I Quaderni della Comunità n° 2/2006

 

Comunità  S. Volto  di Gesù

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LE VIRTU’ TEOLOGALI

(  Fede – Speranza – Carità  )

 

 

Riduzione tratta dal libro di esercizi spirituali diretti da S.E.C.A. Carlo M. MARTINI

 

 

 

 

 

Le Virtù Teologali

 

Abbiamo fin qui riflettuto sulle Virtù Cardinali: Prudenza – Giustizia – Fortezza – Temperanza –, caratteristiche di ogni uomo onesto. Possono anche essere virtù di un buon pagano. In effetti le troviamo nel pensiero filosofico di Socrate come è presentato da Platone e nei trattati di Platone stesso e di Aristotele.

Sant’Ambrogio ne parla appoggiandosi sugli scritti di Cicerone, mostrando di non disdegnare la grande sapienza pagana.

Le tre Virtù che dobbiamo trattare ora: Fede – Speranza – Carità, sono invece specificatamente bibliche.

Esse fondano, animano e caratterizzano l’agire morale del cristiano. Sono infuse da Dio nell’anima dei fedeli per renderli capaci di agire quali suoi figli e meritare la vita eterna. Sono il pegno della presenza e dell’azione dello Spirito Santo nelle facoltà dell’essere umano.  C.C.C. 1813

 

Nella loro unità indivisibile, San Paolo ce le presenta fin dalla sua antica lettera, quella ai Tessalonicesi: “Siamo continuamente memori davanti a Dio e Padre del vostro impegno nella “Fede”. Della vostra operosità nella “Carità”. Della vostra costante “Speranza” nel Signore nostro Gesù Cristo.  (1°Ts.1,3)

 

Si tratta di tre atteggiamenti molto importanti e sempre collegati tra loro perché sono propri del cristiano.

Il discepolo di Cristo si qualifica anche per la sua “Prudenza”, “Giustizia”, “Fortezza” e “Temperanza” in quanto crescono sul terreno della “Fede, Speranza e Carità”.

 

Questa triade, forma la risposta globale al Dio trinitario che si rivela in Gesù Cristo. Si tratta quindi di Virtù legate alla Rivelazione Soprannaturale. Senza di essa, non avrebbe senso la “Fede”, che è il si a Dio che si rivela; non avrebbe senso la “Speranza” che si appoggia alle promesse di Dio sulla vita eterna; né avrebbe possibilità alcuna di esistere la “Carità”, che significa amare come Dio stesso ama.

Esse poggiano sull’amore di Dio, alla manifestazione del Suo amore per l’uomo in Gesù Cristo. Ecco perché sono chiamate “Teologali o Divine”, perché, è Dio stesso a renderle possibili, a offrirci di Credere, Sperare, Amare.

Mentre da soli siamo in grado di essere: Forti, Giusti, Prudenti, Temperanti, non lo siamo di: Credere, Sperare, Amare se Dio non prende l’iniziativa gratuita e libera di infonderci questa triade di Virtù.

 

La Fede

 

Che cos’è la Fede nella nostra vita? Perché credere?

Quali difficoltà si incontrano nel cammino della “Fede”?

La “Fede” è un bene grandissimo e difficile da spiegare a parole. Facciamo alcuni esempi:

  1. E’ l’atteggiamento di Abramo, che risponde “Eccomi” al Signore che lo chiama per metterlo alla prova –  Gn.22,1
  2. E’ l’atteggiamento di Mosè, che risponde “Eccomi” a Colui che lo chiama dal roveto ardente – Es.3,4
  3. E’ l’atteggiamento di Samuele, che dice “Eccomi” al Dio che lo chiama nella notte -  Sam.3,4-10
  4. E’l’atteggiamento di Maria, che all’Angelo risponde “Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto”  - Lc.1,38

“Con la fede, l’uomo si abbandona tutto a Dio, liberamente”  C.C.C. Dei Verbum n° 5

E’ il nostro dire “Sì” a Dio che si rivela, si presenta a noi e ci parla.

