la vita mentale dipende dal cervello. Cosa si può ipotizzare del cervello umano di Gesù nella fase di cellula singola associandolo e in un qualche modo “appoggiandolo” alla più “avanzata” conoscenza umana mai immaginabile, la visione beatifica goduta dai santi del cielo dopo che hanno completato il proprio pellegrinaggio in terra? Secondo un motto classico, “la grazia suppone la natura“. Qui avremmo una grazia straordinariamente elevata, proprio la visione di Dio goduta da coloro che “dimorano nella gloria”, che verrebbe però a basarsi su un punto di partenza estremamente semplice per la crescita della sua natura umana: Gesù nella fase di cellula singola (derivante, attraverso Maria, da Adamo).

Sesto, i Vangeli Sinottici contengono passi che implicano limiti ordinari alla conoscenza umana di Gesù (per esempio, Marco 5:30-32;13:32). Alcuni insegnanti paleocristiani tentarono di mitigare la forza di ammissioni del tipo “nessuno conosce il giorno o l’ora [della fine], né gli angeli nel cielo, né il Figlio, ma solo il Padre” (Marco 13:32). Agostino quindi spiega che Gesù conosceva l’ora ma non era disposto ad annunciarla (De Trinitate, 1.23). Tuttavia, altri scrittori antichi riconobbero che i Vangeli riportavano dei limiti alla conoscenza umana di Gesù. Cirillo d’Alessandria prese Luca in parola quando scrisse che Gesù “crebbe in sapienza e in età” (Luca 2:52).

Settimo, le limitazioni di questo tipo sono caratteristiche della natura umana. L’insistenza del Concilio di Calcedonia che la natura umana di Cristo conservò il “carattere ad essa appropriato”, deve rendere cauti circa l’attribuzione di proprietà speciali (in questo caso, la conoscenza del tutto straordinaria della “visione beatifica”) alla sua mente umana. La mente umana di Cristo e la rispettiva conoscenza furono mantenute come tali e non rese sovrumane mediante l’unione ipostatica. La comprensione completa di tutte le creature e di quello che potessero fare (che l’Aquinate ritiene appartenga alla visione beatifica) eleverebbe la conoscenza di Cristo a tali livelli al di sopra dei normali limiti della conoscenza umana da far venire dubbi sulla autenticità della sua umanità, per lo meno in un aspetto essenziale: lo farebbe sembrare, durante la sua storia terrena, come se nella sua mente umana avesse avuto a tutti gli effetti il potere dell’onniscienza, anche se non necessariamente onnisciente come Dio nella mente divina.

Per queste e altre ragioni correlate, oggi i teologi trovano difficile accettare la tesi di Tommaso d’Aquino che la conoscenza del Gesù terreno includesse (quasi a dire fosse dominata da) la visione beatifica. Si deve invece insistere su “ciò che viene implicato dalla conoscenza umana della Parola eterna esercitata attraverso la nostra natura quale secondo principio della sua attività”. Fintanto che il soggetto divino operava tramite una natura umana su questa terra, il Logos agiva mediante una natura ed una mente limitati in conoscenza. Altrimenti la reale condizione di tale natura umana sarebbe sospetta e Gesù non sarebbe stato “veramente” umano nei termini definiti classicamente dal Concilio di Calcedonia.

Quei cattolici che ancora vorrebbero sostenere la tesi di Tommaso, e che è stata popolare fino alla metà del XX secolo, devono far riferimento ai numerosi documenti della Commissione Teologica
Internazionale
(1979, 1981 e 1983) e della Commissione Biblica Pontificia (1984) che hanno trattato della consapevolezza e conoscenza umane di Gesù e non hanno mai affermato che egli abbia goduto della visione beatifica durante la sua vita terrena.[Gerald O’Collins[[5]], ”Christology: A Biblical, Historical, and Systematic Study of Jesus Christ, OUP, 1995, pp. 268 – (IT) Cristologia: Uno studio biblico, storico e sistematico su Gesù Cristo, Queriniana, 1997-2007; le rispettive proposizioni teologiche vengono esaminate nella sezione: “Chiesa cattolica”.] Similmente, il Catechismo della Chiesa Cattolica (1992) non attribuisce in nessun punto tale visione (beatifica) alla mente umana di Cristo durante la sua vita terrena. La “visione massima” della conoscenza terrena di Gesù sostenuta da Tommaso non gode più dell’approvazione ufficiale delle autorità ecclesiastiche della maggioranza delle confessioni cristiane, sebbene alcuni continuino a difenderla.

