(Tarcisio Mezzetti – Lozio – luglio 1987)
I Vangeli ci offrono esempi di preghiera di intercessione quando ci
presentano gli eventi della guarigione del servo del centurione (Mt 8,5-13)
e della figlia della donna cananea (Mt15,21-28), per esempio.
Il servo del centurione romano apparteneva ai ceti più bassi della
società ebraica.
La cananea e sua figlia non solo erano donne (nella società ebraica di
allora valeva più un mulo della moglie) ma, come il centurione, erano
addirittura pagane.
Gesù è però così portato alla guarigione che il centurione può
dirgli: dì soltanto una parola e il mio servo sarà guarito. Il centurione
era un romano che sorvegliava le coorti che occupavano Gerusalemme e il suo
schiavo, secondo la legge romana, non aveva nessun diritto e poteva essere
messo a morte dal proprio padrone. Questo centurione pagano che aveva un
servo di così basso valore e ammalato, dice a Gesù: non prenderti neppure
il disturbo di venire fino a casa mia, dì solo una parola e lui sarà
guarito.
Quest’uomo è uno che fa intercessione nel modo più alto, nobile e
semplice possibile.
Nella preghiera di intercessione Gesù ci mostra la sua volontà di agire
sulle persone più piccole e più ferite.
Raccontano i fratelli Linn: quando abbiamo vissuto per un anno nella Casa
di Intercessione Betania, abbiamo sempre pregato per ricevere tre doni
perché la nostra preghiera di intercessione potesse assomigliare a quella
di Gesù: la compassione, un cuore che sappia ascoltare e una intercessione
gioiosa.
1° - La compassione è il primo dei doni necessari per fare la preghiera
di intercessione.
Molti dei sacerdoti che venivano alla casa di Betania, lottavano contro
problemi gravi come alcolismo, depressione, legami spezzati e simili; essi
erano venuti per guarire se stessi.
Appena arrivavano, davamo loro una benedizione perché ottenessero il
dono della compassione e suggerivamo a ciascuno di loro di dimenticare se
stessi per tre giorni; chiedevamo loro invece di concentrarsi su una persona
che soffriva del loro stesso male. Ci accorgevamo così che dopo tre giorni
soprattutto di preghiera di intercessione, i sacerdoti avevano ricevuto la
guarigione di cui avevano bisogno.
Questo occorre bene ricordare: quando noi preghiamo per qualcun altro,
il Signore guarisce noi!
Le loro ferite erano state toccate e sanate nel momento stesso in cui
essi imparavano, attraverso la preghiera di intercessione, quanto Gesù
amava un’altra persona che si trovava nelle stesse condizioni in cui si
trovavano loro. Quando un sacerdote depresso riusciva, grazie alla preghiera
di intercessione, a far sì che Gesù amasse un altro sacerdote depresso, l’intercessore
comprendeva che anche lui era amato da Gesù, ed era amato da Gesù nel
mezzo della sua depressione.
Quando noi preghiamo per un altro che è nella nostra stessa situazione,
noi catturiamo l’amore di Gesù e il suo desiderio di essere lì accanto a
quella persona e di operare la guarigione necessaria.
Il modo più semplice di ottenere una guarigione per se stessi è quello
di pregare per qualcuno che è proprio come noi e di pregare con la stessa
profonda compassione di Gesù.
2° - Un cuore attento e che sappia ascoltare è il secondo dono
richiesta dalla preghiera di intercessione. Mentre la compassione comincia a
farci diventare una persona sola con colui per cui stiamo pregando, ecco che
iniziamo a ricevere il dono di un cuore che ascolta. Questo avviene quando
il nostro cuore, quello di Gesù e quello della persona per cui stiamo
pregando, diventano tutti e tre un cuore solo (= avere un cuore in ascolto).
Continuano i fratelli Linn: un esempio di come si può ricevere il dono
di un cuore che sa ascoltare, è quello che ci fu offerto da Leo. Leo
pregava per suo padre che aveva 73 anni e si chiamava Frank. Frank era
cresciuto in Messico durante la rivoluzione del 1920, quando la Chiesa si
era trovata spesso a parteggiare dalla parte dei ricchi. Frank veniva da una
famiglia molta povera, e a causa della sua esperienza vissuta in Messico,
non voleva avere niente a che fare con i preti e con la religione. Leo era
molto preoccupato perché pensava che suo padre non aveva ancora molti anni
da vivere, e nutriva forti preoccupazioni per la salvezza della sua anima.