Mentre nell’A.T il “Sì” dell’uomo si riferisce a diverse azioni divine: il Signore che salva, il Signore che chiama, il Signore che libera, il Signore che invita – nel N.T. la fede si specifica nella salvezza che Dio ci propone in Gesù.

E’ dunque un atto decisivo, fondamentale, mediante il quale ogni uomo accoglie, accetta la rivelazione del disegno salvifico in Cristo Gesù, morto e risorto, che ci dona lo Spirito Santo. Questa è la “Buona Notizia”, il Vangelo a cui rispondiamo dicendo: “Io Credo” ed è il simbolo che recitiamo nella Messa domenicale e nelle preghiere personali.

Noi sintetizziamo tutto questo col segno della croce, segno che caratterizza il credente cristiano. E allora la “Fede” è la Virtù Teologale per la quale noi crediamo in Dio, gli diciamo di “Sì”, ci fidiamo di Lui, “E a tutto ciò che Egli ci ha detto e rivelato e che la Santa Chiesa ci propone da credere, perché Egli è la stessa verità”   C.C.C n°1814

 

Quindi nella nostra vita, la “Fede” è tutto. Senza di essa rimarremmo immersi nel peccato, nell’incredulità, nella non conoscenza di Dio, nel non senso della vita stessa. Con la “Fede” invece, cominciamo ad esistere, nell’atto del nostro battesimo, i padrini alla domanda “Cosa chiedi alla chiesa di Dio?” rispondono “La Fede”.

Il cristiano professa la “Fede” ogni volta che nella Messa risponde “Amen”, cioè “Sì”, “E’ così”, “Credo che è così”. La “Fede” in noi, è tutto, è la sostanza che pervade tutte le cellule della nostra esistenza.

 

Perché credere?

 

Il C.C.C. afferma che noi crediamo in Dio “Perché Egli è la stessa verità”, Egli è Verità Infallibile e ci ha parlato dandoci dei segni che ci invitano a riconoscere la Sua rivelazione: tutta la storia della salvezza; tutta la vita di Gesù “Dottrina, miracoli, profezie, morte e risurrezione”; tutta la vita della Chiesa testimoniano che Dio ha parlato. Quindi, accogliendo l’invito a crederGli, noi compiamo un atto di “Fede” nella verità stessa di Dio, nella Sua veracità e quindi in Dio troviamo il fondamento della nostra “Fede”.

Credere, ci apre alla vita divina, ci fa entrare in comunione col Signore, al quale possiamo dire: “Tu sei mio”, ed Egli può dirci: “Io sono tuo”.

Con la “Fede” ci leghiamo in strettissima unità con Dio Padre, Figlio, e Spirito Santo.

 

Quali sono le difficoltà della Fede?

 

Dopo aver visto cos’è la “Fede” nella Bibbia, nella nostra vita, e perché bisogna credere, ora ci chiediamo come mai sorgono tante difficoltà nella “Fede”?

Ci sono difficoltà che provengono dall’intelligenza, dalla ragione. Obbiezioni contro la “Fede” che sorgono improvvisamente e ci distraggono, ci disturbano: “E’ davvero ragionevole credere? Come posso dire di “Sì” a realtà più grandi della mia capacità di comprensione?”

L’unica cosa da fare per combattere queste difficoltà è leggere la “Parola di Dio”, studiare, informarsi cercando di eliminarle una per una, con pazienza, rimettendoci di fronte alle grandi certezze che sono alla base della “Fede”

E’ chiaro che se nutriamo poco la nostra “Fede”, essa, rischia di morire di fame, illanguidisce fino a cedere di fronte alle obiezioni. Chi non partecipa mai alle catechesi, chi non approfondisce la Scrittura, sarà più facilmente esposto alle difficoltà della “Fede” di ordine intellettuale.

Anche il sentimento può giocarci. Per esempio, quando diciamo: non sento più niente, sono arido, il Signore non mi parla, non ascolta la mia preghiera, è diventato muto – il “Silenzio di Dio”, l’aridità o il deserto, possono creare grosse difficoltà.