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Le riflessioni precedenti, provenienti da varie fonti, per lo più citate e verificabili, sono state da me raccolte e organizzate a scopo didattico per chiarire l’aspetto – per lo più ignorato – della crescita in conoscenza di Gesù-uomo, durante la sua vita terrena.

E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini.” (Luca 2:52)

               

Torino, 18 maggio 2016                                                                                                                                                                                                    Guido Tomasi

 


 

 

[[1]] Rispose loro Gesù: «In verità, in verità vi dico: prima che Abramo fosse, Io Sono»”(Gv 8:58), 

“E ora, Padre, glorificami davanti a te, con quella gloria che avevo presso di te prima che il mondo fosse“ (Gv 17:5).

[[2]] [Cristo Gesù] il quale, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio;

ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce” (Filippesi 2:6-8).

[[3]] Ricordiamo che, secondo quanto insegna la Sacra Scrittura, l’uomo è trinitario, composto di corpo, di anima e di spirito. Rifiutarsi di accettare questa realtà, aggrappandosi ostinatamente a pur eleganti argomentazioni medievali, con la pretesa di semplificare la descrizione dell’uomo riducendolo al dualismo corpo-anima, rende molto più complicato comprendere davvero la condizione umana, visto che essa sta su una base differente. Brevemente, in proposito si vedano i passi biblici neotestamentari: 1TS 5,23, EB 4,12. L’anima poi, è il risultato dell’incontro dello Spirito con la materia (Gen 2,7), (Gv 6,63).

[[4]] Unione ipostatica (in greco ὑπόστασις = hypóstasis, sedimento, fondazione, sostanza, o sussistenza) è un termine della teologia cristiana, usato nella cristologia tradizionale per descrivere l’unione della divinità e umanità di Cristo in una ipostasi. 

Il primo concilio di Efeso riconobbe questa dottrina e affermò la sua importanza, sostenendo che l’umanità e divinità di Gesù Cristo sono in unione secondo la natura e l’ipostasi nel Logos:

« Il Verbo, unendosi ipostaticamente a una carne animata da un’anima razionale si fece uomo in modo ineffabile e incomprensibile e si è chiamato figlio dell’uomo, non assumendo solo la volontà e neppure la sola persona. Sono diverse, cioè, le nature che si uniscono, ma uno solo è il Cristo e Figlio che risulta. Non che questa unità annulli la differenza delle nature ma piuttosto la divinità e l’umanità formano un solo e Cristo, e Figlio, che risulta da esse. »

(Concilio di Efeso, Seconda lettera di Cirillo a Nestorio)

[[5]] Gerald O’ Collins S.I. (Melbourne, 1931) è un gesuita e teologo australiano, scrittore religioso e accademico, noto per le sue opere di cristologia.

Servire per Crescere

Luca 22,26-27: […] ma chi è il più grande tra voi diventi come il più piccolo e chi governa come colui che serve. Infatti chi è più grande, chi sta a tavola o chi serve? Non è forse colui che sta a tavola? Eppure io sto in mezzo a voi come colui che serve.

Benvenuti, cari fratelli! Se siete venuti qui, è perché nel vostro cuore il Signore Gesù vi ha chiamati e voi avete risposto di sì!

Dobbiamo sapere con certezza che servire il Signore, in qualsiasi ambito e modalità venga svolto il nostro servizio, apporta grandi benedizioni. Inoltre, permette la crescita e lo sviluppo del Corpo di Cristo, e ognuno, per quanto possa apparirgli piccola la parte cui è chiamato a occuparsi, può legittimamente rallegrarsi per questo.

Davanti al Signore non andrà perduto neppure un bicchiere d’acqua che avremo dato nel Suo Nome – Matteo 10,42:E chi avrà dato anche solo un bicchiere di acqua fresca a uno di questi piccoli, perché è mio discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa”.