Durante la preghiera chiedemmo a Leo che si sforzasse di identificarsi
con suo padre, tenendo le mani nella stessa posizione in cui le teneva suo
padre, modellando il suo comportamento per essere come il padre. Dopo tale
identificazione Leo fece sì che il proprio cuore cominciasse ad avere gli
stessi sentimenti e le stesse preoccupazioni del cuore di suo padre.
Assumendo l’atteggiamento e perfino i sentimenti di un altro, Leo tentava
di intercedere come intercede Gesù il quale, come Sommo
Sacerdote, intercede diventando come noi in tutto, tranne che nel peccato (Eb
2,17; 4,15).
Alla fine di questa preghiera di intercessione, Leo ci confidò di essere
diventato realmente suo padre e di avere sentito che Gesù e qualche altra
persona a lui sconosciuta, erano venute a lui (Frank) per amarlo. La
preghiera e l’amore di Gesù erano stati così reali che Leo comprese che
suo padre aveva veramente ricevuto l’amore di Gesù, e si sarebbe salvato.
Il dono di un cuore in ascolto significa che il nostro cuore sta
ascoltando due cuori: ascolta il cuore sofferente della persona per cui
stiamo pregando e ascolta il cuore di Gesù che ama ed intercede per lui.
Quando più tardi chiedemmo a Leo cosa fosse successo a suo padre Frank
dopo la preghiera, egli ci raccontò che suo padre era anticlericale come
sempre ma che mentre per tre anni, prima della preghiera, aveva avuto
preoccupanti segni di crescente senilità, perdita di luogo e di memoria,
incubi ed eccessi d’ira, dopo la preghiera, il comportamento senile di
Frank è scomparso e non è più tornato.
Molte volte noi crediamo che le nostre preghiere non vengono esaudite,
perché non otteniamo quello che avevamo chiesto: per esempio Frank era
rimasto anticlericale, ma ogni volta che preghiamo con un cuore in
ascolto, Gesù può fare il passo successivo, riempiendo quella determinata
persona di una nuova vita, quindi se noi preghiamo spesso, Gesù ogni volta
farà un altro passo.
Il dono di un cuore in ascolto significa permettere al nostro cuore di
udire il cuore di un’altra persona, fino ad entrare nel suo mondo
angosciato, e proprio lì, in quel suo mondo, incontrare Gesù.
Se intraprendiamo entrambi i passi: identificandoci con quella persona e
permettendo poi a Gesù di riempire quella persona con una vita nuova,
quando avremo terminato la nostra preghiera, anche il nostro cuore non sarà
colmo di dolore ma sarà colmo di una nuova vita.
Questo avviene anche perché mentre ci identifichiamo con l’altro, ci
identifichiamo anche con Colui che sta già pregando: troviamo Gesù che per
mezzo dello Spirito, sta già pregando nel cuore di quella persona che noi
stiamo portando a Lui.
3° - Una intercessione gioiosa è il terzo dono necessario per la
preghiera di intercessione. Dopo aver udito Gesù che prega per mezzo dello
Spirito nel cuore di un altro, noi possiamo pregare con gioia, in quanto noi
avvertiamo che Gesù sta già riempiendo quella persona di una nuova vita.
Ciò non significa che per pregare per gli altri dobbiamo aspettare finché
non avremo (noi che preghiamo) raggiunto un umore gioioso. Possiamo anche
pregare nel mezzo del nostro dolore, come facevano i sacerdoti alla casa di
preghiera di Betania.
Ma il segno della intercessione vera è dato da ciò che essa opera in
noi, cioè se siamo guidati verso la gioia e la fiducia nel Signore, oppure
se quando terminiamo la preghiera, noi siamo ancora nel dolore.
Notate: tante volte nel Rinnovamento si dice: ma.. io ho pregato e io
assorbo…le malattie, i dolori. Ho interceduto per quello e sono diventato
triste anche io…assorbo!
Ci sono delle persone che lo ripetono convinte e qualcun altro, ancora
più sciocco, ci crede.
Se fosse una faccenda di "assorbimento", Gesù doveva avere: la
lebbra, toglieva la lebbra e la prendeva Lui, doveva essere cieco, anche
morto.
Dobbiamo perciò chiederci: ci stiamo concentrando sul problema o ci
stiamo concentrando in preghiera su Colui che risolve i problemi? E’
questa la domanda! Se "assorbo" allora vuol dire che penso al
problema, se invece sono pieno di gioia allora vuol dire che penso a Gesù.