 

Come vincere?

 

Prima di tutto, è bene ricordare un principio fondamentale: in queste difficoltà pratiche di ordine sentimentale, la “Fede” si purifica, non diminuisce. Quando entriamo nell’aridità, nell’oscurità, è allora che comprendiamo che “Dio è altro” da noi. Che non possiamo identificarlo con i nostri sentimenti. Con i nostri gusti. Egli è sempre al di là. Allora la “Fede” diventa più autentica, più pura e perseverando nel deserto arriveremo a scoprire il vero volto di Dio. Dobbiamo pregare insistentemente affermando con un forte atto di “Fede” la nostra fiducia in quel mistero di Dio che non è legato all’esperienza sensibile. Così la nostra “Fede” si irrobustisce, si solidifica.

Le difficoltà di “Fede” possono anche derivare da una volontà sbagliata. Se scelgo di operare contro i Comandamenti, vorrei che Dio non esistesse, quindi, sono pronto a prestare orecchio alle obiezioni sulla “Fede”. Parecchie obiezioni, derivano dal fatto che la nostra vita cristiana, non è conforme al Vangelo. Occorre dunque un cammino di conversione che ci porti ad agire e a pensare secondo la verità e l’esistenza di Dio.

Chiediamo al Signore di accrescere la nostra “Fede” facendo nostra la bellissima preghiera di Charles De Foucauld:

 

 

“Padre mio, io mi abbandono a Te,

fà di me ciò che ti piace.

Qualunque cosa Tu faccia di me, ti ringrazio.

Sono pronto a tutto, accetto tutto,

purché la Tua volontà si compia in me

e in tutte le tue creature.

Non desidero niente altro, mio Dio.

Affido l’anima mia nelle Tue mani:

te la dono, mio Dio,

con tutto l’amore del mio cuore, perché ti amo,

ed è un bisogno del mio amore il donarmi,

il pormi nelle Tue mani, senza riserve,

con infinita fiducia, poiché Tu sei mio Padre!”

 

 

La  Speranza

 

La “Speranza cristiana” è la virtù per la quale desideriamo il regno dei cieli e la vita eterna come nostra felicità, riponendo la nostra fiducia nelle promesse di Cristo e appoggiandoci non sulle nostre forze, ma sull’aiuto della grazia dello Spirito Santo.

Salvaguarda dallo scoraggiamento, sostiene in tutti i momenti di abbandono, dilata il cuore nell’attesa della beatitudine eterna.

La “Speranza cristiana” riprende e porta a pienezza la “Speranza” del popolo eletto, la quale trova la propria origine ed il proprio modello nella “Speranza di Abramo”, colmato in Isacco dalle promesse di Dio è purificato dalla prova del sacrificio: “Egli, ebbe fede sperando contro ogni speranza e così divenne Padre di molti popoli”  Rm. 4,18

Noi possiamo dunque sperare la gloria del cielo promessa da Dio a coloro che lo amano e fanno la Sua volontà. Nella “Speranza” la chiesa prega che: “Tutti gli uomini siano salvati”  1°Tm.2,4

 

Che cosa si può sperare dopo la morte?

 

Il tema della “Speranza” riguarda anzitutto il momento drammatico del non ritorno, che è la morte. Ecco a che cosa si riferisce la Virtù, la forza della “Speranza”. Al problema della morte nessuno può sfuggire. Anche se poi l’arco delle attese di futuro diventa molto ampio, raggruppa tutta l’esistenza umana, il destino e le speranze dei popoli, del mondo, nel senso di unità. I tantissimi interrogativi su ciò che sarà di me, di noi, dell’umanità, hanno a che fare con la “Speranza” perché sperare è vivere, è dare senso al presente,

è avere ragioni per andare avanti.

Il punto focale di questa riflessione, può essere contenuto in una domanda:

 

Noi, abbiamo Speranza?

Ho in me la Speranza cristiana, oppure si tratta solo di parole?

La Speranza cristiana, abita davvero in me?