Come accennato prima, vi sono molti modi di servire il Signore. Già il mantenersi in grazia ed essere operatori di pace nel luogo dove viviamo e dove lavoriamo, non è certo trascurabile. Se poi si pratica qualsiasi opera di misericordia corporale e/o spirituale, allora si dimostra concretamente di avere “generosità di cuore”. E se questo avviene non per qualche forma di compiacimento personale, ma come frutto della Carità, allora è sicuramente prova che stiamo camminando nella strada che ci ha indicato il nostro Signore Gesù Cristo.

1Corinzi 12,27-31: Ora voi siete corpo di Cristo e sue membra, ciascuno per la sua parte. Alcuni perciò Dio li ha posti nella Chiesa in primo luogo come apostoli, in secondo luogo come profeti, in terzo luogo come maestri; poi vengono i miracoli, poi i doni di far guarigioni, i doni di assistenza, di governare, delle lingue. Sono forse tutti apostoli? Tutti profeti? Tutti maestri? Tutti operatori di miracoli? Tutti possiedono doni di far guarigioni? Tutti parlano lingue? Tutti le interpretano? Aspirate ai carismi più grandi! E io vi mostrerò una via migliore di tutte.

1Corinzi 13,1- 13:Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sono come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna. E se avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza, e possedessi la pienezza della fede così da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sono nulla. E se anche distribuissi tutte le mie sostanze e dessi il mio corpo per esser bruciato, ma non avessi la carità, niente mi giova. La carità è paziente, è benigna la carità; non è invidiosa la carità, non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia, ma si compiace della verità. Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. La carità non avrà mai fine. Le profezie scompariranno; il dono delle lingue cesserà e la scienza svanirà. La nostra conoscenza è imperfetta e imperfetta la nostra profezia. Ora vediamo come in uno specchio, in maniera confusa; ma allora vedremo a faccia a faccia. Ora conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anch’io sono conosciuto. Queste dunque le tre cose che rimangono: la fede, la speranza e la carità; ma di tutte più grande è la carità! In particolare, è nella capacità di perdonare le offese, che possiamo verificare se siamo “solidi” in Cristo.

1Giovanni 4:20: Se uno dicesse: «Io amo Dio», e odiasse il suo fratello, è un mentitore. Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede.

Quando, con l’aiuto di Dio, riusciamo a perdonare di cuore chi ci ha offeso, si dimostra vero quel versetto di 1Giovanni 4,4: Voi siete da Dio, figlioli, e avete vinto questi falsi profeti, perché colui che è in voi è più grande di colui che è nel mondo.

Abbiamo fatto questa premessa, perché sarebbe una grave leggerezza non ricordare cosa dice la Parola: Siracide 2:1: Figlio, se ti presenti per servire il Signore, prepàrati alla tentazione.

Ovvero, chi si presenta per servire il Signore, deve avere acquisito una certa maturità spirituale. Se preferite, per servire il Signore, non si può partire badando direttamente al servizio da svolgere. Occorre prima avere ascoltato il Maestro. E avere accolto per davvero il Suo Vangelo. Prima si deve essere come Maria. Poi si può fare Marta. Prima si deve curare l’aspetto spirituale. Solo dopo possiamo garantire anche quello materiale (teorico e pratico).

Colossesi 3,23: Qualunque cosa facciate, fatela di cuore come per il Signore e non per gli uomini.

Romani 14,8: perché se noi viviamo, viviamo per il Signore, se noi moriamo, moriamo per il Signore. Sia che viviamo, sia che moriamo, siamo dunque del Signore. 

1Corinzi 10,31: Sia dunque che mangiate sia che beviate sia che facciate qualsiasi altra cosa, fate tutto per la gloria di Dio.

1Tessalonicesi 5,10: Il quale è morto per noi, perché, sia che vegliamo sia che dormiamo, viviamo insieme con lui.

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Vi è una grande varietà di ministeri e di servizi utili e necessari nei nostri incontri.

Qui parliamo di quelli che possono essere svolti dai fedeli laici. Per ognuno di essi vi sono cose da sapere e da imparare, non solo sotto l’aspetto teorico, ma anche pratico. Per questo riteniamo che ognuno debba essere ben convinto dell’utilità di partecipare a questi incontri. Lo Spirito Santo può dare ad alcuni un vero e proprio carisma per svolgerli. Il carisma, riconosciuto dai fratelli, può essere messo all’opera conferendo un incarico al fratello in cui il carisma si rivela.