Io, per esempio, non posso pregare un’artrite, casomai pregherò Gesù
per (che guarisca) una artrite.
Raccontano ancora i fratelli Linn: una nostra amica che si chiamava Rosa,
era affetta da cancro e le erano stati pronosticati sei mesi di vita. Rosa
cominciò a pregare, nel mezzo del suo dolore, per altri pazienti malati di
tumore ed anche per alcuni sacerdoti; invece di sei mesi visse quattro anni,
ed le uniche volte che non provava dolore era quando intercedeva per gli
altri. Mentre Rosa era in preghiera, riceveva dal Signore tanto amore e
tanta forza da dimenticare quasi completamente il proprio dolore e la sua
volontà di vivere cresceva.
Molti, quando terminano una preghiera di intercessione, sono
completamente esauriti (come i pranoterapisti). Si trovano nella stessa
situazione di coloro per cui hanno pregato, e credono che questa sia la
sorte di ogni intercessore. Ma il modo in cui intercedeva il Signore ci
invita a terminare la preghiera non con un aggravio di dolore ma con
maggiore amore e speranza di quando abbiamo iniziato a pregare. Talvolta
però, pregare per un altro può comportare dolore, ma sono dei casi
particolari.
Racconta Padre Dennis Linn: mia madre si svegliò una notte in preda ad
un acuto dolore alla gamba destra. Riconobbe subito che si trattava dello
stesso genere di dolore che aveva suo padre che era ammalato. Allora si
alzò e cominciò a recitare un Rosario per lui. Mentre stava terminando il
Rosario squillò il telefono e ricevette la notizia che suo padre era appena
morto.
Io ritengo che il dolore di mia madre venisse veramente dal Signore,
infatti era un modo per farla svegliare e pregare, non per farla soffrire.
Quel dolore la indusse ad alzarsi e a pregare per mio nonno che stava
morendo, la condusse ad un amore più grande piuttosto che all’afflizione.
Talora potremmo veramente essere chiamati a condividere il dolore di una
persona; è una grazia eccezionale. Ma il Segno che quel dolore viene dal
Signore è che esso ci spinge ad entrare in un rapporto più profondo con
gli altri e di unirci più strettamente a Dio.
Quelli invece che fanno gli "assorbenti" scappano via, "io
non posso pregare più perché assorbo…"; vedete che manca l’elemento
della carità…non viene dallo Spirito!
Se nella preghiera di intercessione noi proviamo invece un dolore che ci
logora e che ci costringe a chiuderci in noi stessi, vuol dire che in tal
caso non stiamo esercitando una autentica, vera preghiera di intercessione.
Quando preghiamo la vera preghiera di Gesù noi cresciamo e riceviamo
amore, ed è questo il segno della intercessione gioiosa.
Talora anche quando preghiamo con una intercessione gioiosa, con
compassione e con il cuore in ascolto, la persona per cui stiamo pregando
non cambia affatto. Perfino Gesù ha pregato per molte persone che a
quanto ci risulta non cambiarono mai. Alcune di queste persone potrebbero
essere state proprio quelle che lo arrestarono e lo crocifissero. Non ci
è stata data la promessa che ogni persona per cui intercederemo sarebbe
cambiata, ci è stato invece promesso che nel momento stesso in cui veniamo
a contatto con quella persona, noi stessi saremo cambiati e diventeremo
guariti.
Raccontano i fratelli Linn: una nostra cugina: Suor Mary Jane Linn
scoprì questa verità mentre trascorreva gli ultimi anni della sua vita in
una preghiera di intercessione a tempo pieno per il nostro ministero, cioè
pregava a tempo pieno per i due fratelli gesuiti. Una volta ci rivelò in
qual modo il suo dono di intercessione ebbe inizio. Ella aveva lavorato in
una casa per Sorelle anziane ed inferme; un giorno andò a trovare Grazia,
una sorella paralizzata da anni. Mary avvertì che ella desiderava essere
rilasciata da qualcuno per riuscire a morire e così chiese a Grazia cosa
desiderava fare prima di morire. Grazia rispose che desiderava riconciliarsi
con un amico, Michael, ma nessuno sapeva dove rintracciarlo. Mary disse a
Grazia: sono le 9,30 del mattino e per un po’ non ho niente da fare;
resterò qui con te e pregherò perché il tuo amico venga, e non lascerò
la tua stanza finchè non sia arrivato. Mary cominciò a pregare e a
mezzogiorno un uomo bussò alla porta: era Michael. Grazia e Michael
restarono insieme per qualche ora, dopo di che Mary chiese a Michael come
avesse deciso di venire proprio quel giorno. Michael spiegò: stamattina
stavo facendo il mio lavoro e avevo molte cose da fare, ma il nome di Grazia
continuava a tornarmi in mente. Mi dicevo, ho tante cose da fare, non posso
andare a trovarla, ma quel nome continuava a tornarmi in mente. Decisi così
di andarla a trovare. Arrivato dopo due ore di viaggio, Grazia morì
esattamente due ore dopo essersi riconciliata con Michael.