 

Un esegeta contemporaneo, partendo da San Paolo, descrive gli effetti della mancanza di “Speranza” nel mondo, e dice: “Dove la vita umana non è protesa verso Dio, dove non è impegnata al Suo appello e invito, ci si sforza di superare la spossatezza, la vacuità e la tristezza che nascono da tale mancanza di “Speranza”. E aggiunge che i sintomi della non speranza sono: “la verbosità dei vuoti discorsi, l’esigenza costante nella discussione, l’insaziabile curiosità, l’intima ed esteriore irrequietezza” noi diremmo: le varie forme di nevrosi, la mancanza di calma, l’instabilità nella decisione, il ricercare continuo di nuove sensazioni.

 

Che cos’è la Speranza cristiana?

La “Speranza” è come un vulcano dentro di noi, come una sorgente segreta che zampilla nel cuore. E’ come una primavera che scoppia nell’intimo dell’anima: essa, ci coinvolge come un vortice divino nel quale veniamo inseriti per grazia di Dio. Per questo non è facilmente descrivibile.

La “Speranza cristiana”, potrebbe essere paragonata alle speranze del mondo, perché è un fenomeno universale che si trova ovunque c’è umanità. Essa è un fenomeno costituito di tre elementi:

 

  1. La tensione piena di attesa verso il futuro.
  2. La fiducia che tale futuro si realizzerà.
  3. La pazienza e la perseveranza nell’attenderlo.

 

La vita umana non è concepibile senza progetti, programmi, attese, senza pazienza e una perseveranza verso il domani. Però, è pure costellata di delusioni, e quindi è permeata dalla “Speranza” ma anche dalla disperazione.

Ora, la “Speranza cristiana”, è un qualcosa di tutto ciò, pur essendo diversa da tutto ciò.

E’ diversa da ogni forma che il mondo chiama speranza. Essa viene da Dio, dall’alto. E’ una “Virtù Teologale” la cui origine non è terrena, difatti, non si sviluppa dalla nostra vita, dai nostri calcoli, dalle nostre previsioni, ma ci è donata direttamente dal Signore. Quindi “Sperare” è vivere completamente, totalmente, abbandonati tra le braccia di Dio che genera in noi la Virtù, la nutre, l’accresce, la conforta. Essa è fondata soltanto sulla fedeltà totale di Dio per noi. Essendo Virtù divina, ci rende partecipi della vita di Dio, è un mistero inesplicabile, inimmaginabile, indicibile appunto.

 

San Paolo ai Romani scrive: “Ciò che si spera se visto, non è più speranza; infatti, ciò che uno già vede, come potrebbe ancora sperarlo?”  Rm.8.24

La “Speranza” è uno strumento conoscitivo di straordinario lungimiranza, acutezza, lucidità. Il contenuto della “Speranza cristiana”, è quello di cui Dio ci riempie e ci riempirà, se noi ci fidiamo totalmente di Lui. Ha un punto di riferimento preciso: guarda a Gesù Cristo e al suo ritorno – perché ciò che Dio ci prepara, nel Suo amore infinito, non è un incognita: è Gesù, il Signore della gloria.

 

Noi speriamo che potremo incontrare Gesù pienamente, in tutta la Sua divina potenza di “Crocifisso – Risorto” e ci farà entrare nella Sua gloria di Figlio accanto al Padre: sarà “il Regno di Dio, la celeste Gerusalemme, la vita in Dio”.

La nostra “Speranza” è che vivremo sempre con Lui, saremo sempre con Lui, e Lui sarà sempre con noi; saremo figli nel Figlio, nella gloria del Padre, nella pienezza del dono dello Spirito. Questo è il termine della “Speranza cristiana”.

 

A questo punto però, bisogna fare un chiarimento importante:

 

Il ritorno di Gesù che noi speriamo, è anche un giudizio.