L’incarico di svolgere un determinato compito, se accettato in umiltà ed esercitato per l’edificazione comune, conferisce un’unzione per il suo svolgimento e con l’esercizio ogni carisma col tempo generalmente si affina sempre più.

– Accoglienza (non va mai sottovalutata perché può avere degli effetti di enorme importanza)

– Ministero della Musica e del Canto                              

– Animazione della preghiera nei vari momenti (PCC = preghiera comunitaria carismatica)

– Profezia, esortazione e Parola di Conoscenza

– Insegnamento

– Preparazione Liturgia – Mistagogie

– Servizio all’altare e accompagnamento Santissimo

– Lettorato – Preghiere dei fedeli

– Ministri straordinari dell’Eucarestia e loro accompagnatori

– Elemosinieri

– Sentinelle/barellieri. Svolgono un servizio d’ordine in sala per molte necessità: curano la raccolta delle testimonianze scritte e delle intenzioni di preghiera; coordinano la questua degli elemosinieri; disciplinano quanti sono in attesa per le confessioni; indicano ai fedeli il percorso da seguire per ricevere l’Eucarestia; provvedono a necessità particolari (assistenza in caso di riposo nello spirito o altre manifestazioni); infine sanno intervenire in modo corretto ove ci fosse effettivo bisogno di un servizio medico di pronto soccorso.

– Preghiera di guarigione – preghiera sulle persone nuove

– Lettura testimonianze – avvisi e altro (p. es. distribuzione materiale informativo)

 E inoltre:

– Realizzazione di opuscoli e CD

– Tenuta del sito web – segretariato

– Cura dei locali della sede della Comunità

– Altre eventuali

L’Amore Vocazione dell’Uomo

Venerdì 23 ottobre dalle ore 20.45 è iniziato il primo incontro sulla spiritualità famigliare della Comunità Santo Volto al Centro della Divina Misericordia.

Erano presenti una decina di coppie e tra esse alcune della “prima ora”, che hanno condiviso il “cammino delle coppie consacrate” con Angiolina e Augusto per molti anni, alcuni giovani single e nuove coppie già presenti in Comunità.

Da una festosa accoglienza si è passati a una fervorosa e coinvolgente preghiera di comunione ispirata dal canto “un sol corpo e un solo Spirito”, culminata in parole profetiche di lode e di esortazione all’amore fraterno (Matteo 10,13-13 e Isaia 12, 1-12).

Raffaele e Giusy hanno spezzato per noi l’insegnamento sulle beatitudini della famiglia e in Beati i Misericordiosi (estremamente attuale, visto che siamo alle porte del Giubileo intitolato alla Misericordia).

Occorre rivestirsi di misericordia fino ad assumerne l’identità: beata quella famiglia che vive la pace e dona la pace; beata quella famiglia capace di perdono pronto e vicendevole.

Il prossimo incontro sarà venerdì 27 Novembre (20.45) e la novità è che, sullo stile di Papa Francesco che esorta ad essere Chiesa accogliente e non escludente sarà un incontro aperto a tutti quelli che vogliono pregare per

– Per la famiglia spirituale della Comunità Santo Volto

– Per la propria famiglia;

– Per le famiglie che soffrono, affinché possano diventare un luogo dove si sta bene;

– Per le famiglie in crisi, versando così un balsamo di guarigione;

– Per chi è senza famiglia;

– Per chi è separato o divorziato;

– Per chi desidererebbe formare una
famiglia.

Evitando ogni atteggiamento critico, affinché la famiglia umana possa guarire dai veleni che la società attuale propone.

Come disse già Papa Giovanni XXIII: “Non è il Vangelo che cambia siamo noi che cominciamo a comprenderlo meglio. E’ giunto il momento di riconoscere i “segni dei tempi”, di coglierne le opportunità e di guardare lontano”.

Con l’intercessione della Santa Famiglia, ogni fratello può ritenersi chiamato a partecipare.

                                                                                                                                                                                                                   Guido e Maria