La morale di questo racconto non è che ogni volta che preghiamo avverrà
qualcosa, come l’arrivo di Michael. Le persone per cui preghiamo hanno
piena libertà di scelta e Michael avrebbe potuto decidere di continuare a
lavorare. La cosa essenziale è che l’intercessione è la potente
preghiera di Gesù che sta intercedendo per noi, e il Padre ci comunica
sempre una risposta, anche quando noi non siamo sensibili da percepirla.
La preghiera di intercessione si chiama anche "Divenire un
altro"; talvolta si chiama anche la preghiera delle scarpe o del
mocassino, perché la tribù indiana dei Sioux che erano monoteisti, ha una
bellissima preghiera che dice: Grande Spirito, concedimi di non criticare
nessuna persona finché io non abbia percorso un miglio nei suoi mocassini.
In questa preghiera essi chiedono di poter capire ciò che una persona prova
dentro di sé prima di poterla giudicare. E’ proprio questo il dono
dell’intercessione: capire davvero la realtà della persona per cui stiamo
pregando e pregare poi con la preghiera che Gesù sta già pregando in quel
cuore sofferente.
Dopo qualche istante di silenzio, faremo la preghiera del mocassino.
Ascoltate in preghiera e ad occhi chiusi dalla lettera agli Ebrei 2,
16-17:
Ora chiedete a Gesù per che cosa Egli vorrebbe che voi intercedeste a
favore di una certa persona. Chiedetelo a Lui, non immaginatelo voi.
Poi chiedete al Signore la grazia di intercedere, diventando quella
persona in tutto tranne che nel peccato.
Adesso fate che il vostro corpo si modelli nel corpo della persona per
cui Gesù vi chiede di pregare.
Chiedete a Gesù di aiutarvi a sperimentare ciò che Lui vuole farvi
sperimentare, forse il Signore vi aiuterà a farvi sentire i problemi di
quella persona, finché il vostro cuore non riuscirà a pulsare con la
stessa ansia o con la stessa lentezza del cuore di quella persona.
Fate in modo che questi problemi modellino la vostra fronte, il vostro
volto, le vostre mascelle, le vostre spalle, la vostra schiena, le vostre
mani, i vostri piedi: lasciate che tutto il corpo rassomigli al corpo di
quella persona.
Adesso osservate come il vostro corpo esprima le ansie, la colpa, la
solitudine, lo scoraggiamento o il dolore di quella persona.
Quando riuscite a percepire in quale modo quella persona ha bisogno di
guarire, recitate la preghiera che Gesù, presente in quella persona, recita
al Padre per la sua guarigione, e pensate che forse quella preghiera può
essere fatta solo di una parola: "guariscilo, salvalo, liberalo".
Adesso, come se voi foste quella persona, lasciate che il Padre imponga
su di voi le sue mani e cominci a guarirvi, finché non avvertirete più
pesi da affidare a Lui, ma riuscirete invece, con la preghiera del respiro,
a respirare e comunicare il suo Amore che guarisce. Ecco voi siete la
persona per cui si sta intercedendo, il Padre impone le sue mani su di voi e
voi sentite i pesi che stanno dentro la persona per cui intercedete, che
vengono via via tolti, mentre voi respirate l’amore del Padre.
Terminate adesso questo esercizio, recitando la preghiera di Gesù dentro
di voi adesso, la preghiera che Gesù fa per voi, davanti al Padre, la
preghiera che Gesù fa per ciascuno di noi.
Canto in lingue.
Signore ti ringraziamo di tutto quello che ci hai dato oggi, Ti
ringraziamo perché ogni giorno di più, ogni momento di più, noi scopriamo
di essere amati da Te.