La manifestazione di Cristo Gesù, nell’ora e nel giorno voluto dal Padre, vorrà significare per ogni uomo la decisione definitiva sulla sua vita. Sarà per ciascuno di noi, e per l’umanità intera, il momento critico, la crisi per eccellenza, il giudizio finale. Nella nostra vita terrena, nelle nostre società, spesso ci sono crisi, grandi o piccole, familiari, economiche, sociali: ma tutte quante anche quando sembrano quasi totali, sfiorano o toccano sempre soltanto una parte dell’esistenza umana lasciandone intatti altri aspetti.

 

L’unica, totale e irresistibile, l’unico giudizio irrevocabile, sarà proprio provocato dalla manifestazione del Signore.

San Paolo, avverte i Corinti di: “Non giudicare nulla prima del tempo finché venga il Signore, il quale metterà in luce ciò che è nascosto nelle tenebre e renderà manifesti i pensieri dei cuori”  1°Cor.4,5

 

In quel momento della crisi finale, tutto ciò che era stato nascosto nelle profondità delle coscienze, e tutto ciò che era stato rimosso di fronte agli altri e anche a noi stessi, sarà rivelato e consegnato al tribunale inappellabile della decisione divina. Verrà quindi, emanato un giudizio pieno e definitivo di ciascuno: giudizio imparziale, vero, sicuro.

 

Ma allora: se attendiamo questo giudizio di Dio, come possiamo guardare a esso con speranza?

 

La risposta è semplice:    perché ci aggrappiamo ancora una volta a Gesù nostra unica “Speranza”, il quale ci giudicherà come Salvatore di quanti hanno sperato in Lui: come Colui che ha dato la vita morendo per salvarci dai nostri peccati – come Colui che è misericordioso verso coloro che hanno creduto e sperato, che sono stati battezzati nella sua morte e con Lui risorti nel battesimo, che Gli sono stati uniti nel Banchetto dell’Eucaristia, che si sono nutriti della Sua Parola e riconciliati con Lui nel Sacramento del perdono, che si sono addormentati in Lui sostenuti dal Sacramento dell’unzione dei malati.

La “Speranza” è quindi la fiducia incrollabile che Dio non ci farà mancare in nessun momento gli aiuti necessari per andare incontro al giudizio finale con l’animo abbandonato in Colui che salva dal peccato e fà risorgere i morti.

Gesù, nostra “Speranza”, nostra salvezza, nostra certezza, ci sostiene nei cammini difficili della vita e ci permette di superare giorno dopo giorno tutte le crisi piccole  e grandi della quotidianità e della società.

Noi camminiamo guardando con gioia perfetta verso Colui che continuamente si offre per noi sull’Altare unendoci alla Sua misericordia e immergendoci nell’amore del Padre.

 

 

 

Atto di “Speranza”

 

 

Mio Dio, spero dalla Tua bontà,

per le Tue promesse e per i meriti di Gesù Cristo,

nostro Salvatore,

la vita eterna e le grazie necessarie

per meritarla con le buone opere,

che io debbo e voglio fare.

Signore, che io possa goderti in eterno!

 

 

 

La Carita’

 

Gesù fa della “Carità”, il “Comandamento nuovo” amando i suoi “Sino alla fine” Gv.13,1, Egli manifesta l’amore che riceve dal Padre. Amandosi gli uni gli altri, i discepoli imitano l’amore di Gesù che essi ricevono a loro volta. Cristo, è morto per amore verso di noi, quando gli eravamo ancora “nemici”  Rm.5,10. Il Signore ci chiede di amare come Lui, perfino i nostri nemici, di farci “prossimo” del più lontano, di amare i bambini e i poveri come Lui stesso.

 

Ora riflettiamo su questa “Virtù” che, come dice San Paolo “non avrà mai fine” che è “più grande di tutte le altre”. L’uomo, è creato per la “Carità”: l’amore, è creato per amare, e noi viviamo soltanto se amiamo.

La parola “Carità – Amore” in questi tempi è inflazionata. Viene usata a sproposito nelle forme più morbose di gelosia, di possesso dell’altro, che sono modi sbagliati di amare fino alle vere e proprie depravazioni.

La domanda che sorge spontanea allora è la seguente:

 

“Che rapporto c’è tra le varie e diverse esperienze dell’amore umano, positive o negative, e la Carità, l’amore cristiano? Che cos’è in realtà l’amore cristiano?

 

L’annuncio dell’amore di Dio in Gesù Cristo è il fondamento della concezione cristiana dell’amore. Tutto ciò che si dice sull’amore cristiano è l’annuncio dell’amore che è in Dio stesso ( la Trinità ) e che è in Gesù Cristo ( l’Incarnazione ).   

 

 “Come il Padre ha amato me” ( l’amore tra il Padre e il Figlio ) “Così io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena. Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati.”  Gv.15,9-12

 

In questa meditazione, contempleremo soprattutto l’amore nella Trinità, l’amore del Padre per il Figlio, amore che è la persona stessa dello Spirito Santo.

Poi, l’amore del Figlio per noi, a cui risponde l’amore nostro al Figlio ( Rimanete nel mio amore ); da qui l’amore con il quale ci amiamo gli uni gli altri. Tutto però parte dall’amore di Dio in Gesù Cristo.

 

A questo punto possiamo affermare che: non è possibile parlare di “Amore Cristiano” senza fare riferimento all’amore con cui Dio Padre ci ama in Gesù, nel dono dello Spirito.

 

Le tre forme concrete della Carità :

 

Per quanto ci riguarda, sono tre i significati della parola “Carità”  :   

  1. L’amore di Dio per noi –
  2. L’amore di noi per Dio –
  3. L’amore di ciascuno di noi per il prossimo –

 

 

1°  L’Amore di Dio per noi :

 

Oltre al testo di Giovanni 15, ricordiamo altri due riferimenti:

-         “Dio ha tanto amato il mondo da dare suo figlio unigenito” Gv.3,16

-         “In questo sta l’amore. Non siamo stati noi ad amare Dio, ma è Lui che ha amato noi” 1°Gv.4,9

 

2°  L’Amore nostro per Dio :

 

-         “A chi gli domandava qual è il primo di tutti i comandamenti, Gesù rispose: Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza”   Mc.12,30

 

3°  L’Amore di ciascuno di noi per il prossimo :

 

-         “Continua Gesù : e il secondo comandamento è questo < amerai il prossimo tuo come te stesso > Mc.12,31

-         Ma in Giovanni 15, aggiunge : “Come io vi ho amati”

-         Addirittura ci chiede di : “Amare i nostri nemici” Lc.6,27

 

Queste tre diverse forme della “Carità”, che molto spesso e per varie necessità, vengono considerate separatamente una dall’altra, in realtà sono strettamente collegate e tale unità, caratterizza l’Amore nel senso cristiano.

 

Non è possibile, non ci può essere amore verso il prossimo senza l’Amore preveniente di Dio in Gesù per noi. Quindi, se Dio ci ha amato per primo, il nostro amore come risposta. Inversamente, non possiamo amare Dio se non siamo capaci di amare il prossimo. A questo punto della meditazione possiamo dire: non c’è “Fede”, non c’è “Speranza”, se non c’è “Carità”; comunque la “Carità” non supplisce alla mancanza di “Fede” e di “Speranza”.

 

Quale rapporto esiste tra l’amore cristiano e l’esperienza ordinaria delle diverse forme dell’amore umano?

 

Quando si parla di amore umano, subito viene alla mente come modello da esaltare, l’amore della madre per il figlio. Un amore che non di rado raggiunge forme eroiche, un amore incondizionato: “Che tutto perdona, tutto copre, tutto spera, tutto crede, tutto sopporta” 1°Cor.13,7  ( per usare i termini con cui San Paolo parla della “Carità” )

Ci sono anche straordinari esempi di amore paterno.

Un'altra esperienza straordinaria dell’amore umano, è quella sponsale, coniugale.

Poi esiste l’amore tra fratelli di sangue, l’amore di amicizia, altre diverse forme di amore filantropico di cui grazie a Dio è piena la storia umana, anche al di fuori della religione, perché, si tratta di un qualcosa che è insito nel cuore dell’uomo.

 

In parte, si può dire che tutte le forme positive dell’amore umano assomigliano a quanto espresso con il termine “Carità”, nel senso di amore verso il prossimo, quindi, la “Carità” come dono di Dio, come Virtù.

 

 

L’Amore che nasce da Dio in Gesù Cristo, che nasce dalla contemplazione del crocifisso e viene messo nel nostro cuore dallo Spirito Santo, riempie di sé tutti i comportamenti positivi dell’uomo : Fede, Speranza, Prudenza, Giustizia, Temperanza, Fortezza, Onestà, Sollecitudine verso gli altri, Pazienza, Equilibrio degli affetti, Diligenza. La “Carità”, non solo ha a che fare con tutte le esperienze di amore umano, ma anche con ogni espressione positiva dell’essere dell’uomo.

La “Carità” si distingue dall’esperienze comuni dell’amore tra gli uomini, perché è “Grazia”, scaturisce dalla “Fede” e supera le connessioni umane, in particolare nel caso dell’amore per il nemico, del perdono gratuito. Per “amare i nemici”, per perdonare gratuitamente, occorre qualcosa di più grande che nasce solo dalla Croce di Cristo.

 

L’Amore divino corregge anche e smaschera tutte le deviazioni dell’amore umano che contrabbandano egoismo e ricerca chiusa di sé stessi.

Concretamente possiamo fare semplici atti di Amore di Dio, di Amore per Gesù : < O Gesù, voglio amarti sempre più >; < Padre, ti offro il mio cuore, il mio amore >; < Spirito Santo, vieni in me e accresci il mio amore >, in questo modo esercitiamo la “Carità soprannaturale divina”.

La “Carità” quindi nasce dalla “Fede”, dalla proclamazione dell’Amore di Dio per noi, la “Fede” a sua volta nasce dalla Parola di Dio che la coltiva e l’accresce.

E’ un mezzo meraviglioso e importantissimo leggere e meditare i libri della Scrittura, leggere e meditare i Vangeli, capire il grande Amore che Gesù ci ha mostrato nella Sua vita, passione e morte.

 

 

Signore, che il Tuo Santo Spirito riempia il mio cuore di “Carità” e di Amore :

 

 

Atto di Carità

 

 

Mio Dio, ti amo con tutto il cuore,

sopra ogni cosa,

perché sei bene infinito

e nostra eterna felicità;

per amor tuo amo il prossimo come me stesso,

e perdono le offese ricevute.

Signore, che io ti ami sempre più.

 

 

 

Ringraziamento a Dio Padre per il lavoro che ci ha suggerito di svolgere:

 

Traduzione – parola per parola dall’Aramaico

 

Padre nostro che sei ovunque ( nei cieli )

sia santificato il tuo nome.

Lascia che venga il tuo regno ( consiglio ),

lascia che si compia la tua volontà ( desiderio o richiesta )

così come in cielo ( nei cieli, universo ),

anche sulla terra.

Dacci il pane ( procura per noi )

per il nostro bisogno

di giorno in giorno e perdona a noi

le nostre offese,

così come noi abbiamo perdonato

coloro che ci hanno offesi.

E non lasciarci entrare in tentazione

ma liberaci dal male ( errori ).

Perché tuo è il regno, la potenza e la gloria

per tutti i secoli dei secoli.

Amen.

 

 

 

 

 

COMUNITA’

SANTO VOLTO DI GESU’

Tel. e fax 011-7395152

Via Refrancore, 86/6 - presso “Centro della

Divina Misericordia” - Torino

Venerdì ore 16 e sabato ore 15,30 incontro

di preghiera e di guarigione.

Quarta domenica di ogni mese (da settembre

a giugno) ore 9-12 preghiera di guarigione

comunitaria delle ferite emozionali; ore

14,30-18 culto a Gesù misericordioso,

intercessione ed eucaristia.

 

 

(pro - manoscritto ad uso interno della comunità)